Da Corriere della Sera del 02/02/2004

L’intervista

Il leader terrorista «Da Osama i fondi per l’organizzazione»

La mia vita non conta nulla, il mio destino è quello dell'Islam. Lo dice sempre anche Bin Laden, se dovesse morire la sua missione sarà rilanciata dal suo esempio

di Lorenzo Cremonesi

BAGDAD - Sarà il pallore di chi non prende sole da molto tempo. O la magrezza impressionante e gli occhi spiritati che gli danno un'aureola di intensa energia. Sta il fatto che Keiss Ibrahim sembra più giovane dei suoi 28 anni.

«Non mi pento delle mie azioni violente. L'islam trionferà anche sui curdi, costi quello che costi», dice per raccontare la sua adesione allo Ansar Al-Islam, considerato uno dei più pericolosi tra i gruppi di estremisti islamici legati a Al-Qaeda. Ieri, mentre ancora a Erbil si cercavano i morti tra le macerie, c'era già chi puntava il dito contro di loro.

Keiss parla dal carcere di Suleimaniya dove lo abbiamo incontrato dopo una lunga attesa alla polizia locale. Un colloquio di quasi due ore in una stanzuccia povera e fredda, con le sbarre alle finestre. Lui è costretto su di una sedia di plastica. Lo sguardo febbricitante, ammanettato, vestito con una pesante tuta blu donata dalla Croce Rossa, la pelle glabra, su cui risaltano i capelli neri come l'inchiostro e una lunga barba incolta. E' nato a Erbil, conosce palmo a palmo le montagne curde lungo il confine con l'Iran, dove per mesi e mesi si è addestrato assieme ai volontari della «guerra santa» venuti da Afghanistan, Yemen, Siria, Palestina, Egitto, Giordania, Algeria. «Iniziò tutto nella primavera del Duemila tra un gruppo di studenti particolarmente zelanti e impegnati all'istituto di filosofia islamica all'università di Erbil», ricorda Keiss. Per lui personalmente terminò con l'irruzione dei peshmerga, i guerriglieri curdi, nel suo nascondiglio il 4 aprile 2002.

Ammette con candore, guardandoti dritto negli occhi che, sì, lui è tra i fondatori di Ansar Al-Islam e due anni fa ricevette personalmente 10.000 dollari da Osama Bin Laden per continuare la lotta armata. «Me li fece avere in tre rate, tramite un nostro corriere che avevamo mandato ad addestrarsi tra i ranghi di Al Qaeda in Afghanistan».

Una trentina di studenti forma dunque un gruppo che chiamano Tahuhiid, in arabo significa «unità». A loro si affiancano militanti algerini, estremisti siriani, palestinesi, yemeniti. Dopo l'attacco americano sull'Afghanistan arrivano i fuggiaschi delle «brigate internazionali arabe», che avevano combattuto a Tora Bora e nelle zone impervie lungo il confine con il Pakistan.

«La mia vita non conta nulla, il mio destino è quello dell'Islam. Lo dice sempre anche Bin Laden, se dovesse morire la sua missione sarà rilanciata dal suo esempio. Perché noi siamo soldati di Allah».

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