Da Corriere della Sera del 25/09/2003

La stampa americana sospetta che Bill e Hillary stiano organizzando il tentativo di riconquistare la Casa Bianca

Clark? Un «cavallo di Troia» per i Clinton

«L’ex first lady potrebbe offrire al generale la vicepresidenza». «No, sarà lui a chiederle di affiancarlo»

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Alla tv Nbc , Tim Russert, il principe degli intervistatori americani, sottopone l'ex first lady Hillary a un interrogatorio di terzo grado. «Senatrice, si candiderà alla presidenza?». «No!». «Accetterà la candidatura, se le verrà offerta?». «No!». «Accetterà la vicepresidenza?». «No!». «Al cento per cento?». «Al centodieci per cento!». Una risata squillante. «Non capisco perché si parli ancora di me» conclude divertita la signora Clinton. «Abbiamo già dieci capaci candidati democratici». Russert incassa, mentre Mark Leibovich del Washington Post corre a controllare alla banca dati del giornale. «In due anni, è almeno la smentita numero 138» riferisce Leibovich.

«Se 138 smentite non convincono i media», nota più tardi il politologo repubblicano Kevin Phillips, «la ragione c'è». E spiega quale sia: «Il fascino dei Clinton su una larga fetta dell'elettorato, quello che rimpiange Bill, e quello che da dodici anni fa il tifo per Hillary, la prima donna presidente in pectore della nostra storia. Un fascino che cresce con il declino di George Bush».

Phillips, autore di un noto saggio, «Ricchezza e democrazia» rileva che è Bill ad alimentare le voci della candidatura della moglie: «Una volta dice che è la star dei democratici insieme con il generale Wesley Clark, il loro nuovo capofila, un'altra che tocca solo a lei decidere se presentarsi o no. È come se la spingesse alla ribalta».

Proprio «i maneggi di Bill», come li chiama Phillips, hanno indotto William Safire, il celebre columnist del New York Times , a propugnare una tesi machiavellica: che Clark sia il cavallo di troia dell'ex presidente.

Safire, un ex consigliere della Casa Bianca come Phillips, afferma che il ruolo di Clark è di ridimensionare il candidato pacifista Howard Dean, il capofila precedente, e il senatore John Kerry, il terzo uomo, un eroe della guerra del Vietnam.

Se Bush sarà vulnerabile e i democratici appariranno deboli e divisi, ha scritto il columnist , Hillary si farà avanti «e offrirà al leale Clark la vicepresidenza». In tal modo, la coppia «Billary» potrebbe mantenere il controllo del partito e riconquistare la Casa Bianca.

L'ex sindaco di New York Rudolph Giuliani, che rinunciò a battersi contro la ex first lady per il seggio al Senato, ritiene lo scenario verosimile. Leibovich invece è uno di quelli che lo definiscono di fantapolitica: a suo parere il movimento «run Hillary run!» (corri Hillary corri!) morirà alle primarie di febbraio. È vero che il generale Clark viene da Little Rock come i Clinton ed è loro amico, e che il suo staff è formato tutto da ex clintoniani, osserva. Ma questo significa soltanto che ha l'appoggio incondizionato della senatrice e dell'ex presidente, che lo considerano l'unico in grado di battere Bush. La sua tesi: sarà Clark a offrire la vicepresidenza a Hillary.

Interrogato in merito, il generale nega ogni complotto: «Non mi sarei candidato - dice - se non pensassi di vincere le elezioni». Molti repubblicani gli credono e manifestano preoccupazione, perché un sondaggio lo dà davanti a Bush con il 49 per cento contro il 46 per cento dei voti e perché i consensi sull’operato dell’attuale inquilino della Casa Bianca sono scesi al 50 per cento. Lo conferma la violenza con cui l'attaccano, e la minuzia con cui cercano d'addebitargli qualche scandalo. In due giorni, hanno sottolineato che nel 1994 brindò e scambiò l'elmetto con un criminale di guerra, il generale serbo Mladic; che qualche mese fa offrì invano i suoi servigi a Karl Rove, il guru di Bush; e che ultimamente si è pronunciato prima a favore poi contro la guerra all'Iraq. «Lo criticano anche come condottiero» termina Leibovich «per un episodio famoso del conflitto del Kosovo». Clark ordinò al generale inglese Jackson di intercettare con gli elicotteri i russi in arrivo a Pristina, e questi rifiutò dicendo: «Non farò scoppiare la terza guerra mondiale». Ma è una critica che odora di paura.

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