Da Corriere della Sera del 10/04/2004

«Arriveremo a duecentomila soldati in Iraq»

I generali americani sospendono le rotazioni di truppe e inviano rinforzi. La Russia: «Cessate le ostilità»

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Nell'anniversario della caduta di Saddam Hussein il comandante supremo americano in Iraq, generale John Abizaid, chiede rinforzi per le sue truppe e estende il teatro delle operazioni alla regione centrale presidiata da polacchi, spagnoli e ucraini.

In un'intervista al Washington Post , rivela che ritarderà il rimpatrio della prima divisione motocorazzata dell'esercito e anticiperà il ritorno della terza divisione di fanteria.

E' sospesa così la rotazione di primavera che doveva ridurre gli effettivi Usa da 135 mila a 115 mila; essi verrebbero portati a 145 mila a cavallo del passaggio dei poteri agli iracheni il 30 giugno prossimo.

In caso di necessità, scrive il giornale, non è escluso che il Pentagono mandi non 10 mila ma 25 mila uomini in più, per un totale di 160 mila. «Siamo decisi a ripristinare l'ordine in tutto l'Iraq», dichiara il generale «e prevenire altri torbidi».

Dietro l'annuncio di Abizaid sembra esserci il senso di frustrazione delle truppe impegnate a Falluja.

Il tenente Abdrew Terrell riferisce al Washington Post : «Sgombriamo un edificio solo per vederlo rioccupato più tardi dal nemico, che ci spara addosso, si ritira, aspetta che ce ne andiamo e ritorna. E' frustrante, non siamo in numero sufficiente per controllare un'intera area».

Sembra esserci anche la crescente paura di imboscate. Spiega Chris Chow, un altro tenente: «Fanno il tiro al bersaglio su di noi. Spero che non diventiamo così tesi da sparare su qualsiasi cosa si muova. Se perdiamo il nostro senso di umanità, perdiamo la missione».

E' uno scenario e sono sensazioni che ricordano la guerra del Vietnam, quando l'America mandò inutilmente rinforzi, e si alienò la popolazione.

Un anno fa, all'abbattimento della statua di Saddam Hussein, questo scenario era inconcepibile.

Ma nel momento più grave dalla fine del conflitto, come lo ha definito ieri il ministro degli Esteri britannico Jack Straw, non paiono esserci alternative.

Il Washington Post calcola che gli 87 miliardi di dollari stanziati quest'anno dal Pentagono per le guerre dell'Iraq e dell'Afghanistan non basteranno, né basteranno i 50 miliardi di dollari stanziati per il 2005.

Secondo il giornale, l'amministrazione sta sondando in segreto alcuni Paesi, dalla Francia all'India, affinché forniscano truppe, e il vicepresidente Cheney è in visita alla Corea del Sud e al Giappone affinché mandino altri 2.500 uomini la prima, altri 500 il secondo. Il Pentagono vorrebbe che le forze alleate, di circa 24 mila uomini, venissero quasi raddoppiate.

Nessuno fa la cifra complessiva, ma si tratterebbe di circa 200 mila soldati, il massimo impegno militare dal conflitto vietnamita. Per l'amministrazione è un motivo in più per presentare una nuova risoluzione all'Onu.

Stando al Palazzo di Vetro di New York, il progetto americano è a tre anelli: personale di sicurezza dell'Onu, forza speciale sempre a protezione dell'Onu, e forza multinazionale. I tre anelli sarebbero al comando di Abizaid. Ma molti Paesi ammoniscono che il compito delle tre nuove forze può essere soltanto di mantenere la pace, non combattere la guerra.

Ieri la Russia ha chiesto all'America di «sospendere le azioni militari e dare prova di moderazione per evitare una catastrofe umanitaria», accusandola di essersi cacciata «in un vicolo cieco».

In America, la prospettiva dell'invio di nuove truppe ha acuito le polemiche. Il candidato democratico alla Casa Bianca John Kerry ha rimproverato a Bush, che passerà la Pasqua tra i soldati a Fort Hood, di «essere prigioniero della propria ideologia e arroganza e non minimizzare i rischi per gli uomini sul campo».

L'ex presidente Carter ha bollato la guerra dell'Iraq come una «tragedia americana». Ma nei sondaggi Bush rimane testa a testa con il rivale: secondo la Ap , avrebbe il 45 per cento dei voti contro il 44 per cento di Kerry. Forse perderebbe se uscisse di scena il terzo uomo Ralph Nader, che raccoglie il 6 per cento dei suffragi, sottraendoli in gran parte a Kerry.

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