Da La Repubblica del 27/09/2003

Il presidente della commissione: le domande sono state suggerite dalla nostra intelligence

Il sospetto di Trantino: “Hanno usato la mia faccia”

di Carlo Bonini, Giuseppe D'Avanzo

ROMA – Presidente Enzo Trantino, cominciamo da ciò che di non vero lei ha sostenuto. A “Repubblica” lei disse che il nome di Igor Marini le venne fatto dall’avvocato Fabrizio Paoletti il 14 gennaio, durante la sua audizione in commissione. Le cose non stanno così. Lei fa quel nome. Perché?
«Io ho detto il vero. Perché è Paoletti che radica Igor Marini all’attenzione della Commissione».

Presidente, il nome lo fa lei. Non Paoletti. Paoletti non pronuncia mai la parola Igor Marini fino a quando non è lei a chiederglielo.
«Forse c’è stato un equivoco lessicale con Repubblica. Intendevo dire che è Paoletti a portare all’attenzione della Commissione il nome di Marini».

Prendiamo atto della rettifica.
«Ma quale rettifica! Questa è una variazione».

Variazione, rettifica. E’ lo stesso.
«No che non è lo stesso. Variazione significa che oggi vi sto dando l’interpretazione di quella mia affermazione. Ripeto: il 14 gennaio, la Commissione nulla sapeva di Paoletti e ancor meno di Marini».

E allora, Presidente, visto che lei nulla sapeva, perché fa quella domanda a Paoletti, «Conosce Marini Igor»?
«Perché l’ufficiò di Presidenza della Commissione dispone di una intelligence. E quella intelligence mi segnalò il nome di Marini alla vigilia dell’audizione di Paoletti».

Una intelligence? Vuole intendere i consulenti tecnici della Commissione?.
«La loro è una struttura che fa lavoro di intelligence ed è composta da quattro ufficiali di polizia giudiziaria e cinque magistrati».

Può farne i nomi?
«L’intelligence e le segnalazioni di intelligence non hanno nomi. Altrimenti non sarebbero intelligence. Da me, dunque, non li avrete. E comunque, i nomi dei consulenti sono pubblici. Sono persone che lavorano con noi e con noi siedono in Commissione. Tutti li conoscono».

Riprendiamo il filo. Lei dice che questa ”intelligence” le segnala il nome di Marini.
«Esatto. E se avete pazienza, posso spiegare. Il primo anonimo che ci segnala il nome di Paoletti contiene – ormai è noto – un prospetto finanziario che prevede un pagamento di 36 tranches da 512 mila dollari ciascuna. Quel documento è firmato per ricevuta da Paoletti, ha tanto di bolli e codici bancari. Cosa dovevo fare, buttarlo? Ovviamente, lo consegno alla struttura di intelligence perché lo studi».

E l’intelligence cosa conclude?
«Che va sentito Paoletti. E che vale la pena chiedergli conto di persone a lui contigue, che frequentavano il suo studio o con lui indiziate. Per questo il 14 gennaio faccio l’elenco di 18 nomi. Ma di quei nomi non sapevo nulla, proprio nulla».

Chi le suggerisce di fare quelle domande?
«L’intelligence, l’ho appena detto».

Il nome del suggeritore, Presidente.
«Non lo faccio».

E’ forse Guido Longo, ex capo centro della Dia, oggi suo consulente e ufficiale di collegamento tra la sua Commissione e il Viminale?
«Non lo dico».

Sa che Guido Longo è l’ufficiale di polizia giudiziaria che ha arrestato almeno quattro dei 18 personaggi che le vengono suggeriti: Antonio Volpe, Renato D’Andria e i massoni Salvatore e Nicola Spinello?
«Ma che diavolo volete che ne sapessi o ne sappia! Lui non me lo ha mai detto e comunque non mi interessa oggi e non mi interessava allora».

Sa chi era il magistrato cui faceva riferimento per le indagini Guido Longo all’epoca di quegli arresti?
«Assolutamente no».

Il pm Antonio D’Amato.
«E allora?».

Lo conosce?
«Sì, è uno dei magistrati consulenti della Commissione».

E’ stato questo magistrato napoletano suggerirle i 18 nomi da fare?
«Ribadisco un no secco. E comunque di magistrati napoletani ne abbiamo due».

L’altro è Salvatore Sbrizzi?
«Si».

Sa che Sbrizzi è vicinissimo a Luigi Bobbio, suo ex collega alla procura di Napoli e oggi parlamentare di An? E sa che questo magistrato è stato in passato ospite delle colazioni di lavoro di Gianfranco Fini?
«I componenti dell’intelligence sono stati scelti sulla base di ineccepibili curricula professionali. Con il consenso unanime della Commissione».

E’ vero che nell’intelligence compare il magistrato Maria Vittoria Caprara?
«Sì».

Sa che è la moglie di un avvocato vicino allo studio Taormina?
«Ignoravo la parentela della dottoressa Caprara e francamente non capisco quale significato si dovrebbe attribuire a questa circostanza».

Presidente, è vero che nell’intelligence c’è l’avvocato Filippo Dinacci, difensore del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi?
«L’avvocato Dinacci si è dimesso nei giorni scorsi. Abbiamo ricevuto una lettera in cui presentava le sue dimissioni per intervenuti impegni professionali. E comunque, Dinacci non si è presentato mai, ma dico mai, a una sola riunione di lavoro. E’ come se non fosse mai stato tra i consulenti».

