Da Corriere della Sera del 04/03/2004

Kerry ora è solo contro Bush. Otto mesi di sfida

Anche il presidente si congratula con l’avversario democratico. Edwards si ritira. Potrebbe essere il vice

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Dopo una notte magica, la prima sfida a Bush, sul terreno più emblematico della guerra dei veleni elettorali è stata in Florida, lo Stato che nel 2000 costò la Casa Bianca ai democratici. Vittorioso in 9 delle 10 primarie del Supermartedì - l'eccezione è il Vermont, conquistato da Howard Dean, il suo ex governatore - John Kerry ha sfidato il presidente recandosi ieri a Orlando, dove ha promesso al Partito di regolare i conti il prossimo novembre. E dove ha annunciato di avere avviato la ricerca di un compagno di corsa, un candidato alla vicepresidenza, compito che affida a Jim Johnson, un suo insider.

Esplode così il «totovice». Il favorito del pubblico è l'altro senatore John Edwards, il grande sconfitto che ieri si è ritirato ufficialmente dalla gara, in un commovente discorso al liceo del Nord Carolina dove studiò il figlio Wade, morto in un incidente d'auto nel '96. Kerry ha rivolto un caloroso saluto a Edwards, ma si fanno altri nomi, innanzitutto quelli dei senatori della Florida Bob Graham e Bill Nelson (che garantirebbero la riconquista dello Stato del sole), del governatore del Nuovo Messico Bill Richardson, e dell'ex generale Wesley Clark.

Il New York Times propone persino l'ex presidente Bill Clinton, a cui Kerry ha già pensato come mediatore per il Medio Oriente. Tra le donne, il nome più ovvio è quello della ex First Lady Hillary, che potrebbe però tenersi libera per candidarsi a presidente nel 2008.

Il viaggio in Florida del candidato democratico è una dichiarazione di guerra. Bush è stato cavalleresco, gli ha telefonato alle 20 circa del Supermartedì mentre ancora si votava in molti Stati, congratulandosi per l’«importante vittoria e la bella giornata». Gli ha detto di prevedere «una gara animata» per la Casa Bianca, di volere usare «armi leali». Kerry lo ha ringraziato, auspicando che «il dibattito sia costruttivo», riferendo poi ai media che la conversazione col presidente «era stata buona». Ma il bel gesto di Bush non equivaleva a una offerta di armistizio, e infatti il presidente ieri mattina è andato subito all'attacco della California, un bastione democratico.

Non appena Bush è partito per Los Angeles, dove il suo alleato, l'attore e governatore Arnold Schwarzenegger ha trionfato nel referendum sul finanziamento del debito pubblico, il senatore Kerry ha preso l'aereo per la Florida dove si voterà martedì, assieme a Texas, feudo del presidente, Louisiana e Mississippi. «Kerry non intende concedere tregua all'avversario», ha osservato il politologo Larry Sabato. «Non può farlo per due motivi: deve tenere accesa l'attenzione dei media e dell'elettorato, e ha un estremo bisogno di raccogliere fondi elettorali, almeno 100 milioni di dollari, due terzi di Bush».

Tutto indica che Kerry cercherà di fare delle elezioni un referendum sul «presidente di guerra», come Bush ama definirsi. E' stato il presidente - a cui il 90 per cento dei democratici si dice «ostile» - a unificare l'opposizione e incoronare Kerry come «Mister Eleggibilità», il candidato più qualificato a batterlo.

Soprattutto nel Nordest, dal Maryland a New York al Connecticut al Massachusetts, il movimento anti-Bush ha portato al senatore dal 60 al 70 per cento dei voti. Kerry lo ha adombrato nel suo discorso d'accettazione della nomina - perché tale è sembrato - evocando il bellicoso invito del presidente al terrorismo «a farsi avanti». «Queste tre parole le capisci bene - ha gridato - fatti avanti!».

Martedì notte, attorniato dall'intera famiglia, Kerry si è proposto dal Palazzo della Posta di Washington come l'unificatore del Partito e del Paese. Forte di circa 1.350 delegati, i due terzi di quelli di cui avrà bisogno alla convention di luglio, ha avuto parole generose per Edwards, «una grande fonte di leadership per gli anni a venire», e per Dean, «che ha iniziato il cambiamento». Ma la sua critica di Bush è stata bruciante: «E' il presidente delle promesse mancate», ha protestato. «Mancate sulla sicurezza nazionale su cui ha fatto troppo poco. Mancate sulla creazione dei posti di lavoro. Mancate sulle riforme sociali. Mancate sulla pubblica finanza».

Su questi temi, Kerry è tornato ieri in Florida. «Sono un combattente - ha detto - porrò fine alla Presidenza Bush». Ma saranno i finanziamenti della campagna a stabilire che tipo di battaglia il senatore sosterrà. A sentire i suoi, negli ultimi tre giorni Kerry ha ricevuto 1 milione e mezzo di dollari. E miliardari come George Soros, il mago dei mercati monetari, e gruppi della società civile come Moveon.org e il Media Fund si sono impegnati ad appoggiarlo.

Probabilmente saranno le elezioni più costose e polarizzate della storia: chi le vincerà, ha predetto ieri Bush, le vincerà di strettissima misura.

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