Da La Stampa del 18/12/2003
Originale su http://www.lastampa.it/_web/_INTERNET/copyfight/archivio/copyfight0312...
2004: i discografici all'assalto dell'Europa
Le major statunitensi vogliono servirsi della EUCD per denunciare chi scambia mp3 oltreoceano. Ed è polemica aperta sulla nuova normativa canadese, secondo cui il download di file ilegali non costitui
di Stefano Porro
E’ stata approvata lo scorso aprile e non ha ancora sortito effetti concreti. Ma dai primi mesi del 2004, la EUCD, la direttiva comunitaria che ha importato nel nostro continente le restrizioni sulla proprietà intellettuale presenti da tempo negli Stati Uniti, potrebbe causare guai seri a sviluppatori, ricercatori, hacker e ai frequentatori più incalliti delle reti di file sharing. Le major americane del software e della musica stanno richiedendo alle proprie filiali europee di sporgere denuncia contro i singoli utenti che utilizzano i sistemi di condivisione di file, secondo una pratica che gli “scaricatori” di mp3 conoscono fin troppo bene. Si individua uno sfortunato utente collegato a una rete peer to peer, si scovano i file illegali contenuti nel suo disco fisso e lo si porta davanti al giudice con una richiesta esemplare di risarcimento che può giungere fino a mezzo milione di dollari, così da scoraggiare eventuali comportamenti criminosi di altri navigatori.
“Si tratta di una lungimirante operazione culturale”, almeno secondo Jay Berman, presidente della IFPI, la più potente organizzazione internazionale di industria fonografica. Presentando alla stampa le strategie dei discografici per il 2004, Bernam ha insistito sulla necessità di avviare procedure punitive contro gli utenti più accaniti dei sistemi di file sharing. Un’iniziativa legale che troverebbe riscontro proprio negli inasprimenti contenuti all’interno della famigerata EUCD, che dispone pesanti pene per chi viola il diritto d’autore (per esempio duplicando più volte un cd o scaricando musica da Internet) e per chi cerca di superare, attraverso processi di reverse engineering, i software anticopia sviluppati dalle case discografiche.
In pratica, le big corporate americane starebbero cercando di importare in Europa lo stessa clima di repressione e terrore che hanno già instaurato oltreoceano. Difficile prevedere se ci riusciranno, soprattutto in Italia. Nel nostro paese le disposizioni della EUCD sono state integrate vari mesi fa attraverso due decreti (sul copyright e sul commercio elettronico), ma più di una volta l’autorità giudiziaria ha definito come sconveniente una rigida applicazione della nuova normativa. Presentarsi alla porta di un ragazzino colpevole di aver scaricato illegalmente qualche decina di file mp3 non gioverebbe certo alla pace sociale e costituirebbe un forte danno di immagine per le forze di polizia.
La sfida dunque rimane ancora aperta, e non è detto che a vincerla debbano essere per forza i discografici. La scorsa settimana, il Copyright Board of Canada, l’ente governativo che regolamenta i diritti di proprietà intellettuale del paese nordamericano (l’equivalente della nostra SIAE), ha dichiarato che scaricare file mp3 e filmati da Internet non costituisce reato. Questo perché la normativa canadese tutela il fair use degli utenti, i quali possono copiare un prodotto culturale senza doversi accertare che la fonte della riproduzione sia autorizzata o meno.
L’illecito si riscontra invece nel momento in cui i file incriminati vengono volontariamente trasmessi su Internet o messi a disposizione di terzi tramite i software peer to peer. In altre parole, il download è legale, l’upload e la condivisione no. Immediata è stata la reazione della Canadian Recording Industry Association (CRIA), l’organizzazione degli industriali della musica, che ha dichiarato di voler portare la questione in tribunale, disconoscendo di fatto l’autorità del Copyright Board. E’ un dato di fatto però che la legislazione locale costituisce un’argine efficace contro la politica protezionista delle major del software e della musica, che sta diventando sempre più pressante.
E non bisogna pensare che il Canada sia un paese particolarmente liberale, in termini di diritto d’autore. Forse per compensare la legalizzazione del download, lo stesso ufficio del Copyright ha recentemente innalzato le imposte sui supporti digitali registrabili, introducendo anche una tassa di acquisto sui lettori mp3, consapevole del fatto che questi device vengono utilizzati per ascoltare musica proveniente dalla rete. Le tariffe si differenziano in base alla potenza della memoria dei lettori, e oscillano da 1 a 19 dollari (l’ iPod, il player più diffuso, raggiunge i 40 Gbs di spazio disco). Gli utenti canadesi sembrano intenzionati a pagare, consci del fatto che scaricare musica a banda larga senza timore di subire conseguenze legali è un vantaggio che ormai è riservato a sempre meno persone.
