Da Corriere della Sera del 29/05/2004

La voglia di stravincere e il timore della sconfitta

di Massimo Franco

Il congresso si sta rivelando meno rituale di quanto non appaia. Fra lazzi, invettive, recriminazioni, Silvio Berlusconi sta abbozzando giorno dopo giorno l’ultima fase della legislatura. Dire che porge la propria analisi agli alleati e aspetta la loro risposta sarebbe troppo. Più semplicemente, il presidente del Consiglio tende a imporla come imperativo del dopoelezioni Europee. Evoca uno scenario di guerra parlamentare con l’opposizione. Avverte che il governo dovrà chiedere la fiducia sulle leggi «tutte le volte che lo riterrà opportuno», archiviando qualsiasi orizzonte di dialogo. Ma le sue parole suonano anche come brusco richiamo alla disciplina per il resto del centrodestra. L’irritazione verso An e Udc, che il primo giorno era come repressa, controllata, ieri è stata offerta in regalo ai berlusconiani radunati ad Assago. Berlusconi ha rilanciato ruvidamente la strategia del 51 per cento: il suo obiettivo è la maggioranza assoluta nel Paese a Forza Italia. «Il mio torto, il nostro torto» si è lamentato «è quello di non avere avuto il 51 per cento dei consensi». Altrimenti, ha sostenuto, la riforma fiscale già sarebbe stata fatta. Le lentezze dipenderebbero dal fatto che «siamo una coalizione dove chi, come noi, ha il 29,8 per cento, conta come chi ha una cifra molto inferiore di voti».

Stavolta, però, Berlusconi non parlava al partito, ma direttamente agli elettori. E’ a chi lo ha fatto vincere nel 1994 e nel 2001 che sembra chiedere consensi ancora più larghi. A loro dice: chi mi vota pagherà meno tasse: e, se mi date il 51 per cento, potrò finalmente farvi felici. L’impressione è che il capo del governo sappia che quel traguardo oggi gli è precluso. Ma, forse, la traduzione nella realtà del suo messaggio è un risultato dignitoso alle Europee: una percentuale che cancelli la sensazione di una stella al tramonto.

Le reazioni della maggioranza tendono a dare per scontato un dopoelezioni che diventerà l’ennesimo braccio di ferro. L’Udc sta attenta a non rompere, ma il segretario Marco Follini ricorda a Berlusconi che «l’armonia della coalizione viene prima del 51 per cento dei voti a FI». E An affida al capogruppo Gianfranco Anedda parole al cloroformio, che cercano di dirottare sulla sola opposizione gli avvertimenti berlusconiani. Gli unici a dirsi pronti ad assecondare lo scenario additato da Palazzo Chigi continuano a essere i leghisti. «Con questa oppposizione non si può dialogare e meno male che Berlusconi se n’è accorto» taglia corto Roberto Calderoli.

Eppure, fa pensare l’insistenza con la quale il presidente del Consiglio ruba la scena agli altri personaggi di FI. E’ figlia del suo protagonismo debordante; ma anche del sospetto di non essere capito, di trovarsi in svantaggio davanti alle polemiche demolitorie della sinistra. «Visto che ci accusano di fare solo propaganda, per una volta diamogli ragione» ha arringato i suoi. Il motto, lo slogan del congresso, a suo avviso, dev’essere facile quanto da sogno: «Se vuoi pagare meno tasse vota FI».

E’ una strategia che ieri mattina ha trovato una sponda caustica in Giulio Tremonti. Il ministro dell’Economia ha attaccato generosamente il presidente della Commissione Ue, Romano Prodi, e la politica di Bruxelles, riscuotendo gli applausi rabbiosi dei berlusconiani e le reazioni furibonde del centrosinistra. Eppure, quell’idea di chiedere la fiducia «quando la maggioranza ha 87 voti di scarto alla Camera e 50 al Senato», ricorda il diessino Violante, significa che qualcosa non va.

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