Da Corriere della Sera del 11/03/2004

La strategia dell’assolo

di Aldo Grasso

«Perché non accetta di incontrare i suoi avversari?», chiede Bruno Vespa. Berlusconi, nelle vesti insolite del Grande Pedagogo, ribatte che «questi personaggi» lo offendono, mistificano, gli danno persino del clown. La strategia del premier è molto chiara: i sondaggi non gli sono favorevoli e lui pensa di recuperare con una serie d’interventi di richiamo. Lui significa lui in persona: degli alleati non si fida, con gli avversari non va a confronto (paradossalmente per lo stesso motivo: la politica politicante gli è estranea). In drammaturgia questa forma di comunicazione si chiama monologo, è la parte recitata da un unico attore, ma è anche l’incontro dell’attore con la sua indole, con la sua psiche. Il monologo non è un soliloquio, e non è nemmeno l'assolo. È qualcosa di più complesso, di più tragico. La performance è iniziata dopo un opportuno trucco teatrale (il famoso lifting) e si svolge in arene amiche: «Porta a Porta», «Radio anch'io», «La domenica sportiva», la convention di Forza Italia.

Il monologo esprime una strategia politica e insieme una prepotente tattica di disturbo. Costringe infatti la sinistra a giocare di rimessa, sempre in seconda battuta, la conduce nei terreni paludosi della domanda di contraddittorio, del confronto, della par condicio . Costringe la sinistra a pensare che Vespa sia un nemico e Costanzo un amico, e quando si fanno questi discorsi già si palesa un complesso d’inferiorità. Proprio quello che Berlusconi desidera. La scuola (e il sostegno al ministro Moratti), le riforme, le tasse, la giustizia sono quasi palliativi: quello che vuole comunicare è l'impossibilità del rapporto con l'avversario; per questo lo incattivisce, gli dà di bugiardo, non gli parla. E se è impossibile il dialogo non resta che il monologo, spesso prolisso, a volte noioso. Con interlocutori «non ostili».

Pera, Casini, Vespa: dei tre rami del Parlamento quello a cui vuole più bene è il terzo, l'unico che non prevede elezioni ma vasi d'elezione (la mistica dell'audience). Non è detto però che vincere in tv significhi vincere anche alle urne.

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