Da Corriere della Sera del 20/05/2004

L’America: governo a Bagdad tra due settimane

Dopo il 30 giugno comando unificato. L’ipotesi di una conferenza internazionale e della richiesta di rinforzi

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Nomi e volti del nuovo governo iracheno già «tra un paio di settimane». La Casa Bianca accelera i tempi della definizione dei poteri a Bagdad, in vista della scadenza del 30 giugno, e il presidente George Bush annuncia che i nomi dei principali membri del nuovo esecutivo saranno decisi forse già questo mese: tra una quindicina di giorni si conosceranno presidente, vicepresidente, premier e probabilmente qualcuno dei ministri-chiave. Entro luglio entrerà in funzione un comitato elettorale patrocinato dall’Onu, che prepari il voto di gennaio 2005. E prima delle elezioni non è esclusa l’ipotesi una conferenza internazionale. Tutte questioni affrontate ieri in serata da Bush anche con l’ospite italiano Silvio Berlusconi.

Da Washington il presidente Usa nella giornata di ieri aveva chiamato al telefono il leader di turno del consiglio governativo a Bagdad, Ghazi Mashal Ajil al Yawer, ribadendo «il fermo impegno al passaggio dei poteri all'Iraq il 30 giugno e al completamento della missione di pace». E sottolineando che il segretario di Stato Colin Powell negozia alle Nazioni Unite «una risoluzione che legittimi il governo e la necessità di provvedere alla sicurezza al fine di tenere poi libere elezioni».

Il presidente Usa ha riunito il suo gabinetto per aggiornarlo sui colloqui dell'inviato dell'Onu Lakhdar Brahimi a Bagdad. E' ottimista: «Gli iracheni reggono già undici ministeri». Lo è altresì il Dipartimento di Stato, che conferma che dopo il 30 giugno «ci sarà un comando unificato, affinché le forze di varie nazioni, incluse quelle irachene, operino in modo coerente e coordinato». Un portavoce evidenzia che questa misura «affronta le preoccupazioni italiane».

Alcuni punti più spinosi restano per Bush da chiarire: la sorte del ministro della Difesa Donald Rumsfeld, travolto dallo scandalo delle torture; la possibilità di chiedere altre truppe all'Italia. A questo tema è sembrato accennare l'ambasciatore Usa all'Onu James Cunningham, che senza nominare gli italiani, ha fatto appello alla «comunità internazionale per accrescere le forze di sicurezza». Alla Casa Bianca nessuno vuole discutere della voce diffusasi in serata che l'Italia possa spostare mille soldati dall'Afghanistan all'Iraq. Cunningham propone un nuovo contingente «a protezione dell'Onu, che non potrebbe svolgere un ruolo vitale in Iraq senza difese adeguate». Il contingente dovrebbe includere truppe musulmane. Quanto all’ipotesi di una conferenza internazionale sull’Iraq, Berlusconi ha detto di averne già parlato con Putin e Blair nei giorni scorsi, e di avere «rappresentato a Bush l’opportunità» di tenerla in tempi rapidi, durante il colloquio di ieri sera.

Sulle prospettive che si apriranno dopo il 30 giugno, il generale John Abizaid ammonisce il Congresso: «Potrei avere bisogno di più forze, prevedo una situazione più violenta dopo il passaggio dei poteri e fino alle elezioni a gennaio». E' lo stesso monito del capo delle operazioni, il generale Ricardo Sanchez: «Prima sapremo chi saranno i governanti iracheni e meglio sarà, se vogliamo stabilizzare il Paese». Una prova di realismo, l'ammissione che il peggio a Bagdad non è ancora passato.

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