Da Corriere della Sera del 16/05/2004
Dalla Giordania
Powell esorta Abu Ala: il piano è un’opportunità
di Antonio Ferrari
SHOUNEH (Giordania) - «Il futuro del Medio Oriente dipende dalla Road Map. Le cose finora non sono andate come speravamo, ma adesso bisogna ricominciare. Il piano proposto da Sharon è un'opportunità che dovrebbe essere colta», in quanto «per la prima volta prevede la rimozione di insediamenti e non la costruzione di nuovi». E poi «ripeto: la posizione degli Usa non è cambiate. Siamo per la creazione di due Stati, sulla base delle risoluzioni dell'Onu 242 e 338 (che prevedono il ritiro di Israele dai territori occupati, ndr ), e toccherà ovviamente alle parti decidere il proprio futuro».
All'esame di una qualificata platea araba, rappresentativa di tutti i Paesi della regione, turbati dallo scandalo delle torture in Iraq e dal sospetto (per molti dei presenti, la certezza) che gli Usa sostengano soltanto Israele, il segretario di Stato americano Colin Powell ha aperto, con un accorato intervento, i lavori del World Economic Forum, che per il secondo anno consecutivo fa tappa nella Valle del Giordano, quasi diventata una dependance del vertice di Davos. All'incontro, fortemente voluto dal padrone di casa, re Abdallah, leader del fronte arabo riformista, sono presenti 850 delegati di 51 Paesi.
Powell ha persino anticipato il suo arrivo (annunciato all'ultimo momento, per ragioni di sicurezza), chiedendo di incontrare, per la prima volta, il premier palestinese Ahmed Qurei (Abu Ala). Durante l'incontro, avvenuto all'aeroporto di Amman poco prima del vertice, il segretario di Stato ha ribadito la volontà degli Usa di sostenere la creazione dello Stato palestinese. Segnale che Abu Ala ha giudicato «positivo», e che ha contribuito ad allentare la tensione fra i delegati arabi.
Powell ha voluto insomma correggere l'impressione che il presidente Bush, incontrando Sharon, gli abbia permesso l'annessione di alcuni insediamenti ebraici in Cisgiordania. L'accordo, ha detto, «dipenderà soltanto dalla volontà di israeliani e palestinesi». Il segretario della Lega araba Amr Moussa, seduto in prima fila, teneva il capo fra le mani, attento e pensieroso. L'argomento, infatti, sarà uno dei temi centrali del vertice arabo che si svolgerà a Tunisi il 22 e 23 maggio.
Però l'esame mediorientale, cui si è sottoposto il segretario di Stato, comprendeva ben altro. Una retromarcia rispetto alle dichiarazioni dell'altro ieri, quando aveva detto che se il popolo iracheno non volesse la presenza degli americani, questi se ne potrebbero andare. Ma soprattutto Powell ha ribadito lo choc e la vergogna per le immagini delle torture. Tenendo le mani giunte, per sottolineare con il linguaggio del corpo la propria convinzioni, ha parlato soprattutto al cuore di chi lo ascoltava. «Consentitemi di smettere l'abito del diplomatico e di tornare a indossare la divisa da militare con la quale, per 35 anni, ho servito il mio Paese. Quelle immagini hanno choccato me come tutti gli americani. Non ci sono scuse e vedrete che giustizia sarà fatta. Gli Stati Uniti in cui vi chiediamo di credere sono ancora lì, con tutta la loro forza ideale». Forse non è bastato per convincere. Sicuramente ha invitato a pensare.
All'esame di una qualificata platea araba, rappresentativa di tutti i Paesi della regione, turbati dallo scandalo delle torture in Iraq e dal sospetto (per molti dei presenti, la certezza) che gli Usa sostengano soltanto Israele, il segretario di Stato americano Colin Powell ha aperto, con un accorato intervento, i lavori del World Economic Forum, che per il secondo anno consecutivo fa tappa nella Valle del Giordano, quasi diventata una dependance del vertice di Davos. All'incontro, fortemente voluto dal padrone di casa, re Abdallah, leader del fronte arabo riformista, sono presenti 850 delegati di 51 Paesi.
Powell ha persino anticipato il suo arrivo (annunciato all'ultimo momento, per ragioni di sicurezza), chiedendo di incontrare, per la prima volta, il premier palestinese Ahmed Qurei (Abu Ala). Durante l'incontro, avvenuto all'aeroporto di Amman poco prima del vertice, il segretario di Stato ha ribadito la volontà degli Usa di sostenere la creazione dello Stato palestinese. Segnale che Abu Ala ha giudicato «positivo», e che ha contribuito ad allentare la tensione fra i delegati arabi.
Powell ha voluto insomma correggere l'impressione che il presidente Bush, incontrando Sharon, gli abbia permesso l'annessione di alcuni insediamenti ebraici in Cisgiordania. L'accordo, ha detto, «dipenderà soltanto dalla volontà di israeliani e palestinesi». Il segretario della Lega araba Amr Moussa, seduto in prima fila, teneva il capo fra le mani, attento e pensieroso. L'argomento, infatti, sarà uno dei temi centrali del vertice arabo che si svolgerà a Tunisi il 22 e 23 maggio.
Però l'esame mediorientale, cui si è sottoposto il segretario di Stato, comprendeva ben altro. Una retromarcia rispetto alle dichiarazioni dell'altro ieri, quando aveva detto che se il popolo iracheno non volesse la presenza degli americani, questi se ne potrebbero andare. Ma soprattutto Powell ha ribadito lo choc e la vergogna per le immagini delle torture. Tenendo le mani giunte, per sottolineare con il linguaggio del corpo la propria convinzioni, ha parlato soprattutto al cuore di chi lo ascoltava. «Consentitemi di smettere l'abito del diplomatico e di tornare a indossare la divisa da militare con la quale, per 35 anni, ho servito il mio Paese. Quelle immagini hanno choccato me come tutti gli americani. Non ci sono scuse e vedrete che giustizia sarà fatta. Gli Stati Uniti in cui vi chiediamo di credere sono ancora lì, con tutta la loro forza ideale». Forse non è bastato per convincere. Sicuramente ha invitato a pensare.
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