Da La Stampa del 08/04/2004
Sfida di manifesti contrapposti
Competition Premier contro Vice
di Pierluigi Battista
Le gigantografie che cominciano a campeggiare sui cartelloni delle città italiane in vista delle elezioni europee di giugno non solo offrono il ritratto macroscopico delle divisioni che dilaniano gli schieramenti politici, e segnatamente dell’attuale maggioranza, ma raffigurano con plastica evidenza come i meccanismi elettorali, lungi dall’essere freddi e inerti ingranaggi di numeri e di forme, condizionano i comportamenti, i modi d’essere, la stessa psicologia degli attori in campo.
Il sistema maggioritario incoraggia lo spirito di coalizione, predilige l’insieme sulle parti e il tutto sui singoli frammenti. Il proporzionale spinge nella direzione opposta: esalta l’identità e l’orgoglio d’appartenenza. Ingredienti essenziali per l’autostima che ogni forza politica nutre di sé. Ma che rischiano di innescare una miscela deflagrante se il cemento che tiene insieme le coalizioni si è nel frattempo sfibrato e indebolito.
E così il semplice accostamento dei grandi manifesti elettorali con i ritratti di Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi non può che celebrare la fine di un’intesa, l’irrompere di uno spirito di competizione, e addirittura di conflitto, di gran lunga superiore alla lealtà di schieramento. Da una parte si vede il premier che snocciola cifre e dati che dovrebbero dimostrare l’efficace operosità del governo in carica.
Dall’altra, a distanza di pochi metri, si scorge il volto del vicepremier accompagnato da uno slogan indubbiamente allusivo, «Un solo interesse: gli italiani». Nessun accenno all’elementare fatto che i ritratti raffigurano il premier e il vicepremier di uno stesso governo, nessuna cordialità, nessun messaggio di collaborazione.
Solo la rappresentazione iconograficamente inequivocabile di un sodalizio logorato, di una rottura rilevante, forse, anche sul piano personale. «Competition is competition», amava dire Romano Prodi quando le sue iniziative politiche sembravano cozzare frontalmente contro i Ds di D’Alema. E del resto anche nel centrosinistra la «competition» si riflette sulla complicazione bilanciata degli organigrammi nella casa della Lista Prodi e nella durezza dello scontro tra Fassino e le liste alla sinistra di quella unitaria.
Ma quell’accostamento malizioso e polemico che ogni cittadino può scorgere sui muri e sui cartelloni enfatizza la durezza di uno scontro che sta lacerando l’attuale maggioranza spingendosi fino al limite di una frattura insanabile. Solo ora, con quei manifesti che esprimono un dualismo fino a pochi mesi fa inimmaginabile, si capiscono gli sforzi poi frustrati di Berlusconi per una lista unitaria del centro-destra.
Solo ora, con quei ritratti enormi ed eloquenti, è possibile capire come, nella centrifuga proporzionalista, i partiti della maggioranza giocheranno nelle urne delle elezioni europee una partita drammaticamente decisiva. Molto più di uno slogan azzeccato o volutamente provocatorio.
Il sistema maggioritario incoraggia lo spirito di coalizione, predilige l’insieme sulle parti e il tutto sui singoli frammenti. Il proporzionale spinge nella direzione opposta: esalta l’identità e l’orgoglio d’appartenenza. Ingredienti essenziali per l’autostima che ogni forza politica nutre di sé. Ma che rischiano di innescare una miscela deflagrante se il cemento che tiene insieme le coalizioni si è nel frattempo sfibrato e indebolito.
E così il semplice accostamento dei grandi manifesti elettorali con i ritratti di Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi non può che celebrare la fine di un’intesa, l’irrompere di uno spirito di competizione, e addirittura di conflitto, di gran lunga superiore alla lealtà di schieramento. Da una parte si vede il premier che snocciola cifre e dati che dovrebbero dimostrare l’efficace operosità del governo in carica.
Dall’altra, a distanza di pochi metri, si scorge il volto del vicepremier accompagnato da uno slogan indubbiamente allusivo, «Un solo interesse: gli italiani». Nessun accenno all’elementare fatto che i ritratti raffigurano il premier e il vicepremier di uno stesso governo, nessuna cordialità, nessun messaggio di collaborazione.
Solo la rappresentazione iconograficamente inequivocabile di un sodalizio logorato, di una rottura rilevante, forse, anche sul piano personale. «Competition is competition», amava dire Romano Prodi quando le sue iniziative politiche sembravano cozzare frontalmente contro i Ds di D’Alema. E del resto anche nel centrosinistra la «competition» si riflette sulla complicazione bilanciata degli organigrammi nella casa della Lista Prodi e nella durezza dello scontro tra Fassino e le liste alla sinistra di quella unitaria.
Ma quell’accostamento malizioso e polemico che ogni cittadino può scorgere sui muri e sui cartelloni enfatizza la durezza di uno scontro che sta lacerando l’attuale maggioranza spingendosi fino al limite di una frattura insanabile. Solo ora, con quei manifesti che esprimono un dualismo fino a pochi mesi fa inimmaginabile, si capiscono gli sforzi poi frustrati di Berlusconi per una lista unitaria del centro-destra.
Solo ora, con quei ritratti enormi ed eloquenti, è possibile capire come, nella centrifuga proporzionalista, i partiti della maggioranza giocheranno nelle urne delle elezioni europee una partita drammaticamente decisiva. Molto più di uno slogan azzeccato o volutamente provocatorio.
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