Da La Stampa del 30/10/2003

Il partito dell'intolleranza

di Pierluigi Battista

Il fatto che oggi tre rappresentanti delle Chiese cristiane (cattolica, anglicana ed ortodossa) si incontrino con esponenti dell’ebraismo e dell’islamismo in una solenne circostanza di «dialogo inter-religioso» alla presenza di quindici ministri dell’Interno invitati dal loro omologo italiano Beppe Pisanu, è insieme motivo di conforto e di preoccupazione. Di conforto perché appare ormai chiaro che l’azione di contrasto nei confronti del terrorismo di matrice fondamentalista non può che avere il sostegno di chi si oppone alle guerre di religione che insanguinano il mondo e ai massacri fanaticamente compiuti usando in modo blasfemo il nome di Dio. Di preoccupazione perché, mentre decolla a fatica il dialogo tra fedi diverse, il fattore religioso rischia ormai di calamitare e alimentare un pulviscolo intossicato di manifestazioni di aggressività, violenza e intolleranza che, pur senza degenerare nella metastasi terroristica vera e propria, trovano pur sempre nella religione una valvola di sfogo, un lessico, un pretesto per una guerra di tutti contro tutti.

Attraverso l’attacco al crocifisso, i fondamentalisti fanatizzati alla Adel Smith spingono la loro battaglia fino all’umiliazione del «nemico», innescando crisi di rigetto e corto circuiti emotivi di tipo ritorsivo. Non è un bello spettacolo il disprezzo esibito e spettacolarizzato per il simbolo più caro al cristianesimo. Ma non è un bel vedere nemmeno l’immagine del «provocatore» Smith asserragliato in casa mentre, fuori del cancello, alcuni cittadini di Ofena minacciano di passare alle vie di fatto in una forma nemmeno larvata di giustizia «privata». Non è un bel sentire il brontolio intollerante di alcune frange del leghismo che esigono cordoni sanitari attorno alle moschee. Ed è sconcertante che l’odio antiebraico possa far capolino in quei settori dell’estremismo «anti-imperialista» che non sanno nemmeno misurare quanto di patologico si annidi nella loro pretesa di impedire con la prevaricazione e le intimazioni al silenzio il pacifico convegno di Capua della fondazione «Italia-Israele». L’insieme di questi episodi dimostra come in Italia, sia con l’ostentazione di un intransigentismo direttamente ispirato a motivi religiosi, sia con la mimetizzazione dell’odio religioso nelle pieghe della battaglia politica, la tentazione fondamentalista rischia di degradarsi in un intollerantismo diffuso, in una voglia insana di «menare le mani» che suona talvolta come tragica parodia delle guerre di religione vere e proprie. Nella speranza che i rappresentanti religiosi che dialogano tra loro sappiano parlare anche ai loro fedeli.

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