Da Corriere della Sera del 16/03/2004
Industria, una partenza lenta per il 2004
Secondo l’Istat i dati di inizio anno confermano «l’assenza di segnali di ripresa»
di Mario Sensini
ROMA - Avvio d’anno deludente per l’attività industriale e i conti pubblici, segnali di una ripresa che ancora stenta a manifestarsi. A gennaio, secondo l’Istat, la produzione industriale è scesa del 2,8% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente e dello 0,2% sul dicembre 2003, un andamento peggiore di quello atteso dagli analisti. Il dato annuo corretto per il numero dei giorni lavorativi segna una crescita dello 0,3%, ma sia l’Isae che la Confindustria prevedono un ulteriore peggioramento nei prossimi mesi. La stasi della produzione italiana, che preoccupa imprese, sindacati e opposizione, ma anche il governo, è confermata dall’Ocse, secondo cui l’Italia ha registrato nel 2003 una crescita del Prodotto interno lordo (Pil) di appena lo 0,1%, contro una media del 2,1% per i Paesi industrializzati. Nel quarto trimestre 2003, sempre secondo l’Ocse, il Pil italiano è rimasto fermo, mentre in Francia è aumentato dello 0,5% e in Germania dello 0,2%. Ieri, intanto, il Tesoro ha rivisto i dati sul fabbisogno di cassa del settore statale di gennaio, che segna un ulteriore peggioramento, dai 2,9 miliardi di euro stimati poche settimane fa a 3,1 miliardi di euro.
L’attività industriale di gennaio, secondo i tecnici dell’Istat, conferma «l’assenza di segnali di ripresa», che invece appaiono sull’altra sponda dell’Atlantico, con la produzione Usa in crescita dello 0,7% a febbraio dopo lo 0,8% di gennaio, anche se l’indice manifatturiero dello Stato di New York ha accusato un brutto colpo che ha avuto impatto sulla Borsa. L’indice destagionalizzato della produzione italiana mostra a gennaio un aumento tendenziale del 3,9% per i beni di consumo (con i beni durevoli in aumento del 7,5% e quelli non durevoli del 3%) e del 3,6% per l’energia. Beni strumentali e intermedi, invece, segnano una flessione pari rispettivamente allo 0,3 e al 3,8% rispetto a un anno prima. Bene il settore della carta e dell’editoria, con la produzione in crescita del 10% tendenziale, così come il comparto dell’energia, gas e acqua, che denota incrementi annui del 4,4%. Sul fronte opposto, la produzione di apparecchi elettrici e degli strumenti di precisione segna un calo del 7,2%, mentre per pelli e calzature la produzione scende del 5,9% e nel tessile e abbigliamento del 3,8%.
Il quadro resta negativo anche per i prossimi mesi. L’Istituto governativo di studi e analisi economici prevede «nel complesso dei prossimi tre mesi una leggera flessione dei livelli produttivi». L’indice destagionalizzato dovrebbe diminuire dello 0,6% a febbraio, aumentare dello 0,6% a marzo e scendere, ancora dello 0,6%, ad aprile. Nel primo trimestre, la produzione dovrebbe diminuire dello 0,2% sugli ultimi tre mesi del 2003. Per Confindustria, il bimestre gennaio-febbraio mostrerà invece una flessione dello 0,3% rispetto al quarto trimestre 2003.
La crisi dell’industria preoccupa l’opposizione, che torna a denunciare le ricette sbagliate dell’esecutivo, ma anche il governo, che con il vice ministro delle attività produttive, Adolfo Urso, ha chiesto un intervento della Bce sui tassi di interesse «per restituire competitività alle imprese europee». Per Guglielmo Epifani, leader della Cgil, i dati Istat «rafforzano le ragioni dello sciopero generale», mentre per Luigi Angeletti, segretario della Uil, allontanano la prospettiva accreditata dal governo di una crescita del Pil dell’1,9% nel 2004. «E’ inutile rifugiarsi nelle trincee dell’ottimismo, mentre bisogna andare avanti con realismo» ha detto il segretario della Cisl, Savino Pezzotta, secondo il quale i dati Istat confermano l’analisi dei sindacati e la «necessità di una battaglia per la crescita economica del Paese».
L’attività industriale di gennaio, secondo i tecnici dell’Istat, conferma «l’assenza di segnali di ripresa», che invece appaiono sull’altra sponda dell’Atlantico, con la produzione Usa in crescita dello 0,7% a febbraio dopo lo 0,8% di gennaio, anche se l’indice manifatturiero dello Stato di New York ha accusato un brutto colpo che ha avuto impatto sulla Borsa. L’indice destagionalizzato della produzione italiana mostra a gennaio un aumento tendenziale del 3,9% per i beni di consumo (con i beni durevoli in aumento del 7,5% e quelli non durevoli del 3%) e del 3,6% per l’energia. Beni strumentali e intermedi, invece, segnano una flessione pari rispettivamente allo 0,3 e al 3,8% rispetto a un anno prima. Bene il settore della carta e dell’editoria, con la produzione in crescita del 10% tendenziale, così come il comparto dell’energia, gas e acqua, che denota incrementi annui del 4,4%. Sul fronte opposto, la produzione di apparecchi elettrici e degli strumenti di precisione segna un calo del 7,2%, mentre per pelli e calzature la produzione scende del 5,9% e nel tessile e abbigliamento del 3,8%.
Il quadro resta negativo anche per i prossimi mesi. L’Istituto governativo di studi e analisi economici prevede «nel complesso dei prossimi tre mesi una leggera flessione dei livelli produttivi». L’indice destagionalizzato dovrebbe diminuire dello 0,6% a febbraio, aumentare dello 0,6% a marzo e scendere, ancora dello 0,6%, ad aprile. Nel primo trimestre, la produzione dovrebbe diminuire dello 0,2% sugli ultimi tre mesi del 2003. Per Confindustria, il bimestre gennaio-febbraio mostrerà invece una flessione dello 0,3% rispetto al quarto trimestre 2003.
La crisi dell’industria preoccupa l’opposizione, che torna a denunciare le ricette sbagliate dell’esecutivo, ma anche il governo, che con il vice ministro delle attività produttive, Adolfo Urso, ha chiesto un intervento della Bce sui tassi di interesse «per restituire competitività alle imprese europee». Per Guglielmo Epifani, leader della Cgil, i dati Istat «rafforzano le ragioni dello sciopero generale», mentre per Luigi Angeletti, segretario della Uil, allontanano la prospettiva accreditata dal governo di una crescita del Pil dell’1,9% nel 2004. «E’ inutile rifugiarsi nelle trincee dell’ottimismo, mentre bisogna andare avanti con realismo» ha detto il segretario della Cisl, Savino Pezzotta, secondo il quale i dati Istat confermano l’analisi dei sindacati e la «necessità di una battaglia per la crescita economica del Paese».
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