Da La Stampa del 18/05/2004
Originale su http://www.lastampa.it/_web/_INTERNET/copyfight/archivio/copyfight0405...
Alle 9,30 la protesta a Palazzo Madama contro il «Decreto Urbani»
Legge antipirateria al test decisivo
Oggi il voto del Senato dopo due mesi di subbuglio in Rete per il provvedimento considerato oppressivo di libertà e privacy
di Anna Masera, Stefano Porro

Per avere un'idea precisa della posta in gioco, basta ripercorrere sinteticamente l'accaduto: lo scorso marzo il Consiglio dei ministri, su proposta del ministero dei Beni Culturali, vara un decreto legge che intende salvaguardare la cinematografia italiana dalla piaga della pirateria. L'intento di Urbani è quello di reprimere lo scambio illegale di file protetti da diritto d'autore (soprattutto musica e filmati) che avviene ogni giorno attraverso i software di «file sharing» (condivisione di documenti).
Le sanzioni però vengono considerate troppo elevate dai cybernavigatori che, se scoperti dalla Polizia Postale, si vedrebbero obbligati a pagare alcune migliaia di euro per ogni singolo file scaricato. Scoppia così un vero e proprio pandemonio online, che costringe lo stesso Urbani a correggere lievemente il tiro, confidando negli aggiustamenti che il Parlamento apporterà in seguito agli articoli più spigolosi del decreto.
Puntualmente, accade l'esatto contrario. Nonostante la mobilitazione di esperti e associazioni del settore, la Camera licenzia una prima versione del testo che, se da un lato solleva i provider (e cioè i fornitori di Internet) dall'obbligo di monitorare le attività online dei propri utenti, dall'altro approva una modifica all'articolo 171-ter del decreto, modificando radicalmente le pene previste per la duplicazione di opere protette diverse dal software. Se compiuta per uso non personale e a fini di lucro, diceva la legge vigente, l'infrazione veniva sanzionata con la reclusione da sei mesi a tre anni.
In seguito alla modifica del testo, che sostituisce la dicitura «fini di lucro» con «per trarne profitto», chi si serve di programmi di file sharing per scaricare musica o per uso personale, evitando in questo modo di acquistare cd o dvd, trarrebbe a suo modo un profitto indiretto che potrebbe essere sanzionato con una pena detentiva da sei mesi a tre anni. In altre parole, grazie alle modifiche apportate dalla Camera al già contestato decreto, chiunque metterà in condivisione dei file protetti da copyright attraverso le reti «peer to peer» (da pari a pari) non incorrerà più in una salata sanzione, ma potrebbe finire diritto in galera alla stregua di un criminale che trae illecito profitto dalla pirateria organizzata.
«E' un provvedimento inaccettabile - dichiara il senatore verde Fiorello Cortiana, organizzazione della protesta di stamattina fuori da Palazzo Madama e principale avversatore di Urbani in Senato - per questo abbiamo presentato 750 emendamenti e continueremo a fare ostruzionismo fino al momento in cui non avremo la certezza che un nuovo disegno legislativo renda inefficaci le storture volute dal ministero dei Beni Culturali». Ancora più combattivo è l'europarlamentare radicale Marco Cappato, che oggi violerà il contestato decreto scaricando pubblicamente un filmato da Internet e rischiando una multa da 5 a 30 milioni di lire (o la reclusione fino a 3 anni).
Si tratta di sanzioni di gran lunga più severe di quanto previsto dalla nuova direttiva sul sistema di brevettazione europeo in discussione a Bruxelles, dove il Consiglio Competitività della Ue potrebbe approvare nuove regole per la gestione della proprietà intellettuale basate sul modello statunitense, bloccando di fatto il mercato open source in favore delle grandi major del software.
Oggi in aula si preannuncia battaglia, con ripercussioni che potrebbero investire il presidente del Consiglio, quando a metà settimana si recherà in Parlamento per riferire sulla vicenda irachena. Infatti nel caso in cui le votazioni si prolungassero, Berlusconi potrebbe essere interpellato ufficialmente anche su questa complicata vicenda relativa al rapporto tra diritto d'autore e nuove tecnologie: intorno alla quale non gravitano solo interessi per milioni di euro, ma il principio stesso di democrazia della Rete. Il Parlamento ha solo quattro giorni di tempo per trasformare il decreto in legge, pena la sua nullità.
Proprio per questo la maggioranza si presenterà in aula compatta e determinata ad approvare il decreto nella sua forma attuale, senza permettere ulteriori modifiche.
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