Da La Stampa del 29/03/2004

Osservatorio

In politica estera l’Italia è divisa in tre

Dal varo della Costituzione europea al dopoguerra in Iraq il Presidente Ciampi, Berlusconi e il leader dell’Ulivo Prodi esprimono visioni distinte sulla «linea» del nostro paese

di Aldo Rizzo

Come la Gallia di Giulio Cesare, la politica estera italiana è «divisa in partes tres». Il famoso inizio del De bello gallico mi è tornato alla mente negli ultimi giorni ascoltando le dichiarazioni del presidente del Consiglio, prima a Bruxelles e poi a Palermo, e quelle del capo dello Stato a Budapest, e leggendo sul Corriere della sera la lettera-manifesto del presidente della Commissione europea, nonché leader italiano dell'Ulivo. Berlusconi, Ciampi e Prodi hanno espresso tre distinte visioni di quella che dovrebbe essere, appunto, la politica estera dell'Italia sui due grandi temi del momento: il varo della Costituzione europea e il drammatico dopoguerra in Iraq.

Partiamo dal primo. Come si sa, dotare finalmente l'Unione europea di una Costituzione appare ora possibile, in tempi relativamente brevi, dopo il fallimento del primo tentativo, sotto la presidenza di turno italiana. Questa «finestra» che si è aperta non va naturalmente a demerito del governo di Roma, che a suo tempo si trovò di fronte a un muro, composto dalle opposte posizioni di Spagna e Polonia da una parte e di Francia e Germania dall'altra. E' invece l'effetto del risultato elettorale spagnolo, che ha rimosso la rigidità del vecchio governo e ha, come si dice, riaperto i giochi, influenzando nettamente la Polonia e in conseguenza ammorbidendo anche l'atteggiamento franco-tedesco.

Questo nuovo quadro non sembra convincere Berlusconi e il ministro degli Esteri Frattini. Essi tendono piuttosto a sottolineare le difficoltà che ancora si frappongono all'accordo costituzionale e si dicono scettici sulla possibilità di un loro superamento a breve termine. Al di là di eventuali e comprensibili risentimenti di parte, essi hanno, formalmente, ragione. L'accordo è possibile, ma è ancora da definire. Però, appunto, ora è possibile, perché Spagna e Polonia sembrano accettare quello che prima avevano fermamente respinto, cioè il sistema di voto della «doppia maggioranza» (numero di Stati e popolazione complessiva). E questo è un grosso fatto nuovo. Sul quale si è basato il Presidente Ciampi, uno dei padri del progetto costituzionale, per dire in pratica il contrario di Berlusconi, e cioè che, per serie che possano essere le difficoltà residue, bisogna rapidamente superarle, con un qualche ragionevole compromesso, per non perdere un'occasione storica per l'Europa, che potrebbe non ripresentarsi. Su questo punto, Prodi è addirittura più categorico, vede nel varo della Costituzione un quasi certo sigillo della sua Presidenza europea e una delle basi di lancio del suo definitivo ed esplicito rientro nella politica italiana (che già influenza non poco).

Poi c'è l'Iraq. Dopo la caduta del suo alleato spagnolo, Aznar, Berlusconi resta convinto di quanto fosse e sia giusto stare comunque con Bush nel conflitto iracheno, contro il terrorismo e per la democrazia. E qui il contrasto con Prodi non potrebbe essere maggiore. Secondo il presidente italiano della Commissione europea, la guerra in Iraq è stata un grave errore, perché il regime di Saddam, per spietato che fosse, non aveva legami col fondamentalismo islamico di Al Qaeda e non disponeva di armi di sterminio. Di più, Prodi afferma l'illiceità di ogni guerra che non abbia motivazioni drammaticamente visibili e non sia comunque autorizzata dall'Onu.

Una posizione al limite (solo al limite) del pacifismo. In questo autentico scontro, Ciampi si colloca in qualche modo al centro, evitando critiche esplicite all'alleato americano, ma richiamando la necessità di una nuova risoluzione dell'Onu, che dia il via a un'autentica forza multinazionale, per un'uscita internazionalmente garantita, e nel segno della democrazia, dalla tragica situazione irachena; e anche rammentando che il terrorismo, per essere battuto, ha bisogno di politiche lungimiranti, in primo luogo per porre fine ai massacri israelo-palestinesi. Al che Berlusconi ribatte che, di risoluzioni dell'Onu, ce ne sono già state tante.

Dunque «Gallia est omnis divisa in partes tres»... Dopo averla conquistata, Cesare la organizzò in tre province, ma sotto controllo romano. Chi è il Cesare nell'Italia del 2004? Metaforicamente parlando, e con tutti i distinguo istituzionali del caso, s'intende.

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