Da Corriere della Sera del 24/04/2004

La Casa Bianca: «Fino all’1 gennaio 2005 in vigore le norme stabilite da Bremer»

«Il governo iracheno avrà poteri limitati»

«Intanto prepariamo delle proposte per l’arrivo dell’Onu»

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Il passaggio dei poteri agli iracheni il 30 giugno prossimo sarà limitato. Il governo e l'Assemblea consultiva - se quest'ultima verrà formata - non potranno emettere leggi né emanare decreti, né avranno il controllo delle loro forze di sicurezza, che dipenderanno invece dal comando militare americano. Durante l'intera transizione, ossia fino alle elezioni del 31 gennaio 2005, in Iraq rimarranno in vigore le norme stabilite dal governatore Usa Paul Bremer e dalla risoluzione 1551 dell'Onu o da una nuova. Anche le elezioni saranno sottratte alla competenza del governo e dell'Assemblea, verranno organizzate da una Commissione indipendente in collaborazione con l'Onu. Lo ha dichiarato al Congresso il sottosegretario di Stato Marc Grossman: «Non pensiamo che il periodo dal primo luglio prossimo all'inizio del 2005 sia il migliore per cambiare radicalmente le cose» ha detto Grossman. Il sottosegretario alla Difesa Paul Wolfowitz è stato un po' più diplomatico: «Inizialmente la sovranità irachena sarà limitata, ma potrà aumentare con lo scorrere del tempo».

L'annuncio dell'amministrazione Bush ha sorpreso l'Onu: molti membri pensavano a una sostanziale e non solo formale trasmissione dei poteri a Bagdad. I democratici al Congresso l’hanno ammonita che la sua strategia potrebbe suscitare da un lato l'opposizione di Paesi come la Russia e la Francia, rendendo impossibile una nuova risoluzione dell'Onu e il varo di una forza multinazionale; e alienare dall'altro l'ayatollah Alì Sistani, la massima autorità religiosa dell'Iraq, che vuole che la famiglia, i figli, il matrimonio e il divorzio vengano governati dalle leggi islamiche. Il senatore John Corzine ha chiesto a Grossman come l'amministrazione creda di superare questi ostacoli: «Prepariamo delle proposte per l'Onu - ha risposto Grosman - e avremo a Bagdad l'ambasciata più grande del mondo». Il sottosegretario di Stato ha respinto l'accusa che il piano americano dividerà la coalizione e accrescerà la resistenza in Iraq aggravando l'attuale crisi: sebbene limitato il passaggio dei poteri agli iracheni sarà «tangibile». Grossman e Wolfowitz hanno citato due esempi: il nuovo governo potrà riallacciare rapporti diplomatici con gli altri Paesi e gestire il petrolio in proprio, anche se l'America manterrà il controllo dei suoi fondi alla ricostruzione. Grossman ha aggiunto che una Commissione con a capo Adnan Pachachi, l'ottuagenario ex ministro degli Esteri pre-Saddam, «lavora con noi e l'Onu alla formazione del nuovo governo e l'approvazione di altre leggi sulla transizione». Ha anche confermato che lo schema è quello dell'inviato dell'Onu Lakhdar Brahimi: un presidente sciita, due vice presidenti, uno sunnita, uno curdo, un premier con il suo gabinetto; più una Conferenza a luglio per la nomina di un'Assemblea consultiva. Ma quando Corzine ha chiesto se alle elezioni del 31 gennaio del 2005 potranno presentarsi candidati antiamericani, Grossman non si è sbilanciato: «Ci saranno dei regolamenti e noi sottolineeremo con vigore il nostro punto di vista».

Per l'Onu e alcuni membri della Coalizione, l'inattesa puntualizzazione americana è foriera di seri problemi. L'Onu non avrà il ruolo politico cruciale che si aspettava a Bagdad. E qualche alleato si ritroverà senza la legittimazione internazionale da lui richiesta per la permanenza in Iraq. E' possibile però che l'amministrazione riveda il piano. Ma dovrà farlo entro maggio, se vorrà neutralizzare l'effetto Zapatero, la diserzione della Spagna.

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