Da Corriere della Sera del 21/05/2004

A TAVOLA / Serata di gala organizzata dai «Sons of Italy». Il presidente Usa elogia il coraggio di Quattrocchi ma sbaglia il nome. Il premier: le Torri gemelle attaccate dal comunismo

George e Silvio a cena: «Sei ok», «Ci siamo capiti subito»

di Ennio Caretto

WASHINGTON - «Ti ricordi, George, in Svezia? Ci trovammo fino dalla prima volta». Dal podio, con il premio "Uomo di coraggio" in mano, Berlusconi si rivolge a Bush seduto al fianco. «Anche oggi abbiamo lavorato bene insieme» dice. George annuisce ridendo, bisbiglia «Silvio, sei ok». Il premier, splendente, torna a indirizzarsi al pubblico. «È molto facile. Il presidente è un uomo per cui sì significa sì e no significa no» spiega. «È la prima moralità della politica: mantenere la parola data». E ancora: «Ha una forte spinta ideale, crede che la democrazia sia l’unico modo di evitare la guerra, che chi ha la democrazia debba fare di tutto per esportarla nel mondo». I mille invitati all’elegante gala dei "Sons of Italy" (Figli d’Italia), le signore in abito lungo e gli uomini in smoking, scoppiano in un’ovazione. È il culmine del "George and Silvio show", che il Washington post definirà «la Italian connection», «un comizio bilingue», il varo del «ticket elettorale Bush-Berlusconi», e via di seguito.

Al gala del Grand Hyatt hotel c'è il fior fiore della capitale, dal senatore repubblicano Rick Santorum alla «capo frusta» democratica alla Camera Nancy Pelosi, due esponenti di punta della comunità italo americana, dall'ex candidato alla Casa Bianca Joe Lieberman agli ambasciatori dei due Paesi, Vento e Sambler. I "Sons of Italy" hanno raccolto un milione di dollari da devolvere in beneficenza e dopo il pranzo - a cui Bush e Berlusconi non si fermano - celebrano il loro centenario. Ma lo show dei "due B" fa premio. Ed è chiaro che diverte Bush. Con «l’amico Silvio» il presidente pare ancora più a suo agio che con "il terzo B", il premier inglese Tony Blair. Gli fa da spalla, presentandosi per primo alla ribalta in un uragano di applausi.

«L’America e l’Italia, per cui abbiamo affetto e rispetto» afferma «si battono assieme come stretti alleati per la libertà. Siamo grati al premier per la sua leadership». E di nuovo: «Ne apprezzo i buoni, solidi consigli».

Il premier dimostra di sapere padroneggiare la platea. Parla in italiano perché, osserva, «gli organizzatori non ritengono sufficientemente forbito il mio inglese». Suscita un’altra ovazione ricordando la liberazione di Roma nella Seconda guerra mondiale, «con il sangue di tante giovani vite americane», e precisando che nella bandiera Usa vede «non soltanto un grande Paese, ma un messaggio universale di democrazia e libertà». Termina con una emotiva dedica del suo premio "Uomo di coraggio" ai soldati italiani «che fanno del loro meglio per tenere alta la nostra bandiera accanto a quella Usa». È uno show patriottico, oltre che da esperti candidati. Berlusconi improvvisa il discorso, inciampa alcune volte: proclama che «il comunismo» (anziché il terrorismo) attaccò le Torri gemelle di Manhattan; che la missione italiana in Iraq «è autorizzata dagli Stati Uniti» (si corregge subito: dalle Nazioni Unite); e invece di Stars and stripes (stelle e strisce) pronuncia "strip" (spogliarsi) e "stripes". Ma il pubblico lo osanna: «Bravo» gli urla con voce stentorea una signora.

Anche Bush, che a un certo punto lo abbraccia, fa un paio di gaffe. Evocando la morte di Fabrizio Quattrocchi lo chiama Quattroni, ma ha le lacrime agli occhi quando ne riassume la sfida ai terroristi: «Vi mostrerò come muore un italiano». Senza accorgersene, il presidente parla persino a nome dell’ospite e dell’Italia: «La mia volontà è ferma. La volontà del premier è ferma. L’America e l’Italia non denunceranno debolezze contro il terrorismo».

Berlusconi gli fa eco: «Lasciare l’Iraq significherebbe condannarlo al caos e alla guerra civile e soprattutto concedere la vittoria ai terroristi. Non possiamo assolutamente permetterlo». Commenterà ancora il Washington post : «Sono in sintonia. Il loro messaggio è: tenetevi forte». Ma per i mille dei gala è altrettanto importante l’amabilità dei due leader.

Quando il premier li invita in Italia - «abbiamo 3.500 musei, ma ne ho visti solo tre o quattro» - esplode in una risata. E la ripete all’addio al presidente che si congratula con una pacca sulle spalle: «Auguri George, e complimenti».

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