Da Corriere della Sera del 13/04/2004
Attacchi ai convogli, rapiti più di 20 stranieri
Scomparsi 9 americani, 11 russi, 3 reporter cechi. Gli Usa: «Caduti 70 soldati in 12 giorni, uccisi 700 iracheni»
di Lorenzo Cremonesi
BAGDAD - «L’autostrada dei ladri» è diventata quella dei rapimenti. Un problema internazionale, ormai. Perché altri ventitré stranieri, americani, russi e cechi, sono caduti nelle mani delle squadracce armate in Iraq: ormai gli ostaggi certi sono oltre una trentina, ma potrebbero essere molti di più.
In tutto il Paese si combatte. «Sono oltre settanta i soldati americani caduti in aprile - ha ammesso ieri il generale Mark Kimmit, vicecomandante delle forze della coalizione -. Ma agli iracheni abbiamo inferto perdite dieci volte maggiori». Stime che fonti indipendenti aggiornano al rialzo. Secondo Global Security, autorevole think tank di Washington, i soldati americani uccisi in aprile sono 84. In dodici giorni sono stati uccisi, in altre parole, più militari che in tutto il mese di novembre, il più sanguinoso finora: allora erano stati 82. E le vittime si moltiplicano anche tra gli iracheni. Solo a Falluja, secondo il direttore generale dell’ospedale, Rafie al-Issawi, i morti sarebbero oltre 600. Tra loro, dice il medico, molti civili.
Ma la nuova emergenza sono i rapimenti. Almeno 9 americani si sono aggiunti ieri alla lista degli scomparsi. Sette lavoravano per la Kellog Brown and Root americana, una filiale della compagnia petrolifera Halliburton, due sono soldati che li scortavano. Sembra siano stati catturati venerdì presso Falluja. Primi ostaggi anche tra i russi: a Zeiune, un gruppo di 11 persone è stato sequestrato. Spariti anche tre giornalisti cechi: un reporter della tv nazionale, Michal Kubal, il suo operatore Peter Klima, il giornalista della radio Vit Pohanka. «Erano partiti dall’Hotel Palestine a Bagdad per andare ad Amman. Ma al confine con la Giordania non sono mai arrivati», dicono da Praga.
Ed è soprattutto sui circa 700 chilometri che separano Bagdad dalla frontiera con la Giordania che è avvenuto il maggior numero di agguati. Qui finora il rischio era di essere rapinati. Ma erano azioni criminali. Gli stranieri partivano con 500 dollari in tasca da consegnare subito in caso di aggressione, e nascondevamo il resto sotto il sedile. Ora il gioco è cambiato. I banditi si mischiano ai terroristi. Spesso agiscono assieme. Ad attaccare sulla strada sono le solite bande di ladroni. Quando scoprono che la vittima è un occidentale, la catturano e consegnano ai «capi politici»: dirigenti della vecchia dittatura, ex 007 di Saddam, militari dell'esercito che gli americani qui non hanno mai combattuto e mantengono quasi intatta la loro struttura di comando. Oppure estremisti islamici. Difficile capire se obbediscono a un comando unificato. Probabilmente no.
Alcuni ostaggi sono stati anche liberati. Come sette operai cinesi, rapiti mentre si stavano dirigendo verso Bagdad, e rilasciati poche ore dopo. Se l’è cavata invece la dozzina di asiatici per lo più musulmani (pachistani, indiani, nepalesi, turchi, filippini) che lavoravano per alcune compagnie americane. Sono stati liberati ieri mattina dopo l'accorato appello lanciato con una «fatwa» dal «Consiglio islamico degli ulema» a Bagdad.
In tutto il Paese si combatte. «Sono oltre settanta i soldati americani caduti in aprile - ha ammesso ieri il generale Mark Kimmit, vicecomandante delle forze della coalizione -. Ma agli iracheni abbiamo inferto perdite dieci volte maggiori». Stime che fonti indipendenti aggiornano al rialzo. Secondo Global Security, autorevole think tank di Washington, i soldati americani uccisi in aprile sono 84. In dodici giorni sono stati uccisi, in altre parole, più militari che in tutto il mese di novembre, il più sanguinoso finora: allora erano stati 82. E le vittime si moltiplicano anche tra gli iracheni. Solo a Falluja, secondo il direttore generale dell’ospedale, Rafie al-Issawi, i morti sarebbero oltre 600. Tra loro, dice il medico, molti civili.
Ma la nuova emergenza sono i rapimenti. Almeno 9 americani si sono aggiunti ieri alla lista degli scomparsi. Sette lavoravano per la Kellog Brown and Root americana, una filiale della compagnia petrolifera Halliburton, due sono soldati che li scortavano. Sembra siano stati catturati venerdì presso Falluja. Primi ostaggi anche tra i russi: a Zeiune, un gruppo di 11 persone è stato sequestrato. Spariti anche tre giornalisti cechi: un reporter della tv nazionale, Michal Kubal, il suo operatore Peter Klima, il giornalista della radio Vit Pohanka. «Erano partiti dall’Hotel Palestine a Bagdad per andare ad Amman. Ma al confine con la Giordania non sono mai arrivati», dicono da Praga.
Ed è soprattutto sui circa 700 chilometri che separano Bagdad dalla frontiera con la Giordania che è avvenuto il maggior numero di agguati. Qui finora il rischio era di essere rapinati. Ma erano azioni criminali. Gli stranieri partivano con 500 dollari in tasca da consegnare subito in caso di aggressione, e nascondevamo il resto sotto il sedile. Ora il gioco è cambiato. I banditi si mischiano ai terroristi. Spesso agiscono assieme. Ad attaccare sulla strada sono le solite bande di ladroni. Quando scoprono che la vittima è un occidentale, la catturano e consegnano ai «capi politici»: dirigenti della vecchia dittatura, ex 007 di Saddam, militari dell'esercito che gli americani qui non hanno mai combattuto e mantengono quasi intatta la loro struttura di comando. Oppure estremisti islamici. Difficile capire se obbediscono a un comando unificato. Probabilmente no.
Alcuni ostaggi sono stati anche liberati. Come sette operai cinesi, rapiti mentre si stavano dirigendo verso Bagdad, e rilasciati poche ore dopo. Se l’è cavata invece la dozzina di asiatici per lo più musulmani (pachistani, indiani, nepalesi, turchi, filippini) che lavoravano per alcune compagnie americane. Sono stati liberati ieri mattina dopo l'accorato appello lanciato con una «fatwa» dal «Consiglio islamico degli ulema» a Bagdad.
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