Da Corriere della Sera del 06/02/2004
«Hanno sparato ad Al Sistani» Giallo su un attentato a Najaf contro il leader degli sciiti
La smentita del Consiglio Supremo per la rivoluzione islamica: «Non c’è stato alcun attacco»
di Lorenzo Cremonesi
ERBIL - Giallo su un presunto attentato in Iraq al grande ayatollah Alì Al Sistani, il più rappresentativo leader moderato della maggioranza sciita. Ieri pomeriggio, diverse agenzie internazionali hanno riferito che un gruppo di uomini armati ha tentato di assassinare il grande ayatollah Alì Al Sistani, sparando contro di lui mentre parlava alla folla a Najaf. Per ore, si sono susseguiti dettagli confusi e contradditori. Poi, la notizia è stata smentita dal Consiglio Supremo per la rivoluzione islamica in Iraq (Sciri), massimo organo religioso sciita, così come da due guardie del corpo di Al Sistani. D’altra parte, ci sono però le dichiarazioni fatte degli ufficiali della sicurezza, e di un rappresentante del governo provvisorio, Muaffiq Al-Rubai, che hanno affermato: «I terroristi hanno sparato qui a Najaf mentre l’ayatollah riceveva i fedeli, ma Al Sistani è rimasto illeso».
Difficile capire cosa sia successo davvero. Dalla fine della guerra, Al Sistani non è quasi mai uscito dalla casa dove vive, una palazzina chiusa tra le abitazioni di fedelissimi, in un dedalo di viuzze attorno alla moschea, controllate giorno e notte da uomini armati.
L’episodio aumenta comunque la tensione, alla vigilia dell’arrivo della delegazione Onu, che sonderà la possibilità di indire elezioni dirette. Un tema delicato. Il governatore Usa, Paul Bremer, vuole creare un governo iracheno entro il 30 giugno: ma i suoi membri dovrebbero essere scelti da assemblee regionali, rinviando al 2005 le elezioni a suffragio universale. Un programma contestato da larga parte degli sciiti e, soprattutto, dal loro leader Al Sistani, che - per l’autorevolezza ma anche per la sua moderazione - è ritenuto l’interlocutore principe degli americani.
Nato 73 anni fa a Mashaa, in Iran, Al Sistani è uno studioso dell’Islam di fama internazionale. L’ex dittatura lo ha costretto a lunghi anni di esilio in Iran. Dalla fine della guerra predica la separazione tra Stato e religione, ma ora ha scelto di intervenire nel dibattito politico. I suoi rappresentanti incontreranno presto i delegati Onu.
Se davvero un attentato c’è stato, suona come un nuovo allarme per l’Iraq. Al Sistani rappresenta infatti un argine alle mire dei leader estremisti, del rango di Muqtada Al Sadr. Già in aprile, a Najaf, fu assassinato un imam della dinastia degli Al-Qei, legata a filo doppio con Al-Sistani: un omicidio di cui venne sospettato Al Sadr. A fine agosto, morì nell’attentato alla moschea di Najaf (che costò la vita a cento persone), un altro ayatollah moderato, Mohammed Baqr Al-Hakim.
Nel nord, intanto, i curdi puntano il dito contro un nuovo movimento radicale islamico, l’Ansar al-Sunni («Armata dei difensori dei sunniti»), per i due attentati kamikaze che domenica scorsa hanno ucciso almeno 107 persone a Erbil.
Difficile capire cosa sia successo davvero. Dalla fine della guerra, Al Sistani non è quasi mai uscito dalla casa dove vive, una palazzina chiusa tra le abitazioni di fedelissimi, in un dedalo di viuzze attorno alla moschea, controllate giorno e notte da uomini armati.
L’episodio aumenta comunque la tensione, alla vigilia dell’arrivo della delegazione Onu, che sonderà la possibilità di indire elezioni dirette. Un tema delicato. Il governatore Usa, Paul Bremer, vuole creare un governo iracheno entro il 30 giugno: ma i suoi membri dovrebbero essere scelti da assemblee regionali, rinviando al 2005 le elezioni a suffragio universale. Un programma contestato da larga parte degli sciiti e, soprattutto, dal loro leader Al Sistani, che - per l’autorevolezza ma anche per la sua moderazione - è ritenuto l’interlocutore principe degli americani.
Nato 73 anni fa a Mashaa, in Iran, Al Sistani è uno studioso dell’Islam di fama internazionale. L’ex dittatura lo ha costretto a lunghi anni di esilio in Iran. Dalla fine della guerra predica la separazione tra Stato e religione, ma ora ha scelto di intervenire nel dibattito politico. I suoi rappresentanti incontreranno presto i delegati Onu.
Se davvero un attentato c’è stato, suona come un nuovo allarme per l’Iraq. Al Sistani rappresenta infatti un argine alle mire dei leader estremisti, del rango di Muqtada Al Sadr. Già in aprile, a Najaf, fu assassinato un imam della dinastia degli Al-Qei, legata a filo doppio con Al-Sistani: un omicidio di cui venne sospettato Al Sadr. A fine agosto, morì nell’attentato alla moschea di Najaf (che costò la vita a cento persone), un altro ayatollah moderato, Mohammed Baqr Al-Hakim.
Nel nord, intanto, i curdi puntano il dito contro un nuovo movimento radicale islamico, l’Ansar al-Sunni («Armata dei difensori dei sunniti»), per i due attentati kamikaze che domenica scorsa hanno ucciso almeno 107 persone a Erbil.
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