Da Corriere della Sera del 28/01/2004
I sondaggi dicono che anche Edwards potrebbe opporsi con buone possibilità al presidente nelle elezioni di novembre
«Nuovo successo per il senatore Kerry»
I primi exit-poll della sfida tra i democratici nel New Hampshire: Dean sarebbe secondo
di Ennio Caretto
WASHINGTON - Kerry primo, Dean secondo. Sono le indicazioni ancora provvisorie che nella notte davano gli exit-poll sulle primarie del partito democratico nel New Hampshire. Risultati che confermano le previsioni della vigilia.
Nevicava ieri nel New Hampshire, ma l'affluenza è stata una delle più alte della storia alle primarie democratiche. Al grido unanime di «Buttiamo fuori Bush!», a piedi, in auto, in elicottero, il senatore John Kerry, l'ex governatore del Vermont Howard Dean, il generale Wesley Clark, gli altri due senatori John Edwards e Joe Lieberman volavano di seggio in seggio per mobilitare indipendenti e indecisi. Nello sprint finale, il sondaggio Zogby vedeva Kerry nuovamente in ascesa con il 37% dei voti contro il 24 di Dean il 12 di Edwards e il 9 di Clark e Lieberman. Ma alla mezzanotte precedente nel piccolo paese di Dixville Notch, da sempre il primo seggio a votare, il generale, ritenuto da molti in declino, aveva ottenuto 8 voti su 15, Kerry 3, Edwards e Lieberman 2 ciascuno.
La tela è calata sulle primarie dello «Stato di granito» alle 20, le 2 di stamane in Italia, con l’America davanti ai teleschermi. Attorno, giravano gli 007 di Karl Rove, il mago elettorale di Bush: il popolare ex sindaco di New York Rudy Giuliani, il governatore George Pataki, il senatore John McCain, che nel New Hampshire nel 2000 ottenne il 18% in più del presidente. La loro missione: demolire i due rivali più pericolosi di Bush, entrambi eroi di guerra, quasi imbattibili sul piano del patriottismo e della sicurezza nazionale, Kerry e Clark. Una missione appena nata, ma che verrà intensificata nei prossimi giorni a cominciare dal «mini super-martedì» del 3 febbraio, giorno delle primarie in cinque Stati del Sud.
Così importante è la sfida della settimana ventura che i candidati democratici non hanno atteso l'alba per lasciare il New Hampshire. Kerry si è recato nel Missouri, la patria dell'ex presidente Harry Truman e dello ex speaker della Camera Dick Gephardt (silurato il 19 scorso nello Iowa) uno stato chiave con 88 delegati in palio, il massimo sinora. Edwards nella Sud Carolina, dove è nato, dove conta sullo elettorato nero, e dove sa di giocarsi le proprie fortune. Clark, un «sudista» dell'Arkansas, lo stato di Clinton, nell'Arizona e nell'Oklahoma, due roccaforti militari. (Dean e Lieberman non avevano annunciato il loro programma). Secondo i repubblicani, che considerano il sud e l’ovest un loro terreno di caccia, sarà il 3 febbraio a dimostrare se Kerry e Dean siano gli uomini capaci di battere Bush, abbiano cioè credibilità a livello nazionale. O se l'abbiano Edwards e Clark, due uomini nuovi, che provengono da famiglie umili, più vicini all'America profonda.
Alla Casa Bianca si dice che Karl Rove si aspetti dal New Hampshire e dal «piccolo super martedì» la conferma della sua analisi: che l'abbinata democratica alle elezioni di novembre potrebbe essere quella di Kerry e Edwards. Il guru di Bush giudicherebbe Clark il più vulnerabile dei candidati, Dean un populista propenso ad auto distruggersi e Lieberman, il compagno di corsa del vice presidente Al Gore nel 2000, «un uomo di ieri». Non è escluso che venga smentito oggi stesso: il New Hampshire è celebre per avere deluso spesso le aspettative generali.
Ma non è sfuggito ai democratici che i repubblicani incominciano a fare di Kerry ed Edwards un tutto unico, su questioni di sostanza come d'immagine. Definiscono i due senatori «democratici tax and spend», fautori dell'aumento delle tasse e della spesa pubblica; ironizzano sulle iniezioni di Botox che Kerry si sarebbe fatto fare per spianare le rughe (falso) e sul ciuffo telegenico di Edwards (vero).
Qualsiasi sorpresa abbiano riservato le primarie di ieri, una cosa è certa: che le elezioni di novembre saranno un referendum su Bush e sul bushismo. I sondaggi indicano che nell'ultimo mezzo secolo nessun presidente repubblicano fu così detestato dai democratici come George Bush, nemmeno Richard Nixon e Ronald Reagan: Bush, idolo del suo Partito, registra il 67 per cento dei loro dissensi, contro il 51 per cento di Nixon e il 59 per cento di Reagan.
Nevicava ieri nel New Hampshire, ma l'affluenza è stata una delle più alte della storia alle primarie democratiche. Al grido unanime di «Buttiamo fuori Bush!», a piedi, in auto, in elicottero, il senatore John Kerry, l'ex governatore del Vermont Howard Dean, il generale Wesley Clark, gli altri due senatori John Edwards e Joe Lieberman volavano di seggio in seggio per mobilitare indipendenti e indecisi. Nello sprint finale, il sondaggio Zogby vedeva Kerry nuovamente in ascesa con il 37% dei voti contro il 24 di Dean il 12 di Edwards e il 9 di Clark e Lieberman. Ma alla mezzanotte precedente nel piccolo paese di Dixville Notch, da sempre il primo seggio a votare, il generale, ritenuto da molti in declino, aveva ottenuto 8 voti su 15, Kerry 3, Edwards e Lieberman 2 ciascuno.
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Alla Casa Bianca si dice che Karl Rove si aspetti dal New Hampshire e dal «piccolo super martedì» la conferma della sua analisi: che l'abbinata democratica alle elezioni di novembre potrebbe essere quella di Kerry e Edwards. Il guru di Bush giudicherebbe Clark il più vulnerabile dei candidati, Dean un populista propenso ad auto distruggersi e Lieberman, il compagno di corsa del vice presidente Al Gore nel 2000, «un uomo di ieri». Non è escluso che venga smentito oggi stesso: il New Hampshire è celebre per avere deluso spesso le aspettative generali.
Ma non è sfuggito ai democratici che i repubblicani incominciano a fare di Kerry ed Edwards un tutto unico, su questioni di sostanza come d'immagine. Definiscono i due senatori «democratici tax and spend», fautori dell'aumento delle tasse e della spesa pubblica; ironizzano sulle iniezioni di Botox che Kerry si sarebbe fatto fare per spianare le rughe (falso) e sul ciuffo telegenico di Edwards (vero).
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