Da La Stampa del 05/11/2003
Sottomarche delle Br
di Filippo Ceccarelli
Ma quanto è estesa l’area del terrorismo? E soprattutto: quanto è reale e quindi pericolosa?
Tra pacchi-bomba di giornata e pallottole pregresse, operazioni di polizia ben riuscite e violenze solo immaginate, tra anarco-insurrezionalisti post-moderni e cellule brigatiste più simili a «I demoni» di Dostoevskij che a quelle degli anni di piombo, il ministro dell’Interno Pisanu ha ieri introdotto una articolazione terroristica non si sa se più ansiogena o rassicurante, o tutte e due le cose: l’esistenza di «sottomarche delle Br».
Non è certo questo il campo, né la giornata per esercitazioni letterarie, ma la definizione suona senz’altro suggestiva, pur nella sua inevitabile ambivalenza commerciale, giacché «sottomarca» indica una linea e un prodotto di livello e prezzo inferiori allo standard. E’ un richiamo che evoca un consumo di serie B, quale si sviluppò alla fine degli Anni Sessanta, ma tale da movimentare il mercato, dunque al momento una specie di discount dell’eversione.
Nel merito, è probabile che Pisanu si sia riferito a quelle sigle, in genere impronunciabili, che hanno «firmato» attentati per così dire minori, cioè incruenti, a partire dal 1999. Ammesso dunque che la stella a cinque punte delle Br sia il marchio originale e di prima qualità del terrorismo, i vari Npr, Nipr, Nac, Nta e via dicendo ne costituirebbero i surrogati, delle sigle di seconda scelta e valore sospettabilmente dozzinale, ai limiti del taroccamento. E’ così? E se è così, che cosa ne deriva dal punto di vista della sicurezza dei cittadini?
Ora, Pisanu non è solo un ministro di grande esperienza, ma anche un politico che ha vissuto la stagione vera e terribile del terrorismo, quando la mattina presto molta gente che si sentiva nel mirino (manager, parlamentari e giornalisti) usciva di casa solo dopo aver saputo, al Gr, che qualcun altro era stato già gambizzato, o ammazzato. Non sembra francamente di essere tornati a quel momento, anche se è ingiusto contare i morti, e D’Antona e Biagi sono stati uccisi per la stessa follia.
Da allora a oggi, semmai, si sono assai indeboliti i legami sociali ed è cresciuta a dismisura la potenza del sistema mediatico, con i suoi clamori drammatizzanti e le sue semplificazioni. Per cui, come i pacchi-bomba di una impossibile insurrezione che nessun Unabomber rivendica, le «sottomarche» brigatiste inquietano perché sembrano tante e spontanee. Ma al tempo stesso finiscono per apparire trascurabili perché scadenti. E la realtà, come capita sempre più spesso, vai a sapere dove s’è nascosta.
Tra pacchi-bomba di giornata e pallottole pregresse, operazioni di polizia ben riuscite e violenze solo immaginate, tra anarco-insurrezionalisti post-moderni e cellule brigatiste più simili a «I demoni» di Dostoevskij che a quelle degli anni di piombo, il ministro dell’Interno Pisanu ha ieri introdotto una articolazione terroristica non si sa se più ansiogena o rassicurante, o tutte e due le cose: l’esistenza di «sottomarche delle Br».
Non è certo questo il campo, né la giornata per esercitazioni letterarie, ma la definizione suona senz’altro suggestiva, pur nella sua inevitabile ambivalenza commerciale, giacché «sottomarca» indica una linea e un prodotto di livello e prezzo inferiori allo standard. E’ un richiamo che evoca un consumo di serie B, quale si sviluppò alla fine degli Anni Sessanta, ma tale da movimentare il mercato, dunque al momento una specie di discount dell’eversione.
Nel merito, è probabile che Pisanu si sia riferito a quelle sigle, in genere impronunciabili, che hanno «firmato» attentati per così dire minori, cioè incruenti, a partire dal 1999. Ammesso dunque che la stella a cinque punte delle Br sia il marchio originale e di prima qualità del terrorismo, i vari Npr, Nipr, Nac, Nta e via dicendo ne costituirebbero i surrogati, delle sigle di seconda scelta e valore sospettabilmente dozzinale, ai limiti del taroccamento. E’ così? E se è così, che cosa ne deriva dal punto di vista della sicurezza dei cittadini?
Ora, Pisanu non è solo un ministro di grande esperienza, ma anche un politico che ha vissuto la stagione vera e terribile del terrorismo, quando la mattina presto molta gente che si sentiva nel mirino (manager, parlamentari e giornalisti) usciva di casa solo dopo aver saputo, al Gr, che qualcun altro era stato già gambizzato, o ammazzato. Non sembra francamente di essere tornati a quel momento, anche se è ingiusto contare i morti, e D’Antona e Biagi sono stati uccisi per la stessa follia.
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