Da Corriere della Sera del 10/04/2004

Dietro la rivolta, molti leader e molti tribuni: ma nessuno controlla tutta la piazza. E l’ideologo, l’ayatollah Haeri, vive in Iran

La rivoluzione permanente dei mullah con la pistola

di Guido Olimpio

Un mullah che si proclama leader di una città. Uno sheikh che diventa capo guerrigliero. Un altro che si autoproclama rappresentante dell’Armata del Mahdi. Un altro ancora che viene «destituito» per non aver mostrato abbastanza ardore rivoluzionario. Insorti che prendono ostaggi e altri che li liberano. Moqtada Al Sadr, l’uomo che ha innescato la ribellione d’aprile, sembra controllare solo in parte la piazza. E non poteva essere diversamente: lo stesso Moqtada si è ritagliato un ruolo che va oltre meriti e capacità. In fondo ha sfruttato il nome della sua famiglia ed è stato abbastanza scaltro nel cavalcare una rivolta dalla tante anime. Nel costruire il suo «esercito» Al Sadr ha imitato sia l’Hezbollah libanese - unendo sociale e fucile - e i famosi «mostazafim» (senza scarpe) iraniani che furono protagonisti delle manifestazioni di piazza contro lo Scià, nel 1979. Venivano dalle zone più povere delle città, erano inquadrati dagli attivisti e finanziati dal bazaar. Un’insurrezione, per giunta permeata dalla religione, non può non avere un ideologo spirituale. Diversi esperti lo hanno individuato nell’ayatollah iraniano Kazem Al Husseini Haeri . Conservatore, molto vicino ad Alì Khamenei, Guida della Repubblica islamica, vive a Qom. E’ lui ad emettere la fatwa, il decreto ritenuto vincolante per i seguaci di Al Sadr. Ieri ha incenerito gli americani sollecitandoli a partire e a liberare «tutti i prigionieri». Tra questi c’è il braccio operativo di Al Sadr, il predicatore Mustafa Yacoubi . Sulla quarantina, famoso per le capacità oratorie, è piuttosto famoso nel clero minore di Najaf. E’ sospettato di aver ordito il complotto che ha portato all’uccisione dell’esponente sciita Al Khoi, fatto a pezzi a colpi di ascia e pugnale. Gli americani affermano che ai ribelli il denaro non manca. Appartenendo ad una delle cinque famiglie più importanti della realtà sciita, Moqtada può sollecitare aiuti e finanziamenti. Imitando ancora una volta l’esperienza khomeinista, si è alleato ad alcuni ricchi commercianti e ad un’organizzazione di cambiavalute. Il capo-cassiere è Ismail Al Akari. La voce degli insorti è invece lo sheikh Hamza Al Taj , il «responsabile dell’ufficio di Moqtada». Integralista, nemico di tutto quello che è occidentale, gira con una pistola infilata nella cintola. Spesso parla al posto di Al Sadr, spiegando ai giornalisti le strategie del gruppo.

Attraverso questi quadri improvvisati, Moqtada prova a pilotare i responsabili nelle città più lontane. A Nassiriya il principale interlocutore degli italiani è Aus Al Karfaji. Trentenne, studente di teologia islamica a Kuffa, guida la preghiera del venerdì poco lontano dalla base dei nostri soldati. Turbante bianco, barbone «regolamentare», ama predicare in mezzo alla strada. I suoi sermoni sono al vetriolo. Ha accusato il governatore britannico di essere gay, ha sostenuto che i soldati italiani «molestano» le ragazze: per Aus gli occidentali sono dei «corruttori».

Più a nord, nella città di Kut, teatro di furiosi scontri, agiscono due mullah, Mohammed Jawda e Mohammed Hussein. Dopo aver messo in fuga il contingente ucraino hanno provato a restaurare una parvenza di ordine: «Le scuole e i negozi sono aperti su disposizione di Moqtada», hanno annunciato, poi sono corsi ad organizzare la resistenza armata. I marines erano alle porte. Bizzarro quanto è avvenuto nella località di Samawa. Il caporione locale Kazem Al Awadi, con un colpo di testa degno del suo leader, si è rifiutato di inscenare una manifestazione contro il contingente giapponese di stanza nella città. Lo hanno sollevato dall’incarico: «Verrà qualcuno da fuori», ha annunciato e poi ha abbandonato l’ufficio lasciando disorientati i suoi uomini. In questo clima di rivoluzione permanente tutto è possibile. C’è chi spara sui soldati della coalizione e chi invece cerca un accordo. Il miliziano sunnita spara, spalla a spalla, con il rivale sciita. Domani, senza un ordine apparente, torneranno nemici.

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