Da Corriere della Sera del 25/09/2003

Si va verso un mini-condono. Nel mirino anche le sigarette

Per la manovra si studiano entrate alternative alla sanatoria

di Mario Sensini

ROMA - Il ministero dell’Economia corre ai ripari. Dopo lo stop imposto da Alleanza Nazionale al maxi condono edilizio, i tecnici del ministro Giulio Tremonti sono alla ricerca di alternative per fare cassa nel 2004, recuperando quelle risorse che servono allo sviluppo e che una sanatoria limitata agli abusi edilizi non potrebbe garantire. La speranza di un accordo che consenta di ottenere dal condono i soldi che servirebbero non è del tutto svanita, ma al Tesoro si preparano al peggio. Ed è così che nelle ultime ore ha ripreso quota il più classico dei classici di ogni Finanziaria, vale a dire l’aumento delle tasse sul tabacco. Per far quadrare i conti del 2004 l’Economia ha bisogno di almeno 3 miliardi di euro (meglio se 4), ma, a meno di non immaginare una sanatoria molto onerosa, su cui comunque si lavora, il condono leggero ne può portare solo 2. La differenza dunque va colmata, perché l’alternativa sarebbe quella di riunciare ad una parte dei 5 miliardi promessi allo sviluppo sui quali, peraltro, rischiano di pesare le spese obbligatorie rimaste senza copertura nel 2003.

«Bisogna verificare quale sarà l’ampiezza del condono edilizio: se si sceglierà un’ipotesi minima occorrerà ricorrere a dei correttivi di altro genere» ha spiegato ieri il sottosegretario all’Economia, Manlio Contento, di An. La Finanziaria, ha aggiunto, «potrebbe dunque portare ad un ritocco delle accise sul tabacco». Le simulazioni sul possibile gettito sono in corso, e riguardano anche un aumento dell’imposizione sugli alcolici e gli altri generi di monopolio, ma anche una nuova stretta sui videopoker.

I tecnici dell’Economia continueranno a lavorare nel fine settimana, ma la situazione si è indubbiamente complicata. Sul condono Alleanza Nazionale è rigidissima, e pare disposta a cercare le alternative di cassa sollecitate da Tremonti solo nell’ambito della riforma previdenziale che, invece, la Lega Nord sta tentando di alleggerire.

«Noi non accetteremo mai un condono generalizzato ai grandi abusi edilizi» ha ribadito ieri il viceministro delle Infrastrutture di An, Ugo Martinat. «Il maxi condono non ci piace. Possiamo ragionare su una regolarizzazione degli abusi commessi all’interno della volumetria degli immobili, sul cambio di destinazione d’uso. Ma mai - dice Pietro Armani, responsabile economico del partito - sul condono per le costruzioni integralmente abusive». Condizioni alle quali il ministro dell’Ambiente, Altero Matteoli, ha aggiunto altri tre paletti. Niente sanatoria nei parchi, nelle aree del demanio marittimo e modifica della normativa attuale, prevedendo al posto del silenzio assenso dell’amministrazione di fronte alla Dia (dichiarazione di inizio lavori) il principio, opposto, del silenzio rifiuto.

Il ministro delle Infrastrutture, Pietro Lunardi, colui che firmerà il condono, pare per il momento allineato alle esigenze di Tremonti. Una mediazione la propone lo stesso Armani: «Limitiamo gli abusi sanabili e aumentiamo l’oblazione». Il condono sarebbe dunque più caro (qualcuno ipotizza fino a 300 euro al metro quadro) e porterebbe più soldi (fino a 3 miliardi di euro). Ma se fosse molto oneroso, alla fine, potrebbe scoraggiare le adesioni.

Si ritorna alle alternative possibili. L’Udc ha ripreso in mano l’idea del concordato previdenziale (magari limitato ai co.co.co.), ma il piano è di difficile realizzazione ed avrebbe effetti contabili sul bilancio probabilmente negativi. Altre ne starebbe studiando lo stesso Tremonti, ma il tempo stringe e una nuova mediazione politica sembra ormai indispensabile. Tenendo conto che sui 5 miliardi per lo sviluppo del 2004 si allunga l’ombra delle spese obbligatorie rimaste senza copertura nel 2003 da finanziare con la nuova legge di bilancio. Ieri al Senato era balenata l’ipotesi che lo scoperto fosse di addirittura di 2 miliardi. Dal ministero però smentiscono: il problema c’è, si fa sapere, ma è di entità assai più limitata. Resta il fatto che il governo non è stato in grado di produrre al Senato, che l’aveva chiesto per ieri, il dettaglio analitico degli sforamenti.

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