Da Il Messaggero del 18/02/2004

Ognuno ha il suo carovita, dipende dai consumi

Guadagni di meno? L’inflazione è più alta

I rincari dei generi alimentari superiori agli altri, maggiormente colpiti i redditi bassi

di Anna Gioia Taucci

ROMA - L'inflazione non è uguale per tutti. Vero che in media i prezzi sono aumentati del 2,7% nel 2003 e che attualmente viaggiano al ritmo del 2,2%, almeno secondo l’Istat. Ma queste sono, appunto, valutazioni medie. Probabilmente corrette se riferite al dato nazionale, più o meno approssimate quando si entra nelle tasche di ciascuno di noi. Il perché è molto semplice: ognuno di noi ha la sua inflazione, proprio perché ognuno di noi ha il suo modo di spendere. Per un fumatore, ad esempio, un aumento delle sigarette rappresenta un bell'attentato al suo portamonete. Per chi non fuma, l'aumento delle bionde è solamente una notizia destinata a non pesare sulla borsa della spesa. E si potrebbe proseguire con gli esempi, dalla benzina, le cui oscillazioni non hanno direttamente alcun significato per l'anziana pensionata che non guida (direttamente si è detto, perché indirettamente un rincaro della benzina pesa sulle tasche di tutti), al biglietto dello stadio, che "commuove" i tifosi ma è assolutamente indifferente a chi alla partita non assiste neanche alla televisione.

Ma allora delle statistiche non c'è da fidarsi, soprattutto quando si parla di inflazione? Al contrario, le statistiche, quelle italiane come quelle degli altri paesi, sono quanto mai affidabili, perché metodologie e sistemi di controllo sono stati affinati in anni di studi e ricerche e permettono di avvicinarsi alla realtà con un margine d'errore bassissimo, spesso insignificante. Questo però è vero quanto più ci si riferisce ai grandi numeri. Quando si scende nel dettaglio, e più lo si fa, aumenta il margine d'errore. E non perché qualcuno stia truccando le carte, ma proprio perché i piccoli numeri amplificano la consistenza dell'errore stesso. Ognuno di noi, quindi, ha la "sua" inflazione. E non è detto che l'inflazione del vicino sia quella più reale: l'inflazione è come un abito, per vestire alla perfezione deve essere tagliata su misura. Un'operazione piuttosto difficile (e molto costosa), quando gli "abiti" da preparare sono quasi 57 milioni, tanti quanti sono pressappoco gli italiani. Ecco perchè ci si accontenta di una media, pur sapendo che quel 2,2% su cui si è attestata l'inflazione in gennaio non è uguale per tutti: insomma, più che la variazione reale del costo della vita, a fare la differenza è il suo peso sulla borsa della spesa. La stessa variazione, infatti, incide proporzionalmente molto di più su un reddito basso che non su uno più alto, anche se in effetti, in soldoni, sembra esattamente il contrario.

L'inflazione ci rende tutti un po' più poveri, ma qualcuno diventa più povero (o meno ricco) degli altri: non a caso l'ultima revisione del paniere Istat ha accertato che l'incidenza degli alimentari, per la prima volta nel dopoguerra, è aumentata (siamo sopra il 16%), segno che a causa dell'inflazione e della scarsa vivacità dei redditi le famiglie sono state costrette a dirottare in tavola una quota leggermente più consistente della loro spesa.

Vediamo alcune situazioni tipo, anche se quelle possibili sono quasi infinite: come dimenticare, ad esempio, che tra l'inflazione di una famiglia con due figli e quella di un giovane neolaureato al primo lavoro, che magari vive solo e spesso mangia fuori, ci sono differenze a volte anche notevoli?

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