Da La Repubblica del 10/04/2004
Trentamila vigilantes armati sconosciuti alle proprie ambasciate e odiati dalla popolazione
La milizia "mercenaria" nel mirino dei gruppi ribelli
Tra loro Gurkha nepalesi e legionari francesi, Sas britannici e militari sudafricani
di Marco Ansaldo
È il secondo esercito di stanza in Iraq, dopo quello americano. Trentamila uomini, con paghe che vanno dai 6.000 ai 30.000 dollari al mese. Se di boom si parla a Bagdad, è certo quello della sicurezza. Un campo in cui i britannici, per una volta, hanno ben distanziato gli Stati Uniti. Proprio a una società inglese, sembra la Armor Group, appartenevano i quattro italiani «in maglietta blu» rapiti ieri, che non risultano negli elenchi dei connazionali stilati dalla Farnesina. Guardie private o, che dir si voglia, mercenari.
Il ministero degli Esteri ha infatti in mano una lista di italiani ufficialmente presenti in Iraq: militari, giornalisti, operatori umanitari, tecnici, agenti dei servizi segreti. Ma non altre tipologie. In Italia difatti non esistono private guards da inviare in missioni all´estero. La legge non lo consente. Ma questo non significa che a livello individuale non possano esservi persone che esercitano questo mestiere.
L´amministratore di una società di security consulting per le imprese italiane che lavorano in aree a rischio ha detto ieri di conoscere personalmente i quattro sequestrati: «Sono ex militari, come quasi tutti quelli che lavorano in questo settore». Ma l´imprenditore ha anche aggiunto che «non sono persone che vanno all´ambasciata italiana a segnalare la propria presenza. Avevano deciso di mantenere un profilo piuttosto basso e so che non erano in rapporti particolarmente stretti con i diplomatici».
I "gorilla" costituiscono di fatto in Iraq un vero e proprio esercito irregolare, impiegati nelle oltre 400 società che garantiscono la sicurezza delle ditte occidentali calate in Mesopotamia per la ricostruzione. Armor Group utilizza soprattutto i temibili guerrieri nepalesi Gurkha. Rispetto ai locali iracheni che costano 150 dollari al mese (in gran parte provenienti dal disciolto esercito), i Gurkha e i miliziani delle isole Fiji hanno maggiore professionalità e un prezzo che varia tra il 10-20 per cento in più. E il vantaggio di non sballare del tutto il bilancio, se preferiti ai mercenari occidentali, soprattutto gli ex specialisti delle Sas britanniche (il reggimento dello Special Air Service). Molto richiesti, anche se salati, i favori di sudafricani e legionari francesi.
Il business della sicurezza in Iraq è infatti estremamente lucrativo. Una squadra di quattro Sas per proteggere un obiettivo a Bagdad può arrivare a 5.000 dollari al giorno. Un´altra compagnia, Control Risks, ha piazzato 500 uomini per guardare i civili britannici. E Global Risk Strategies impiega nel solo Iraq almeno 1000 persone lungo le barricate dell´Amministrazione provvisoria irachena. La rivale Eryns, anch´essa britannica e fondata da un ufficiale delle Sas, è a guardia delle installazioni di petrolio.
Il premio è alto perché i rischi sono gravissimi. Le private guards non sono inoltre soggette alle garanzie della Convenzione di Ginevra. Erano addetti dell´americana Blackwater (la società che protegge il governatore americano Paul Bremer) i quattro ex militari Usa uccisi il 31 marzo a Falluja i cui corpi sono stati straziati dalla folla.
Non sono amati, non sono legalmente riconosciuti, ed essi stessi preferiscono il più possibile l´invisibilità. E comunque li si voglia chiamare, guardie private o mercenari, i vigilantes dell´Iraq non rientrano quasi mai nel computo ufficiale delle vittime.
Il ministero degli Esteri ha infatti in mano una lista di italiani ufficialmente presenti in Iraq: militari, giornalisti, operatori umanitari, tecnici, agenti dei servizi segreti. Ma non altre tipologie. In Italia difatti non esistono private guards da inviare in missioni all´estero. La legge non lo consente. Ma questo non significa che a livello individuale non possano esservi persone che esercitano questo mestiere.
L´amministratore di una società di security consulting per le imprese italiane che lavorano in aree a rischio ha detto ieri di conoscere personalmente i quattro sequestrati: «Sono ex militari, come quasi tutti quelli che lavorano in questo settore». Ma l´imprenditore ha anche aggiunto che «non sono persone che vanno all´ambasciata italiana a segnalare la propria presenza. Avevano deciso di mantenere un profilo piuttosto basso e so che non erano in rapporti particolarmente stretti con i diplomatici».
I "gorilla" costituiscono di fatto in Iraq un vero e proprio esercito irregolare, impiegati nelle oltre 400 società che garantiscono la sicurezza delle ditte occidentali calate in Mesopotamia per la ricostruzione. Armor Group utilizza soprattutto i temibili guerrieri nepalesi Gurkha. Rispetto ai locali iracheni che costano 150 dollari al mese (in gran parte provenienti dal disciolto esercito), i Gurkha e i miliziani delle isole Fiji hanno maggiore professionalità e un prezzo che varia tra il 10-20 per cento in più. E il vantaggio di non sballare del tutto il bilancio, se preferiti ai mercenari occidentali, soprattutto gli ex specialisti delle Sas britanniche (il reggimento dello Special Air Service). Molto richiesti, anche se salati, i favori di sudafricani e legionari francesi.
Il business della sicurezza in Iraq è infatti estremamente lucrativo. Una squadra di quattro Sas per proteggere un obiettivo a Bagdad può arrivare a 5.000 dollari al giorno. Un´altra compagnia, Control Risks, ha piazzato 500 uomini per guardare i civili britannici. E Global Risk Strategies impiega nel solo Iraq almeno 1000 persone lungo le barricate dell´Amministrazione provvisoria irachena. La rivale Eryns, anch´essa britannica e fondata da un ufficiale delle Sas, è a guardia delle installazioni di petrolio.
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