Da La Repubblica del 11/04/2004

I mercenari

Il boom dei soldati di ventura superiore al fatturato Ibm

Possono cambiare le sorti di un conflitto con l´aiuto di apparecchiature sofisticate
La figura del militare prezzolato oggi è cambiata: doppiopetto e palmare

di Maurizio Ricci

Lavano la biancheria, cucinano i pasti, distribuiscono la posta, trasportano uomini e materiali, purificano l´acqua da bere. Ma fanno anche la ricognizione aerea, parte del lavoro di intelligence, l´addestramento di poliziotti e militari iracheni, difendono pozzi e oleodotti, politici e ingegneri. Se occorre, sparano. E muoiono. Dai tempi di Giovanni dalle Bande Nere e di Wallenstein non c´erano mai stati tanti mercenari in una guerra. L´Iraq, dice Peter Warren Singer che, al fenomeno ha dedicato il libro "Corporate Warriors", è diventata la vetrina delle nuove compagnie di ventura, le ditte militari private. A conti fatti, il secondo alleato, per numero, degli americani in Iraq, non sono gli inglesi (9. 900 uomini), ma i quasi 20 mila nuovi mercenari. E l´Iraq è solo l´ultima tappa di un tumultuoso processo, in atto da più di dieci anni.

Dimenticate l´aurea definizione di Max Weber: di nuovo, come nel '500 e nel '600, lo Stato non ha più il monopolio dell´uso legittimo della violenza. I nuovi mercenari sono presenti in 50 paesi, hanno combattuto, combattono o aiutano a combattere in tutto il mondo, da Papua alla Colombia, al soldo di regimi fatiscenti come la Sierra Leone o di superpotenze come gli Usa. Possono cambiare le sorti di un conflitto lanciando elicotteri d´assalto contro i guerriglieri, come guidando da terra i Global Hawk, gli aerei senza pilota (ma dotati di missili) americani. La loro presenza è così inestricabile dalla nuova realtà militare, che Steven Metz, analista dell´Us Army War College, ne fa uno dei fattori che distinguono "la guerra postmoderna". Ma dimenticate anche Bob Denard e "Mad Mike" Hoare, i condottieri mercenari degli anni '60, con la mimetica, gli occhiali a specchio e il collo di una bottiglia di whisky stretto in mano. I capi delle Compagnie di Ventura Spa è più facile vederli in doppiopetto grigio, camicia Brooks Brothers e, in mano, un palmare o il mouse di un computer. E i loro uomini hanno in tasca un´assicurazione antinfortuni e la copertura sanitaria. Alle spalle dei protagonisti del settore e degli appalti, infatti, oggi non ci sono quattro desperados a caccia di"pochi, maledetti e subito" ma, spesso, i consigli di amministrazione di possenti multinazionali. La Brown&Root è una filiazione della Halliburton di Dick Cheney. La Mpri della Lockheed. La Vinnell di un altro gigante dell´industria militare americana, Northrop Grumman. La Dyncorp della Csc, un peso massimo del software Usa. Sono aziende con eleganti siti web, bilanci certificati, le azioni quotate a Wall Street e nei portafogli dei fondi pensione. Il settore è in boom: oggi il business della guerra privatizzata vale, nel mondo, 100 miliardi di dollari, più del fatturato di un colosso come Ibm. E, entro il 2010, dovrebbe raddoppiare. La pubblicità, del resto, è buona: i nuovi mercenari funzionano.

Sierra Leone, 1995. Il paese è nel caos, i guerriglieri a pochi chilometri dalla capitale, da cui tutti stanno scappando. Entra in scena Executive Outcomes, ditta privata sudafricana. Combinando artiglieria di precisione e elicotteri d´assalto, Eo ricaccia i guerriglieri, raggiunge il loro quartier generale e lo distrugge. Nel giro di pochi mesi, la Sierra Leone è in grado di svolgere elezioni ed insediare (temporaneamente) un governo civile. Ancora 1995, questa volta in Croazia. Le milizie croate, ripetutamente sconfitte dall´esercito serbo, riorganizzate e riaddestrate da Mpri (una ditta americana) lanciano un´offensiva che sbaraglia, a sorpresa, i serbi, ribaltando per sempre la situazione militare nei Balcani. Fra i due episodi, c´è una differenza. In Sierra Leone, gli uomini di Eo erano a sparare in prima linea. In Croazia, gli esperti di Mpri non hanno mai tirato un colpo. E´ una distinzione su cui insistono molto le maggiori ditte private, ansiose di scrollarsi di dosso l´etichetta di mercenari dal grilletto facile. Ma, nella guerra postmoderna, la differenza è labile. «La distinzione fra operazioni di combattimento e non combattimento - afferma un recente rapporto commissionato dal governo inglese - è spesso artificiale. Chi trasporta soldati e attrezzature sul campo di battaglia fa parte delle operazioni militari quanto chi spara». Singer è d´accordo: «Uno che preme il pulsante di un computer oggi può essere letale quanto chi preme un grilletto». Ad esempio se, come per le forze americane, il civile al pulsante comanda un drone, un aereo lanciamissili senza pilota.

L´enorme balzo tecnologico della guerra postmoderna è alla radice del boom nella privatizzazione della guerra. Accanto alla consueta fauna di ex parà sudafricani, ex legionari, piloti ucraini, ex Special Forces americane, russe, inglesi, nella manodopera dei nuovi mercenari sono sempre più frequenti gli esperti di computer, di mappatura satellitare, di guerra elettronica, di avionica. Come per gli archibugeri (mercenari) del '400, un piccolo gruppo ad alta specializzazione, con apparecchiature sofisticate che, dopo la fine della guerra fredda, si possono acquistare sul mercato a prezzi di realizzo (un tank russo T10, revisionato, costa 40 mila dollari, meno di un fuoristrada), può radicalmente mutare l´equilibrio strategico di un conflitto. E´ avvenuto nella guerra Etiopia-Eritrea. E può aprire scenari inquietanti: il piccolo Sudan ha recentemente acquistato (piloti compresi) i modernissimi Mig 29 russi, almeno potenzialmente in grado di abbattere fiori all´occhiello dell´aviazione Usa, come il bombardiere invisibile B2.

Dubbi e perplessità sulla guerra per profitto non sembrano, peraltro, in grado di fermare la marea montante di una privatizzazione che, ormai, lambisce anche quei templi di legittimazione che sono le Ong e, soprattutto, l´Onu. Ai confini dell´Afghanistan, i campi dell´Agenzia Onu per i rifugiati sono protetti da vigilantes privati. E, al Palazzo di Vetro, da anni si discute sulla possibilità di privatizzare la faccia più visibile dell´Onu: i caschi blu. Ci si è già arrivati vicino: nel 1994, all´inizio del genocidio in Ruanda, Executive Outcomes propose un intervento rapido per creare aree di rifugio, impegnandosi ad iniziare il dispiegamento di 1. 500 uomini entro 14 giorni. Costo dell´operazione (durata prevista: 6 mesi) 600 mila dollari al giorno. L´Onu, alla fine, decise di mandare i suoi caschi blu. Arrivarono, al costo di 3 milioni di dollari al giorno, alcuni mesi e 500 mila morti dopo.

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