Torniamo a quella vigilia di interrogatorio di Paoletti del 14 gennaio. L’intelligence le suggerisce quella rosa di 18 nomi. Ci sono massoni, truffatori, fabbricanti di dossier falsi...
«Non lo sa-pe-vo. Perché dovevo saperlo? Non erano soggetti convocati. Come devo dirlo?».

Questo suggerimento sui nomi le è stato messo per iscritto dall’intelligence? In un promemoria che le è stato trasmesso?
«Normalmente, queste annotazioni sono scritte. In occasione dei 18 nomi pronunciati il 14 gennaio, la cosa avvenne invece a voce».

A voce?
«Si. A voce mi vennero indicati quei nomi, perché – così mi venne detto – si trattava di persone contigue a Paoletti. Contigue a diverso titolo: frequentatori del suo studio, soci in affari o con lui indiziati in inchieste per riciclaggio».

Sa che una parte di quei 18 nomi escono da un’inchiesta della Procura di Napoli denominata operazione”Gun”?
«No. E non lo sapevo. Le ripeto: mi venne detto che si trattava di riciclatori».

Nell’operazione “Gun” non figurano riciclatori. Ma solo massoni deviati.
«Io odio i massoni».

Dunque lei non è un massone.
«Sono un monarchico che odia i massoni. E del resto, che io non abbia nulla a che spartire con questi nomi su cui si sta montando un caso lo dimostra il fatto che li lasciai cadere. Che questi signori non ebbero alcun seguito istruttorio nei lavori della Commissione».

Antonio Volpe, però, un seguito istruttorio lo ebbe.
«E chi è Antonio Volpe? Ma chi lo conosce!».

Presidente... Se vuole le ricordiamo i titoli di qualche cronaca estiva: «A san Macuto spunta un nuovo superteste. Ha consegnato un dossier che Trantino ha immediatamente secretato».
«Ho incontrato Antonio Volpe in una sola occasione. Il 31 luglio, alle 14 e 15, nel mio ufficio di san Macuto. Era accompagnato dall’onorevole Alfredo Vito. Se questo significa conoscenza....».

Ah, lo accompagnava Vito?
«Sissignore. Mi aveva chiesto di ricevere questo Volpe perché doveva consegnare documenti che potevano interessare la Commissione».

E perché allora lei fece il nome di Volpe già il 14gennaio?
«Che fate, ricominciate con questa storia? Era uno dei 18 e ho accolto l’indicazione verbale dei consulenti. Indicazione verbale che avviene quando non sono indicate circostanze specifiche».

Allora, mettiamola così: che spiegazione si dà dell’attivismo di Volpe intorno alla Commissione?
«Quale attivismo? Sfido a trovare una sola telefonata tra me e Volpe».

Non è questo il punto. Volpe è indicato da un suo ex sodale, Gianni Romanazzi, come l’autore dell’anonimo che vi indirizza su Paoletti e dunque su Marini. Volpe è l’uomo che il 7 gennaio scrive a Romanazzi chiedendo informazioni necessarie «agli amici della Commissione». Volpe è l’uomo che consegna il dossier del 31 luglio che “conferma Marini”. Ricorda? Quello con le annotazioni “ranoc” (Dini) e “mortad.” (Prodi). Antonio Volpe...
«Ho capito. Non chiedete a me di questo soggetto. Io rispondo dei miei comportamenti. E i miei sono e sono sempre stati comportamenti leali. Io ho un solo patrimonio da difendere: il mio onore. E su questo non transigo. Mi batterò fino in fondo».

Nessuno dubita della sua lealtà, correttezza e stile, Presidente. Il punto è questo: visto quel che lei sta dicendo, non crede a questo punto che qualcuno possa averle servito una minestra avvelenata?
«In questo momento non posso escluderlo, né confermarlo. E’ evidente che scopro oggi cose di cui non ero al corrente e questo richiederà da parte mia un approfondimento all’interno dell’ufficio per verificarne la trasparenza».

Insomma, è possibile che qualcuno l’abbia pilotata?
«E’ possibile che qualcuno abbia usato la mia faccia, senza meritarla. E io ho il dovere di approfondire questo punto. Ho il dovere di sapere. Anche perché la buona fede, se si viene ingannati, può essere addirittura un’aggravante. Per il resto, io sono piotato solo dai sentimenti. Quelli della mia famiglia e dei miei amici: la commissione di inchiesta non è mica la mia casa. E’ solo il posto dove esercito le .mie funzioni, affidate alla ragione e non ai sentimenti».

Sta valutando l’opportunità di dimettersi?
«Perché dovrei? Ho tutti i titoli per rimanere al mio posto».

Taormina lo ha fatto.
«Taormina è un solista che lavora su spartiti variabili e imprevedibili. Credo che la sua intenzione sia soltanto provocare un dibattito politico. Che io, per altro, avevo già messo in calendario per il 15 ottobre».

Intende chiedere scusa ai leader del centro-sinistra per le calunnie di Marini di cui la Commissione è stata cassa di risonanza?
«Ma come faccio a chiedere scusa?».

Perché Igor Marini è un calunniatore. E intorno a lui è stata creata una trappola.
«Valuterò il da farsi solo quando la circostanza che Marini ha mentito sarà allegata et probata».

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