Da Corriere della Sera del 12/12/2003

Dubbi sulla copertura dei provvedimenti ma anche sulle entrate. Follini: un voto sollecitato dalla diffidenza

Fiducia sulla Finanziaria, la frenata di Casini

Il presidente della Camera: verificare l’ammissibilità. Verso l’addio alla golden share, sigarette più care

di Mario Sensini

ROMA - Niente da fare: la corsa del governo per incassare il più rapidamente possibile la fiducia sulla Finanziaria si infrange sulla linea dura del presidente della Camera, Pierferdinando Casini. La fiducia arriverà, ma solo lunedì prossimo. E per ottenerla il governo sarà costretto agli straordinari notturni. I tre maxi-emendamenti dell’esecutivo che accorpano, e in parte modificano, gli articoli della Finanziaria, attesi a metà mattinata sono arrivati solo nel tardo pomeriggio, e Casini ha deciso di riservarsi il giudizio di ammissibilità. Che arriverà stamane, ma solo se le informazioni e i chiarimenti chiesti al governo sulla copertura di alcune norme saranno forniti entro la notte. «Il Governo ha presentato tre maxi-emendamenti che sostanzialmente riassorbono il testo della Finanziaria e ha prennunciato alla presidenza che su di essi porrà la questione di fiducia. La presidenza ha preso atto di ciò e si è riservata il vaglio dell’ammissibilità. In particolare - ha detto Casini all’Aula al termine di una giornata quanto meno convulsa - si tratta di controllare gli effetti finanziari di certe disposizioni per verificarne la copertura. Questo pone problemi tecnici che la presidenza non può minimizzare. A questo proposito ho chiesto al governo di fornirmi elementi tecnici necessari per la quantificazione degli oneri, sia dal lato della spesa che da quello delle entrate».

Casini, visibilmente spazientito dall’attesa durata tutta la giornata, non si è dunque fidato della fiducia sugli emendamenti «a scatola chiusa» e ha imposto una pausa. Un contrattempo in più sulla strada travagliata della Finanziaria, anche se tutto sommato al governo potrebbe non dispiacere troppo. I tre maxi-emendamenti potranno essere affinati nella notte e sviscerati meglio, come ha chiesto Casini, con l’ausilio della Ragioneria. Un approfondimento che, al limite, potrebbe evitare errori e sviste che se fossero emerse nella terza lettura al Senato (dove la Finanziaria dovrà tornare dopo la Camera), avrebbero senz’altro creato problemi maggiori. Il via libera di Casini arriverà stamane, e a quel punto il governo potrà formalizzare in Aula la richiesta del voto di fiducia. Invece di iniziare a votarla da domani, com’era nei piani, si partirà lunedì per concludere probabilmente mercoledì prossimo.

Sullo sfondo, tuttavia, restano i problemi di rapporto tra il governo e la maggioranza, che non ha affatto gradito la scelta della fiducia operata dall’esecutivo per evitare sorprese, sempre possibili quando ci sono 3.800 emendamenti da esaminare (di cui 1.200 della stessa maggioranza). La fiducia, peraltro, era già chiesta e ottenuta sia alla Camera sia al Senato sul decretone, che poi contiene la sostanza della manovra di finanza pubblica del 2004. Le difficoltà sono emerse chiaramente nel corso delle tre riunioni dei capigruppo tenutesi ieri alla Camera sull’ordine dei lavori, e sono state sottolineate con enfasi non solo dall’opposizione, ma dagli stessi esponenti della Casa delle Libertà.

«La fiducia la voteremo, ovviamente. Ma se fosse stato per noi non l’avremmo chiesta» ha commentato il segretario dell’Udc, Marco Follini. Mettendo il dito nella piaga: «Messa così somiglia più a un voto sollecitato dalla diffidenza, che a un voto destinato a esprimere fiducia» ha detto. Mentre Teodoro Buontempo, di An, ha annunciato senza mezzi termini che lui la fiducia non la voterà.

Dall’opposizione, «unita contro una maggioranza divisa» come ha detto ieri il capogruppo Ds Luciano Violante, giungono commenti dal tono sarcastici. «Denunciamo il marasma generale di fronte a un Paese che invece ha bisogno di risposte» ha detto ancora Violante. «Il governo è allo sbando e in stato confusionale e la maggioranza non lo aiuta» ha osservato Pierluigi Castagnetti, capogruppo della Margherita. Francesco Giordano, di Rifondazione Comunista, ha detto che «la fiducia serve solo a superare i contrasti nella maggioranza, ma in tal modo il governo tende a negare ogni autonomia, anche quella parlamentare». Stesse osservazioni da Marco Boato, dei Verdi: «Il governo ha 83 voti di scarto, non deve temere l’opposizione».

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