Da Corriere della Sera del 28/04/2004

Lo Scenario

Il regime laico del giovane Bashar sconta l’impegno contro il terrore

di Antonio Ferrari

Nella tranquilla Damasco, che era stata accusata di sponsorizzare il terrorismo e di contribuire alla destabilizzazione dell'Iraq, ieri sera è scoppiato l'inferno. Serie di esplosioni, attacchi - pare simultanei - contro le ambasciate di Gran Bretagna, Canada, Arabia Saudita e Iran. In fiamme l’ex quartier generale dell'Onu. Le strade di Mazzeh, quartiere occidentale della città, dove si trovano numerose sedi diplomatiche, è stato teatro di una intensa sparatoria fra le forze di sicurezza siriane e i terroristi, alcuni dei quali sarebbero stati uccisi. La tv di Stato sostiene che la situazione è ora sotto controllo, ma le informazioni sono scarse, anche perché sono saltate le linee telefoniche in alcuni quartieri della capitale. Un imponente schieramento di forze speciali circonda e protegge l'ambasciata degli Stati Uniti, che si trova accanto a quella italiana.

Quanto basta per dire che l'attacco di ieri è la più grave e coordinata operazione terroristica mai accaduta in Siria da oltre vent'anni, e dimostra come anche il Paese laico di Bashar el Assad sia entrato nel mirino degli estremisti islamici: come lo era stato negli anni '80, quando l'allora presidente Hafez el Assad, padre di Bashar, inviò i corpi speciali nella città di Hama, dove la rivolta dei fondamentalisti sunniti fu sedata nel sangue. Quasi 20 mila morti.

L'identità degli attentatori non è nota ma non è difficile immaginare che la ferocia degli estremisti abbia come obiettivo quello di indebolire il regime, nel quale è in atto uno scontro sotterraneo tra la componente riformista, che si riconosce nel giovane presidente, e i rappresentanti della vecchia nomenklatura conservatrice. Tutti però sostengono la linea laica del partito Baath, anche se, negli ultimi tempi, e come conseguenza della guerra all'Iraq, il governo aveva deciso di allentare la morsa nei confronti di alcuni gruppi fondamentalisti sunniti.

La Siria, nonostante le accuse americane, che però recentemente si sono attenuate, partecipa attivamente (più di quanto venga rivelato) alla lotta contro il terrorismo internazionale. Mesi fa, lo stesso capo della Cia aveva espresso apprezzamento per il prezioso contributo fornito da Damasco. Che da una parte combatte contro il fanatismo islamico, ma dall'altra sostiene gli estremisti palestinesi, come Hamas, ritenuto «un gruppo resistente contro l'occupazione israeliana dei territori palestinesi», e la formazione libanese dell'Hezbollah, nella quale convivono un partito politico (presente in Parlamento) e una milizia.

Nel 2001 Damasco, grazie a informazioni fornite dall'Occidente al Vaticano, avrebbe neutralizzato un commando che intendeva colpire il Papa, durante la sua visita in Siria. Ma è negli ultimi mesi che il Paese di Bashar ha intensificato la sua campagna contro gli estremisti islamici. Alcune importanti informazioni (compresa la consegna di alcuni terroristi) passate alla Turchia avrebbero consentito di individuare gli autori degli attentati-suicidi contro le sinagoghe e contro il consolato e una banca britannica di Istanbul. Non a caso, all'inizio di gennaio, il presidente siriano è stato accolto con tutti gli onori ad Ankara, dove i due Paesi si sono ufficialmente riconciliati dopo essere stati più volte (soprattutto durante il caso del leader del Pkk, il guerrigliero curdo Abdullah Ocalan) vicini alla guerra.

Probabilmente provenivano da Damasco alcune delle informazioni utilizzate dall'intelligence giordana per smantellare la rete terroristica, legata a Osama Bin Laden, che intendeva compiere due micidiali attentati, con armi chimiche, ad Amman.

Avrebbero potuto provocare decine di migliaia di morti. Bashar e il re giordano Abdallah sono molto amici, e la loro collaborazione è un segnale che i terroristi hanno ritenuto estremamente pericoloso. Per questa ragione, forse, hanno deciso di lanciare un duro segnale alla Siria.

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