Da Corriere della Sera del 02/02/2004

«Solo macerie nel palazzo del Partito Democratico»

di Lorenzo Cremonesi

BAGDAD - «Sapevamo che i terroristi potevano colpire. Ma non in questo modo, non in occasione di una delle feste islamiche più importanti dell'anno», dice al telefono Ann Merani dalla sua abitazione di Erbil.

Canadese di origine, sposata a un uomo d'affari curdo e da quasi 6 anni interprete e consigliera per gli uffici del Consiglio dei ministri presso l'edificio del Parlamento, Ann racconta tutto di un fiato le ore di questo pomeriggio di sangue. «Ero appena partita da Erbil per la nostra casa di montagna con i miei due figli quando alla radio ho sentito le prime cronache del massacro. Un attentato suicida proprio nell'edificio davanti al mio ufficio. Sono rientrata di corsa, ho visto che l'esplosione aveva devastato gli interni della sede del Partito Democratico curdo. Ma è rimasta contenuta nell'edificio, non ho visto danni al Parlamento o agli uffici del ministero delle Finanze. Più gravi invece le conseguenze all'Unione patriottica del Kurdistan, sembra che qui siano crollati anche alcuni muri».

La sua prima reazione è stata quella di chiamare amici e colleghi che potevano trovarsi sul luogo delle esplosioni. «Non so ancora chi tra loro è morto o ferito. Le linee telefoniche sono intasate, muoversi è quasi impossibile. Evito di andare negli ospedali per non intralciare i soccorsi», continua Ann. E' sorpresa, come la maggioranza degli abitanti di Erbil. «Le regioni curde sono state risparmiate dalle violenze che hanno insanguinato l'Iraq negli ultimi mesi. Più volte c'erano stati allarmi. A Erbil abbiamo avuto due auto-bombe. L'ultima, il 21 dicembre davanti al ministero dell'Interno, aveva causato 4 morti. Ma tutto sommato nulla di paragonabile ai massacri quotidiani che avvengono a Bagdad e nelle zone sunnite. Ecco perché ci sentivamo immuni».

Gli attentati di ieri, però, non hanno sconvolto la normalità di Erbil. «Esclusi i quartieri dove sono avvenuti i due attentati, la città resta tranquilla, con poco traffico e pochi posti di blocco. Non ci sono code ai benzinai, i negozi restano aperti sino a tarda sera, non ho neppure visto un numero eccezionale di posti di blocco della polizia», aggiunge Ann. Questo momento di violenza le ricorda «l'assassinio, tre anni fa, dell'ex governatore di Erbil, Franso Hariri. Ma non mi sembra che qui la popolazione sia stata toccata più di tanto. I curdi sono gente dura, abituata alla sofferenza. Gli attentati non cambieranno nulla. Anzi li rafforzeranno nel loro desiderio collettivo di creare al più presto uno Stato federale in Iraq. Negli ultimi due anni stanno cercando di superare le loro differenze interne. In ottobre hanno riaperto il Parlamento a Erbil. Hanno deciso che la guerra civile tra di loro è finita, morta per sempre. Non saranno certo due attentati suicidi a cambiare le loro scelte».

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