Da Corriere della Sera del 15/02/2004

Lo scenario

Il fronte sunnita: «Ricostruzione? Mai senza di noi»

di Lorenzo Cremonesi

BAGDAD - Abituati a comandare e ora minacciati in casa loro. Divisi, lacerati tra guerriglia e opzione politica: gli oltre 8 milioni di sunniti rappresentano la grande incognita del nuovo Iraq. «Siamo stati i veri sconfitti della guerra. La fine di Saddam è stata la nostra fine. Sciiti e curdi avevano la loro classe dirigente già pronta, maturata nella clandestinità, cresciuta in esilio. Noi oggi non abbiamo nessuno che ci rappresenti. Ma il nostro dramma è il dramma di tutto l'Iraq, perché non è possibile costruire alcunché senza di noi», hanno sostenuto molti dei circa 3.400 imam, sceicchi e capi tribù che il 9 gennaio si sono riuniti nella moschea al-Nidah a Bagdad.

Un problema enorme per il governatore americano Paul Bremer e per tutte le forze che stanno lavorando per la costruzione del nuovo governo in vista delle elezioni. Perché proprio la «questione sunnita» potrebbe scatenare quella guerra civile che i gruppi del terrorismo fanno del loro meglio per fomentare. I sunniti sono il 30 per cento degli iracheni, per lo più concentrati nel famigerato «triangolo», compreso tra Falluja, Tikrit e il nord di Bagdad. Tradizionalmente rappresentano la minoranza più agguerrita. La loro forza nel Paese nasce al tempo dell'impero ottomano e continua negli anni Venti, quando guidarono le rivolte anti-britanniche che condussero alla nascita dell'Iraq moderno. Negli anni 60 controllavano il partito Baath, dieci anni dopo Saddam Hussein imponeva la loro egemonia politico-militare sul Paese intero, comprese le zone curde e le province sciite di Najaf e Karbala.

La fine della guerra vede i sunniti battuti, umiliati, scacciati dalle province del nord curdo che Saddam aveva voluto «arabizzare». E terrorizzati che gli sciiti del centro-sud vogliano vendicarsi delle terribili repressioni seguite alle rivolte del 1991. Per tutta l'estate scorsa la loro voce è stata quella degli attentati, della guerriglia, misti alla speranza irrazionale che in qualche modo Saddam potesse risorgere e restaurare il vecchio regime.

Speranza battuta per sempre con la notizia della sua cattura il 13 dicembre. «Da allora tra i sunniti sono cresciute le voci di chi sostiene la necessità di una alternativa politica. Non possiamo presentarci divisi alle elezioni», riassume tra gli altri l'ex ambasciatore Sadoon Zubeydi, che da tempo partecipa alle riunioni semi-clandestine tra Bagdad e Falluja. Nessuno crede che i 5 sunniti tra i 25 componenti dell'attuale Consiglio provvisorio (nominato dagli americani il 13 luglio scorso) abbiano abbastanza autorità.

Così il 25 dicembre nasce il Consiglio Sunnita. Lo nominano una settantina di notabili riuniti nella Um al-Qura, la moschea che Saddam aveva chiamato «la moschea madre di tutte le battaglie». Tra loro i rappresentanti delle sette principali: Sufi, Salafiti e Fratelli Musulmani. Circa due settimane dopo nella moschea di Al-Nidah eleggono a loro rappresentante Abdel Khader Hani. Un moderato, 65 anni, docente di storia islamica all'università di Bagdad. Un bravo professore che ha il pregio di non essere troppo coinvolto con il regime di Saddam. Ma privo di esperienza politica. «E' un uomo di transizione. I veri leader restano alla macchia. Temono di venire uccisi per vendetta. E' il caso di Ahmad Al-Qubaissi, un noto imam sunnita che da 3 mesi è scappato all'estero, forse in Siria, forse in Arabia Saudita», ricorda ancora Zubeydi. Timori più che fondati. La stampa locale riporta che dalla cattura di Saddam le vendette sono in crescita. Vengono uccisi professionisti, docenti universitari, militari, funzionari, tutta gente legata al vecchio regime.

E Abdel Khader Hani? Viaggia all'estero, cerca fondi tra Riad, Damasco e Il Cairo. I sunniti restano abbandonati a se stessi. Al pari dei curdi temono le elezioni, paventano che gli sciiti facciano la parte del leone. E probabilmente proprio a queste posizioni si riferiva due giorni fa l'inviato speciale dell'Onu, Lakdhar Brahimi, quando si è dilungato sul pericolo di guerra civile in Iraq. I sunniti intanto si consolano cercando di rafforzare i ranghi. «Non credete alla propaganda degli invasori. Non è vero che gli sciiti sono la maggioranza», si legge in un volantino distribuito qualche settimana fa per le strade di Falluja. E continua: «Noi siamo 14 milioni, loro 12 milioni e 890 mila. Restiamo uniti e vinceremo».

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