Da La Repubblica del 13/05/2004

Il suicidio mediatico della maggioranza

di Curzio Maltese

È bastata l´ovvia richiesta dell´opposizione di rispondere in Parlamento della vicenda, come già fatto in tutti gli altri paesi dell´alleanza, per scatenare il panico nelle fila del governo.

Berlusconi si è dileguato, come Bush e Blair non avrebbero mai fatto, facendo infuriare l´alleato Casini. Al povero e inadeguato ministro Martino, mandato avanti dalla fuga del padrone, è toccato balbettare la versione ufficiale. Una versione che, credibile o meno, ha il difetto catastrofico d´essere ancora più umiliante di una menzogna. «L´Italia non sapeva nulla». Alla faccia della "diplomazia del tu", degli strombazzati incontri di vertice con Bush e Blair, nessuno ha avvisato il premier giramondo dell´arrivo della tempesta politica dal´Iraq. Hanno informato tutti gli altri, compresa l´Australia, che sapeva da tre mesi delle torture. Ma non il «primo alleato degli angloamericani», non il «terzo esercito» schierato sul campo.

Un governo degno di questo nome avrebbe protestato contro Washington o Londra. Il governicchio ieri ha pensato di cavarsela protestando contro la Cuba di Castro e il direttore del Tg3 Antonio Di Bella. In omaggio alle due ossessioni del capo, l´anticomunismo come alibi criminale e la censura tv.

Alcuni strampalati ideologi della maggioranza hanno spiegato, grosso modo, che siccome all´Avana fucilano i dissidenti, allora tutto è permesso. Altri, più pragmatici, hanno profittato di una crisi mondiale per rivendicare la poltrona del direttore del Tg3, colpevole d´aver trasmesso l´intervista alla vedova del maresciallo Massimiliano Bruno. Una mossa geniale, forse una lezione d´italica astuzia al potente alleato americano. Perché il presidente Bush, invece di giustificarsi davanti all´opinione pubblica, non prova a chiedere semplicemente il licenziamento del direttore del New York Times e la censura sulle foto da Abu Ghraib?

Il "suicidio mediatico" del governo è stato così perfetto da ottenere anche l´effetto contrario, la rinascita del centrosinistra. Per la prima volta in tre anni tutte le opposizioni, dal listone a Rifondazione, si sono trovate d´accordo nel chiedere l´immediato ritiro delle truppe italiane dall´Iraq.

Oggi la lista Prodi rende ufficiale la scelta che spazza anche gli ultimi dubbi del suo leader. Non è la vittoria del "pacifismo radicale" e nemmeno dei Ds, che erano già approdati alla linea Zapatero.

Si tratta piuttosto della conseguenza italiana di quelle immagini che hanno sconvolto il mondo e forse cambiato il corso della storia. Non sono soltanto immagini di infami torture, come purtroppo infinite altre, da sempre, in ogni guerra. Ma anche prove di un razzismo inconfessabile eppure autorizzato dall´alto, dall´ideologia che ha accompagnato questa guerra. Prove lampanti non tanto dell´odio per il "nemico" ma del dileggio feroce verso un´altra religione, altri costumi, valori e stili di vita. Sono il riemergere dalla fogna della storia di un pezzo di America da Ku Klux Klan, arruolata e promossa in prima linea, con i prigionieri denudati, incappucciati e messi al guinzaglio. Alla fine, non sono le violenze ma il ghigno dei soldati e delle soldatesse ad aver rivelato il lato oscuro di un´ideologia che non può portare più democrazia né in Oriente né in Occidente.

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