Da Corriere della Sera del 13/10/2003
Le schegge dell’Iraq colpiscono la squadra di Bush
Dure critiche a Condoleezza Rice: «Sotto di lei il Consiglio per la sicurezza nazionale non funziona»
di Ennio Caretto
WASHINGTON - L'attentato di Bagdad coglie in contropiede l'amministrazione Bush, impegnata in casa a convincere gli americani che la situazione in Iraq è sotto controllo, e all'Onu a ottenere l'appoggio del Consiglio di Sicurezza. E mette in grave difficoltà il braccio destro del presidente, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Condoleezza Rice, oggetto all'improvviso di aspre critiche, e il segretario di stato Colin Powell, che minaccia di ritirare la risoluzione al Palazzo di Vetro di New York se gli alleati continueranno a porre problemi. Il clima di confusione, evidenziato dal calo di popolarità di Bush in un sondaggio d'opinione della rivista Newsweek , è acuito dalla rivelazione della Gannett news che dall'Iraq giungono ai giornali circolari a sostegno del Pentagono con la firma dei soldati, in almeno un caso a loro insaputa.
E' il Washington Post , che in merito ha intervistato 25 persone circa, ad addossare alla Rice la responsabilità del pasticcio iracheno.
La settimana scorsa il presidente ha affidato al Consigliere il compito di «fare schioccare la frusta», cioè di ridimensionare il ministro della Difesa Donald Rumsfeld, il falco dell'amministrazione, e mediare tra lui e Powell, la colomba. Ma secondo il giornale, questo è il suo compito istituzionale: la Rice non è stata in grado di farlo in passato, rileva, e difficilmente lo sarà in futuro. Non solo: il Consigliere non ha saputo prevenire lo scandalo Nigergate, la falsa accusa a Saddam Hussein di aver cercato materiale nucleare in Niger. «La politica estera rischia di sfuggirle di mano», ha dichiarato un ex consigliere del presidente Clinton, Ivo Daalder. «Il Consiglio di Sicurezza sotto Rice non funziona», ha aggiunto un anonimo funzionario dell'amministrazione.
Il Washington Post ritiene che la Rice sia ostacolata da due fattori: il suo stretto rapporto personale con il presidente, che le impedisce di prendere posizioni a lui sgradite; e l'enorme influenza del vicepresidente Cheney, schierato con Rumsfeld contro Powell, al punto da bloccare delicate iniziative diplomatiche, a esempio per i negoziati con la Corea del Nord, oltre che sull'Iraq.
Ciò limita il margine di manovra del segretario di stato. Venerdì, in una intervista, Powell ha svelato di avere in corso un ultimo blitz all'Onu per persuadere la Russia ad appoggiare gli Usa a Bagdad: se ci riuscissi, ha osservato, anche Paesi indecisi come la Cina, il Pakistan e il Cile voterebbero la nostra risoluzione. «Andremo loro incontro - ha precisato - senza rinunciare ai nostri principi. Dopo sei settimane, se non bastasse potremmo ritirarci».
Stando all'amministrazione, il rischio dell'isolamento sarebbe limitato, grazie alla promessa della Turchia di mandare da 5 mila a 10 mila soldati in Iraq, e a quella dell'Italia e di altri alleati di estendere di sei mesi le loro missioni. Ma un fiasco all'Onu, il monito del suo segretario Kofi Annan che potrebbe disimpegnarsi da Bagdad e nuove perdite di vite umane danneggerebbero Bush: nel sondaggio di Newsweek , il 49 per cento degli americani è contrario alla sua politica irachena, solo il 44 per cento è favorevole.
E' anche in dubbio la credibilità della sua offensiva mediatica. La Gannett , la proprietaria di Usa Today , ha citato le circolari dei militari americani dal fronte: i suoi giornali hanno ricevuto 11 lettere quasi eguali dalla seconda brigata del 503esimo reggimento di fanteria. La Gannett ha rintracciato sette firmatari, e scoperto che nessuno l'aveva scritta, solo firmata; e che il settimo non l'aveva neppure vista.
E' il Washington Post , che in merito ha intervistato 25 persone circa, ad addossare alla Rice la responsabilità del pasticcio iracheno.
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Il Washington Post ritiene che la Rice sia ostacolata da due fattori: il suo stretto rapporto personale con il presidente, che le impedisce di prendere posizioni a lui sgradite; e l'enorme influenza del vicepresidente Cheney, schierato con Rumsfeld contro Powell, al punto da bloccare delicate iniziative diplomatiche, a esempio per i negoziati con la Corea del Nord, oltre che sull'Iraq.
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