Da Corriere della Sera del 10/02/2004
Al Congresso
L’ottimismo di Bush: «Nuovi posti di lavoro»
«L’economia è forte». Il presidente Usa promette 2,6 milioni di impieghi entro l’anno
di Ennio Caretto
WASHINGTON - «L'economia è forte e diventa sempre più forte», quest'anno creerà 2 milioni e 600 mila posti di lavoro, parola di George Bush. È scritto nel «Rapporto economico del presidente al Congresso», un dossier di 412 pagine che segue, dopo una settimana, il Bilancio preventivo 2004-2005.
Bush lo ha presentato ieri alla partenza per il Missouri, dove ha poi tenuto un ottimistico discorso: «L'America ha risposto a ogni sfida, ha ritrovato la fiducia in se stessa: la ripresa porterà una prosperità crescente a tutti i cittadini». È l'avvio di un blitz che condurrà il presidente in altri tre Stati a illustrare i successi della «bushnomics», la sua politica economica.
Rispetto al guardingo rapporto di un anno fa, questo è un grido di guerra elettorale contro i democratici. Il documento sottolinea che la superpotenza ha rimediato agli effetti negativi del crollo della borsa del 2000, della recessione e delle stragi di «ground zero» del 2001, dei molti scandali di Wall Street, delle guerre dell'Afghanistan e dell'Iraq.
Nella seconda metà del 2003, aggiunge, il prodotto interno lordo americano è salito del 6,1%, e il merito è dei drastici tagli alle tasse del presidente George Bush, tagli che dovrebbero aumentare gli anni prossimi. Le previsioni sono confortanti: quest'anno un aumento del Pil del 4,4%, nel 2005 uno del 3,5%, roba da fare invidia alla Ue in ristagno.
Il rapporto ammette che il deficit del bilancio è un problema, 521 miliardi di dollari previsti per l'anno finanziario 2004-2005. Ma sostiene che verrà pressoché dimezzato già l'anno successivo, «se il Congresso seguirà i principi della disciplina fiscale», cioè diminuirà la spesa pubblica. E sposta l'attenzione degli elettori sul calo della disoccupazione, decisivo per il voto a novembre.
A gennaio è scesa al 5,6%, ricorda il dossier, l'economia ha prodotto 112.000 nuovi impieghi. È meno del previsto, ma è l'inizio della svolta: «Abbiamo ancora molto da fare, non saremo soddisfatti finché tutti gli americani che lo vorranno non potranno lavorare» scrive Bush «però il peggio è passato, siamo alla vigilia di un boom».
L'ottimismo del presidente non è condiviso da tutti. L'economia è in netta espansione, ma a Wall Street si teme una correzione della borsa, del Nasdaq innanzitutto, che dall'inizio dell'anno ha guadagnato l'8%.
Ed economisti come Lester Thurow ritengono «poco realistici» i dati sulla creazione dei nuovi posti di lavoro. Thurow ricorda che l'anno scorso il rapporto economico promise 1 milione 700 mila nuovi impieghi, ma ne realizzò solo 53 mila. Nell'ultimo mezzo secolo, dice, una sola ripresa non rilanciò l'occupazione, quella del '91. Passarono 14 mesi prima che aumentasse. Ma adesso sono 26 mesi che il numero di posti di lavoro langue.
Bush lo ha presentato ieri alla partenza per il Missouri, dove ha poi tenuto un ottimistico discorso: «L'America ha risposto a ogni sfida, ha ritrovato la fiducia in se stessa: la ripresa porterà una prosperità crescente a tutti i cittadini». È l'avvio di un blitz che condurrà il presidente in altri tre Stati a illustrare i successi della «bushnomics», la sua politica economica.
Rispetto al guardingo rapporto di un anno fa, questo è un grido di guerra elettorale contro i democratici. Il documento sottolinea che la superpotenza ha rimediato agli effetti negativi del crollo della borsa del 2000, della recessione e delle stragi di «ground zero» del 2001, dei molti scandali di Wall Street, delle guerre dell'Afghanistan e dell'Iraq.
Nella seconda metà del 2003, aggiunge, il prodotto interno lordo americano è salito del 6,1%, e il merito è dei drastici tagli alle tasse del presidente George Bush, tagli che dovrebbero aumentare gli anni prossimi. Le previsioni sono confortanti: quest'anno un aumento del Pil del 4,4%, nel 2005 uno del 3,5%, roba da fare invidia alla Ue in ristagno.
Il rapporto ammette che il deficit del bilancio è un problema, 521 miliardi di dollari previsti per l'anno finanziario 2004-2005. Ma sostiene che verrà pressoché dimezzato già l'anno successivo, «se il Congresso seguirà i principi della disciplina fiscale», cioè diminuirà la spesa pubblica. E sposta l'attenzione degli elettori sul calo della disoccupazione, decisivo per il voto a novembre.
A gennaio è scesa al 5,6%, ricorda il dossier, l'economia ha prodotto 112.000 nuovi impieghi. È meno del previsto, ma è l'inizio della svolta: «Abbiamo ancora molto da fare, non saremo soddisfatti finché tutti gli americani che lo vorranno non potranno lavorare» scrive Bush «però il peggio è passato, siamo alla vigilia di un boom».
L'ottimismo del presidente non è condiviso da tutti. L'economia è in netta espansione, ma a Wall Street si teme una correzione della borsa, del Nasdaq innanzitutto, che dall'inizio dell'anno ha guadagnato l'8%.
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