Da La Repubblica del 16/04/2004

Le due facce di Al Qaeda

di Khaled Fouad Allam

IL DISCORSO di Bin Laden, sette minuti e dieci secondi, trasmesso da due emittenti arabe, merita un´analisi particolare: non tanto perché l´asse principale del discorso consiste in un´offerta di tregua all´Europa - la cui logica, a monte, è però il tentativo di dividere l´attuale coalizione - ma soprattutto perché esso rivela, per la prima volta, la tipologia esatta di questo nuovo terrorismo.

In effetti, la strategia sottesa e il lessico politico utilizzato lo differenziano nettamente dai discorsi precedenti, impregnati di una retorica di tipo mistico-politico, che si riallaccia a un pensiero essenzialmente trans-storico, avendo sempre per cardine un mito fondatore: l´Islam delle origini, al quale gli avvenimenti posteriori sono sempre riconducibili attraverso il discorso coranico.

Ora Bin Laden abbandona il Corano con un discorso strettamente politico-strategico, che sembra prendere spunto dal Principe di Machiavelli o da Schumpeter. Egli sembra conoscere perfettamente i punti di forza e i punti deboli delle opinioni pubbliche occidentali, e le fratture fra governi e opinioni pubbliche. In un passaggio dice: «Noi e voi siamo oggetto di ingiustizie da parte dei vostri politici. A dispetto della vostra opposizione, essi mandano i vostri figli ad uccidere ed essere uccisi».

E prosegue: «È nell´interesse delle due parti - nostro e vostro - di far perdere l´occasione a quelli che spargono il sangue dei loro popoli per realizzare interessi personali limitati e la loro dipendenza dalla Casa Bianca».

Ascoltando questo discorso, e ricordando l´immagine di un personaggio vestito in modo tradizionale che fino a poco tempo fa scandiva discorsi aulici, emerge la natura ambigua di un terrorismo che affonda le sue radici in una doppia genealogia: da un lato si radica in un´identità islamica acculturata, frutto dello sradicamento di un´intera generazione di musulmani; dall´altro si radica in un linguaggio politico di tipo antimperialista, impregnato di terzomondismo. Questa doppia natura è inevitabile: perché Bin Laden, e molti di coloro che lo seguono, sono il prodotto di un divorzio dal mondo musulmano, quel mondo che essi pretendono di rappresentare. Molti della sua generazione hanno abbandonato il loro paese d´origine per vivere o per studiare altrove, a volte per combattere altrove (Afghanistan, Bosnia, periferie del mondo musulmano). Quasi tutti hanno rotto con le proprie famiglie di origine; nella loro traiettoria, molti sono andati in Europa o negli stati Uniti, dove hanno vissuto e studiato; conoscono le lingue e la cultura occidentale, e anche se hanno fatto ritorno nei paesi islamici (quelli in situazioni di conflitto), si sono occidentalizzati; ma negano la loro occidentalizzazione. Quella stessa occidentalizzazione che affiora nell´ultimo discorso di Bin Laden. Sono attori di un dramma, perché non si riconoscono nell´islam dei loro padri, e nell´islam non riconoscono nessun maestro.

Si può leggere inoltre nel discorso di Bin Laden il lato debole del radicalismo islamico in quanto progetto politico: l´uso della matrice antimperialista. Quando afferma che «questa guerra produce miliardi di dollari nelle tasche di grandi società, sia quelle che fabbricano armi sia quelle che partecipano alla ricostruzione, come la società Halliburton, le sue sorelle, le sue figlie», sembra di leggere i testi della letteratura neomarxista degli anni 60-70. E dunque non vi è nulla di strano che Carlos, terrorista degli anni 70, si sia convertito all´islam in prigione e veda nella figura di Bin Laden l´idealtipo del nuovo rivoluzionario alla Che Guevara. Il discorso antimperialista caratterizzato dal rifiuto categorico di ogni forma di mondializzazione e globalizzazione e il discorso neofondamentalista oggi possono avere delle contiguità, perché l´islamismo vuole porsi come interprete dei vecchi conflitti nord-sud.

Questo Bin Laden l´ha capito molto bene; e vuole superare il discorso mistico-politico per rivolgersi agli europei situandosi nello stesso spazio semantico della dialettica occidentale, facendo intravedere agli europei la possibilità di una tregua. Di fronte al silenzio delle piazze arabe sul conflitto in Iraq, egli tenta e tenterà sempre più, all´avvicinarsi delle scadenze elettorali europee ed americane, di dividere il mondo occidentale.

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