Da Corriere della Sera del 05/02/2004

Dopo i dubbi di Powell sulla legittimità dell’attacco

Bush richiama all’ordine la sua amministrazione «Giusta la guerra in Iraq»

Rumsfeld: «Le armi si possono ancora trovare»

di Ennio Caretto

WASHINGTON - George Bush al contrattacco. Il giorno dopo la controversa dichiarazione del segretario di Stato Colin Powell sulla guerra all'Iraq - non so se avrei detto di sì sapendo che Saddam Hussein non aveva armi di sterminio - il presidente ribadisce che «fu una guerra giusta, il raìs rappresentava una grave minaccia, senza di lui il mondo è più sicuro». Lo dichiara a una mostra su Winston Churchill, elogiando il premier britannico Tony Blair per il suo comportamento sull’Iraq: «Nella determinazione di fare ciò che è bene e non ciò che è facile - dice di Blair - vedo lo spirito di Churchill». E aggiunge: «La storia è riconoscente a Churchill, lo è sempre a quanti contribuiscono a salvare il mondo».

Non basta. Bush mobilita anche il ministro della difesa Donald Rumsfeld, l’altro falco dell’amministrazione dopo il vicepresidente Richard Cheney, e l’alleato spagnolo, il premier José Maria Aznar, invitato a Washington.

Testimoniando al Congresso, Rumsfeld insiste che «le armi di sterminio possono ancora essere trovate». Non c’erano più all'inizio della guerra? Risposta: «Possibile, ma non probabile». La sua ipotesi è che siano state nascoste «molto bene».

Aznar, il primo leader spagnolo a parlare a Washington davanti alle Camere riunite, proclama che «la guerra all'Iraq è stata una parte importante della guerra al terrorismo» ed era più che giustificata.

E' l'apertura di un blitz che proseguirà oggi - a meno di un ripensamento del presidente - con un intervento del direttore della Cia George Tenet alla Georgetown university in difesa della difettosa intelligence sulle armi del rais. Secondo il Washington Post , nonostante i guai, Tenet, che pur rischia la testa, rimane nelle grazie di Bush, e darà torto a Powell. Il forcing si concluderebbe con la nomina insindacabile da parte del presidente dei nove membri della Commissione che indagherà sullo scandalo, nomina attesa già ieri, ma a cui non ha fatto cenno.

Per il New York Times , era inevitabile che esplodesse la spaccatura tra la colomba solitaria Powell e lo stormo di falchi dell'amministrazione. Il giornale riferisce che Bush «non è arrabbiato con il segretario di Stato» ma conferma anche che la Casa Bianca ha costretto Powell a ritrattare. Powell, avrebbe rilevato un suo funzionario lamentando che spesso non si attiene alla linea ufficiale, «si è di nuovo spinto troppo avanti sugli sci». Il New York Times scrive che l'ex generale «s'è scontrato ripetutamente con Rumsfeld e si sente emarginato da Cheney: pensa che il suo potere abbia creato enormi problemi all'amministrazione».

Non è chiaro che effetto avrà la controffensiva di Bush. Nei sondaggi, la sua credibilità viene messa sempre più in dubbio, come quella di Blair a Londra. E i suoi sostenitori non gli facilitano le cose: ieri il senatore repubblicano Chuck Grassley ha asserito che «ovviamente Bin Laden verrà catturato prima delle elezioni» alimentando il sospetto - in realtà infondato - che il leader di Al Qaeda sia già in mano americana, ma che verrà mostrato in pubblico solo alla vigilia del voto di novembre. Il presidente avverte il peso della pubblica opinione: ieri ha acconsentito a prolungare fino a luglio l'inchiesta sulle stragi del settembre 2001 e a fare deporre il consigliere Condoleezza Rice, dopo che gli inquirenti lo hanno accusato di ostacolare l’inchiesta.

E' chiaro però che Bush non demorderà. E' tornato alla carica persino con l'ex ispettore capo americano in Iraq David Kay, l'uomo che ha smentito l'esistenza delle armi.

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