Da La Repubblica del 27/04/2004
Originale su http://www.repubblica.it/2004/d/sezioni/politica/iraqita3/message/mess...
Il messaggio irricevibile
di Ezio Mauro
UN MESSAGGIO di morte, e un ricatto all'Italia. Così i tre ostaggi italiani dopo giorni di silenzio sono ricomparsi sul video di una televisione araba. Sono vivi, prigionieri inermi filmati dai loro sequestratori per dire con più forza al nostro Paese che li uccideranno "senza esitazione" se non ubbidiremo all'ultimo diktat: sostenere la loro causa, sconfessare la politica "serva" di Berlusconi con una manifestazione per le strade di Roma, per costringere il governo a ritirare le truppe dall'Iraq.
Quegli uomini prigionieri smarriti, definiti "spie" e "criminali di guerra", obbligati dalle armi a dire che stanno bene, ricordano l'immagine di Aldo Moro dopo il sequestro delle Brigate rosse, negli anni peggiori della nostra vita. Anni che stanno tornando, e ancora una volta nessuno può sentirsi escluso dalla sfida che ci chiama in causa, tutti.
Oggi il messaggio si rivolge ai pacifisti. A questa Italia di opposizione le "Falangi verdi" assegnano una precisa responsabilità per la sorte dei tre prigionieri, dopo l'assassinio di Quattrocchi. È un invito a mobilitarsi in forme, modi, luoghi e tempi definiti dai terroristi, per chiedere il ritiro dei soldati italiani e per sostenere la "causa giusta" delle Falangi contro le "forze del male", in nome delle "leggi celesti" e del "diritto internazionale".
È un documento primitivo e sofisticato insieme, che con la minaccia della morte pretende di incidere su un soggetto politico cruciale in ogni Paese occidentale, l'opinione pubblica democratica. A questo scopo, le "Falangi" strumentalizzano il peso del pacifismo italiano, tentando di privarlo di ogni autonomia, per ridurlo a forza di sostegno alla guerriglia irachena.
Il messaggio è dunque irricevibile due volte. La prima, perché pretende di determinare con la violenza la libera politica di un Paese democratico, il cui governo ha diritto di fare le sue scelte, rispondendo soltanto alle leggi, al Parlamento e agli elettori. La seconda, perché pensa di poter corrompere politicamente il patrimonio generoso e onesto di milioni di cittadini che si sono mobilitati contro la guerra.
Ancora una volta, come sempre, il terrorismo punta a togliere autonomia alla politica, sia di governo che d'opposizione, riducendo gli spazi con la sua minaccia di morte. Per questa ragione, com'è comune la speranza che si possano usare tutte le strade lecite per liberare i tre ostaggi minacciati, la ripulsa del ricatto dev'essere comune.
Questa è l'unica via per preservare intatto il ruolo che in Occidente spetta alla politica e per tenere aperto lo spazio di un confronto democratico libero e autonomo. Nel quale noi continueremo a chiedere al governo di abbandonare i proclami imprudenti per avere finalmente l'ambizione di una vera politica estera: prendendo un'iniziativa nei confronti di Europa e America, per costruire una piattaforma comune di responsabilità capace di convincere Bush a cambiare radicalmente strada nell'inferno dell'Iraq. Finché siamo ancora in tempo.
Quegli uomini prigionieri smarriti, definiti "spie" e "criminali di guerra", obbligati dalle armi a dire che stanno bene, ricordano l'immagine di Aldo Moro dopo il sequestro delle Brigate rosse, negli anni peggiori della nostra vita. Anni che stanno tornando, e ancora una volta nessuno può sentirsi escluso dalla sfida che ci chiama in causa, tutti.
Oggi il messaggio si rivolge ai pacifisti. A questa Italia di opposizione le "Falangi verdi" assegnano una precisa responsabilità per la sorte dei tre prigionieri, dopo l'assassinio di Quattrocchi. È un invito a mobilitarsi in forme, modi, luoghi e tempi definiti dai terroristi, per chiedere il ritiro dei soldati italiani e per sostenere la "causa giusta" delle Falangi contro le "forze del male", in nome delle "leggi celesti" e del "diritto internazionale".
È un documento primitivo e sofisticato insieme, che con la minaccia della morte pretende di incidere su un soggetto politico cruciale in ogni Paese occidentale, l'opinione pubblica democratica. A questo scopo, le "Falangi" strumentalizzano il peso del pacifismo italiano, tentando di privarlo di ogni autonomia, per ridurlo a forza di sostegno alla guerriglia irachena.
Il messaggio è dunque irricevibile due volte. La prima, perché pretende di determinare con la violenza la libera politica di un Paese democratico, il cui governo ha diritto di fare le sue scelte, rispondendo soltanto alle leggi, al Parlamento e agli elettori. La seconda, perché pensa di poter corrompere politicamente il patrimonio generoso e onesto di milioni di cittadini che si sono mobilitati contro la guerra.
Ancora una volta, come sempre, il terrorismo punta a togliere autonomia alla politica, sia di governo che d'opposizione, riducendo gli spazi con la sua minaccia di morte. Per questa ragione, com'è comune la speranza che si possano usare tutte le strade lecite per liberare i tre ostaggi minacciati, la ripulsa del ricatto dev'essere comune.
Questa è l'unica via per preservare intatto il ruolo che in Occidente spetta alla politica e per tenere aperto lo spazio di un confronto democratico libero e autonomo. Nel quale noi continueremo a chiedere al governo di abbandonare i proclami imprudenti per avere finalmente l'ambizione di una vera politica estera: prendendo un'iniziativa nei confronti di Europa e America, per costruire una piattaforma comune di responsabilità capace di convincere Bush a cambiare radicalmente strada nell'inferno dell'Iraq. Finché siamo ancora in tempo.
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