Da Corriere della Sera del 16/10/2003
Iraq, Bush conta i voti della risoluzione Onu
Il gioco è stato reso più duro dal veto Usa di poche ore prima alla mozione siriana di censura del «muro» israeliano in Cisgiordania
di Ennio Caretto
FRESNO (California) - Una giornata di trattative serrate, e alla fine l’annuncio: il voto sulla bozza di risoluzione Onu sull’Iraq presentata da Stati Uniti, Spagna e Gran Bretagna slitta a oggi. Decisivo, dice l’ambasciatore di Mosca alle Nazioni Unite, sarà il summit in teleconferenza questa mattina tra Vladimir Putin, Gerhard Schröder e Jacques Chirac, ancora critici nei confronti della proposta di documento, ma propensi a preferire l’astensione al «no». Una prima votazione era attesa già nel pomeriggio. Quattro i rinvii, segnati da trattative diplomatiche continue. Il Consiglio di Sicurezza ha discusso a oltranza per tutta la giornata di ieri sul testo della bozza. Nel pomeriggio il consigliere del presidente Condoleezza Rice, telefona all’ambasciatore Usa al Palazzo di Vetro, John Negroponte, che la rassicura: la risoluzione passerà. Ma Bush, che si è fermato in California sulla rotta per l'Asia, vuole sapere con quanti voti: se il minimo di 9 su 15, o una maggioranza più ampia. Negroponte non si sbilancia: «al momento 10», con 5 astensioni, Francia, Germania, Russia, Cina e Siria. Non può andare oltre: su sollecitazione russa, ha appena accettato di discutere un accordo che eviti la frattura.
E' quasi mezzanotte di mercoledì ora italiana, e Bush ordina l'affondo dopo avere ricevuto la garanzia che Francia, Russia e Cina non eserciteranno il loro diritto di veto. Dopo un incontro con il collega bulgaro Solom Passy, un’ora più tardi, il segretario di Stato Colin Powell si dice ottimista: «Abbiamo fatto progressi e che avremo molto presto un voto positivo».
Il presidente ha voluto stringere i tempi ieri perché ha bisogno di un appoggio qualsiasi dell'Onu alla riunione dell'Apec, l'Associazione economica del Pacifico lunedì a Bangkok, e alla Conferenza dei donatori dell'Iraq giovedì a Madrid. Ma il suo sogno di 14 sì e 1 solo no, quello siriano, però, è in bilico, dicono gli alleati britannici. L'ambasciatore messicano Adolfo Agular Zinser ammonisce: «Rischiamo di dare un messaggio di divisione, non di unità. Sarebbe controproducente».
Il gioco è stato reso più duro dal veto americano di poche ore prima alla mozione siriana di censura del «muro» israeliano in Cisgiordania. Non sono mancate delle concessioni sostanziali: Francia, Germania, Russia e Cina, per esempio, hanno rinunciato a chiedere il trasferimento dei poteri all'Autorità irachena «entro pochi mesi» e un ruolo cruciale immediato per l'Onu. Ma gli Usa hanno respinto le loro richieste: fissare le date di Costituzione, elezioni e ritiro dall’Iraq «in collaborazione col segretario Kofi Annan». E hanno offerto in cambio un rapporto al Consiglio di Sicurezza sui progressi in questi campi. «Cerchiamo di accettare i concetti, ma non possiamo accettare i dettagli», ha spiegato Negroponte.
Annan si è dichiarato deluso; il sottosegretario agli Esteri russo Yuri Fedotov ha asserito che «sarebbe inopportuno mettere la risoluzione ai voti nell'attuale forma»; l'ambasciatore francese Jean Marc de la Sabliere ha auspicato «uno spirito di compromesso»; i cinesi, infine, hanno lamentato: Negroponte «lancia segnali ambigui».
E' quasi mezzanotte di mercoledì ora italiana, e Bush ordina l'affondo dopo avere ricevuto la garanzia che Francia, Russia e Cina non eserciteranno il loro diritto di veto. Dopo un incontro con il collega bulgaro Solom Passy, un’ora più tardi, il segretario di Stato Colin Powell si dice ottimista: «Abbiamo fatto progressi e che avremo molto presto un voto positivo».
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