Da Il Mattino del 21/11/2003

«Militari in Iraq, situazione peggiorata»

di Vittorio Dell'Uva

NASSIRIYA - Saddam Hussein lo aveva detto che, dopo l'invasione, una guerra diversa si sarebbe combattuta in ogni città dell'Iraq. Era sembrato il disperato testamento di un dittatore privo di eredi, destinato a elemosinare un rifugio presso le tribù e i beduini. Sette mesi dopo la caduta di Baghdad, il Ramadan di sangue ripropone scenari che gli americani, ritenevano fossero destinati a dissolversi. La nostalgica resistenza irachena attacca con sempre maggiore frequenza le truppe straniere, appartengano o meno alle nazioni occupanti, come gli italiani hanno tragicamente scoperto. Si salda con frange del terrorismo islamico da cui gli iracheni si erano tenuti accuratamente lontani. Crea, attraverso il terrore, condizioni di instabilità che, alla nuova classe dirigente costretta a blindarsi, fanno paura. Soprattutto estende il suo raggio di azione. «Dietro gli attacchi c'è una regia unica difficile da prevenire. Prima investiva le forze della coalizione nel triangolo sunnita, adesso ha allargato i suoi obiettivi da Mossul a Bassora», dice da Baghdad il generale Carlo Cabigiosu, consigliere militare dell’ambasciata italiana. «La situazione per gli italiani - aggiunge con preoccupazione evidente - è peggiorata. C'è stato un generale deterioramento in Iraq che ci coinvolge».

È ormai un bollettino quotidiano di morte quello su cui compaiono i nomi di molti civili. La città santa di Karbala ha pianto ieri due bambini, di dieci e dodici anni, uccisi da un ordigno collocato in una scuola. A Kirkuk un furgoncino imbottito di esplosivo saltato in aria innanzi alla sede di un partito curdo «collaborazionista» ha fatto altri quattro morti e trentasette feriti. Del «city council», l’assemblea comunale di Ramadi, non lontano da Baghdad, restano in piedi soltanto le macerie dopo una esplosione in cui sono rimasti uccisi due consiglieri. Incerto è il destino di uno sceicco, schieratosi al fianco degli americani, rapito a Bassora.

L'Iraq non sembra più avere zone franche, da quando uomini disposti al suicidio sono stati messi in campo per una disperata battaglia. «La guerriglia che prima agiva in una zona limitata del Paese con il sostegno di elementi locali ha esportato il suo modello in tutto il Paese. I kamikaze si riconoscono nella metodologia di azione del terrorismo mondiale», dice ancora Carlo Cabigiosu, non escludendo un collegamento tra Al Qaida e i fedelissimi di Saddam per l'attentato agli italiani. Ne deriva che, quali che siano le contromisure possibili, i livelli di sicurezza precipitano. «Quanto accaduto in Turchia e Israele dimostra - è l'analisi che arriva dal generale - che Paesi che pure dispongono di efficienti servizi di intelligence e di un efficiente apparato hanno difficoltà a contrastare la minaccia. E in Iraq, a livello locale, mancano del tutto questi apparati».

Gli americani, che anche ieri a Falluja, hanno ammazzato in combattimento altri dieci iracheni, si affidano ormai all'aviazione tornando ad imboccare di nuovo la via dell'aperto conflitto. Gli italiani, a Nassiriya, provano a non tradire il mandato su uno scacchiere che si è fatto insidioso. «È stato rafforzata dopo l'attentato la vigilanza con misure adeguate alla situazione. Qui siamo già ad un livello massimo», dice il colonnello Granfranco Scalas, portavoce del contingente, in relazione a notizie provenienti da Roma su nuove misure da attuare per le missioni militari all'estero, dopo le stragi di Istanbul.

Presto le operazioni umanitarie verranno riprese. Immutato è rimasto il programma di bonifica del territorio. Anche ieri i militari del terzo reggimento Genio guastatori hanno continuato a far brillare parte dei cinquecentonovantamila ordigni ritrovati in una delle più grandi santabarbare, fatta di bunker e casamatte, su una superficie di quindici chilometri quadrati non lontano dall'aeroporto di Tallil dove, come altrove, non è stata mai trovata traccia di armi chimiche o batteriologiche. Lungo le strade tendono ad intensificarsi i pattugliamenti. Ci sono da fronteggiare infiltrazioni vere e presunte. Per qualche ora si è dato, ieri la caccia, ad una autocisterna che aveva provato a forzare i i cancelli della raffinieria di Nassiriya e contro la quale guardie giurate, assunte in Sudafrica, non avevano esitate a sparare. L'allarme è cessato soltanto quando è emerso che l'autista non aveva capito che avrebbe dovuto aspettare il suo turno.

Ogni segnalazione va necessariamente vagliata. L'ultima che riguarda un possibile attacco all'albergo dei giornalisti, il Janoob, ha imposto qualche misura ulteriore. Anche con eventi casuali bisogna misurarsi. Nella notte il campo italiano di «White horse» si è illuminato per l'accendersi improvviso di bengala. Un cane randagio aveva fatto scattare una delle tante trappole antiintrusione.

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