Da Corriere della Sera del 18/03/2004
«Italia in stagnazione, serve una scossa»
Ciampi: cambiare il modello di sviluppo. Montezemolo: si deve reagire e fare sistema. Cala la produzione europea
di Mario Sensini
ROMA - «Il sistema italiano è purtroppo in un periodo di stagnazione, bisogna scuoterlo». Il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, è preoccupato. Non lo nasconde affatto. E appena ventiquattrore dopo l’allarme lanciato dalla Banca d’Italia sulla situazione dell’economia italiana, arriva il suo appello. «Dobbiamo saper rinnovare il nostro modello di sviluppo, non accontentarci - dice il presidente - di quello che finora abbiamo realizzato. Dobbiamo guardare avanti con fiducia per dare fiducia anche ai nostri figli, per far sì che l’Italia abbia di fronte a sé un futuro quale le compete, del quale essa è degna». Per uscire dalla «stagnazione» serve prima di tutto consapevolezza dei propri mezzi. Quello che oggi manca ai cittadini e agli imprenditori, come sostiene la Banca d’Italia nel bollettino economico che martedì il capo dello Stato ha letto con grande attenzione, restandone profondamente impressionato. «Non c’è motivo - aggiunge Ciampi - perché il Paese non si scuota, perché riprenda quella strada di crescita che possiamo ancora avere, quanto e più degli altri Paesi europei».
Non è un caso se l’appello arriva in occasione di un incontro con gli imprenditori del turismo, accompagnati dal presidente della Confindustria, Antonio D’Amato. Il turismo è uno dei settori d’eccellenza dell’economia del nostro Paese. «Il terzo dopo Francia e Spagna per numero di arrivi. Ma sentir dire che siamo terzi - dice Ciampi - non mi riempie di entusiasmo. Non vedo perché in Europa non si debba essere in testa».
Basterebbe crederci. Così, quello di Ciampi, è un invito anche a tirar fuori l’orgoglio. Da assecondare e nutrire con le opportune iniziative politiche, in Italia e nella stessa Europa. Per questo il presidente si è rimesso al lavoro per restituire qualche prospettiva concreta al progetto già appannato di Costituzione Europea. Ieri Ciampi ha avuto un lungo colloquio telefonico con il presidente della Repubblica d’Irlanda, che detiene la presidenza di turno del Consiglio Ue. Poi ha parlato con il presidente della Polonia, uno dei Paesi che con il suo rifiuto rese impossibile l’accordo sulla Costituzione nel dicembre scorso. E promette, Ciampi, di continuare su questa strada.
Il suo appello, intanto, è raccolto al volo dai sindacati, che da tempo sollecitano il governo a un confronto a tutto campo sui mali dell’economia italiana, ma anche dal mondo dell’industria. «Questi dati sulla situazione economica devono servire a fare quadrato, a lavorare a testa bassa per reagire, perché ci sono tutte le condizioni e le capacità per poterlo fare» commenta Luca Cordero di Montezemolo, futuro presidente della Confindustria. Restio, comunque, ad accettare l’immagine di un Paese in declino. Il calo delle esportazioni che secondo l’Istat investe l’intero tessuto produttivo nazionale (il calo del 2003 è stato in media del 4%, ma molto più pesante nell’Italia centrale e del Sud, fatta eccezione per le isole) «non è un tema né attuale, né contestabile, ma da qui a parlare di declino - sostiene Montezemolo - ce ne vuole».
«Le parole di Ciampi - dice Savino Pezzotta, segretario della Cisl - confermano quanto il sindacato sta dicendo da tempo e smentiscono chi dice che lo sciopero proclamato per il 26 marzo è inutile». La cosa più importante, aggiunge il leader della Uil, Luigi Angeletti, «è che si può fare meglio. Il Paese ha bisogno di una politica economica e industriale. Mi auguro che le parole di Ciampi siano ascoltate dal governo». Da quel fronte, almeno ieri, nessuna reazione.
Non è un caso se l’appello arriva in occasione di un incontro con gli imprenditori del turismo, accompagnati dal presidente della Confindustria, Antonio D’Amato. Il turismo è uno dei settori d’eccellenza dell’economia del nostro Paese. «Il terzo dopo Francia e Spagna per numero di arrivi. Ma sentir dire che siamo terzi - dice Ciampi - non mi riempie di entusiasmo. Non vedo perché in Europa non si debba essere in testa».
Basterebbe crederci. Così, quello di Ciampi, è un invito anche a tirar fuori l’orgoglio. Da assecondare e nutrire con le opportune iniziative politiche, in Italia e nella stessa Europa. Per questo il presidente si è rimesso al lavoro per restituire qualche prospettiva concreta al progetto già appannato di Costituzione Europea. Ieri Ciampi ha avuto un lungo colloquio telefonico con il presidente della Repubblica d’Irlanda, che detiene la presidenza di turno del Consiglio Ue. Poi ha parlato con il presidente della Polonia, uno dei Paesi che con il suo rifiuto rese impossibile l’accordo sulla Costituzione nel dicembre scorso. E promette, Ciampi, di continuare su questa strada.
Il suo appello, intanto, è raccolto al volo dai sindacati, che da tempo sollecitano il governo a un confronto a tutto campo sui mali dell’economia italiana, ma anche dal mondo dell’industria. «Questi dati sulla situazione economica devono servire a fare quadrato, a lavorare a testa bassa per reagire, perché ci sono tutte le condizioni e le capacità per poterlo fare» commenta Luca Cordero di Montezemolo, futuro presidente della Confindustria. Restio, comunque, ad accettare l’immagine di un Paese in declino. Il calo delle esportazioni che secondo l’Istat investe l’intero tessuto produttivo nazionale (il calo del 2003 è stato in media del 4%, ma molto più pesante nell’Italia centrale e del Sud, fatta eccezione per le isole) «non è un tema né attuale, né contestabile, ma da qui a parlare di declino - sostiene Montezemolo - ce ne vuole».
«Le parole di Ciampi - dice Savino Pezzotta, segretario della Cisl - confermano quanto il sindacato sta dicendo da tempo e smentiscono chi dice che lo sciopero proclamato per il 26 marzo è inutile». La cosa più importante, aggiunge il leader della Uil, Luigi Angeletti, «è che si può fare meglio. Il Paese ha bisogno di una politica economica e industriale. Mi auguro che le parole di Ciampi siano ascoltate dal governo». Da quel fronte, almeno ieri, nessuna reazione.
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