“Si tratta di una lungimirante operazione culturale”, almeno secondo Jay Berman, presidente della IFPI, la più potente organizzazione internazionale di industria fonografica. Presentando alla stampa le strategie dei discografici per il 2004, Bernam ha insistito sulla necessità di avviare procedure punitive contro gli utenti più accaniti dei sistemi di file sharing. Un’iniziativa legale che troverebbe riscontro proprio negli inasprimenti contenuti all’interno della famigerata EUCD, che dispone pesanti pene per chi viola il diritto d’autore (per esempio duplicando più volte un cd o scaricando musica da Internet) e per chi cerca di superare, attraverso processi di reverse engineering, i software anticopia sviluppati dalle case discografiche.
In pratica, le big corporate americane starebbero cercando di importare in Europa lo stessa clima di repressione e terrore che hanno già instaurato oltreoceano. Difficile prevedere se ci riusciranno, soprattutto in Italia. Nel nostro paese le disposizioni della EUCD sono state integrate vari mesi fa attraverso due decreti (sul copyright e sul commercio elettronico), ma più di una volta l’autorità giudiziaria ha definito come sconveniente una rigida applicazione della nuova normativa. Presentarsi alla porta di un ragazzino colpevole di aver scaricato illegalmente qualche decina di file mp3 non gioverebbe certo alla pace sociale e costituirebbe un forte danno di immagine per le forze di polizia.
La sfida dunque rimane ancora aperta, e non è detto che a vincerla debbano essere per forza i discografici. La scorsa settimana, il Copyright Board of Canada, l’ente governativo che regolamenta i diritti di proprietà intellettuale del paese nordamericano (l’equivalente della nostra SIAE), ha dichiarato che scaricare file mp3 e filmati da Internet non costituisce reato. Questo perché la normativa canadese tutela il fair use degli utenti, i quali possono copiare un prodotto culturale senza doversi accertare che la fonte della riproduzione sia autorizzata o meno.
L’illecito si riscontra invece nel momento in cui i file incriminati vengono volontariamente trasmessi su Internet o messi a disposizione di terzi tramite i software peer to peer. In altre parole, il download è legale, l’upload e la condivisione no. Immediata è stata la reazione della Canadian Recording Industry Association (CRIA), l’organizzazione degli industriali della musica, che ha dichiarato di voler portare la questione in tribunale, disconoscendo di fatto l’autorità del Copyright Board. E’ un dato di fatto però che la legislazione locale costituisce un’argine efficace contro la politica protezionista delle major del software e della musica, che sta diventando sempre più pressante.
E non bisogna pensare che il Canada sia un paese particolarmente liberale, in termini di diritto d’autore. Forse per compensare la legalizzazione del download, lo stesso ufficio del Copyright ha recentemente innalzato le imposte sui supporti digitali registrabili, introducendo anche una tassa di acquisto sui lettori mp3, consapevole del fatto che questi device vengono utilizzati per ascoltare musica proveniente dalla rete. Le tariffe si differenziano in base alla potenza della memoria dei lettori, e oscillano da 1 a 19 dollari (l’ iPod, il player più diffuso, raggiunge i 40 Gbs di spazio disco). Gli utenti canadesi sembrano intenzionati a pagare, consci del fatto che scaricare musica a banda larga senza timore di subire conseguenze legali è un vantaggio che ormai è riservato a sempre meno persone.
Sullo stesso argomento
Articoli in archivio
di Sara Arrigone su La Stampa del 18/12/2006
di Sara Arrigone su La Stampa del 15/12/2006
di Anna Masera su La Stampa del 08/11/2006
News in archivio
su Punto Informatico del 03/11/2006
su APCom del 22/09/2006
Aids: Roche condivide il suo sapere con l'Africa
Il gigante farmaceutico svizzero Roche trasferisce a tre compagnie africane i mezzi di fabbricare localmente un farmaco generico contro l'AIDS. Altre imprese seguiranno.
Il gigante farmaceutico svizzero Roche trasferisce a tre compagnie africane i mezzi di fabbricare localmente un farmaco generico contro l'AIDS. Altre imprese seguiranno.
su SwissInfo del 22/09/2006
In biblioteca
di Lawrence Lessig
Feltrinelli Editore, 2006
Feltrinelli Editore, 2006