Da Corriere della Sera del 24/09/2003
Visto da Washington
«La Francia ha perso e gioca in retroguardia»
di Ennio Caretto
WASHINGTON - «Bush ha vinto e Chirac ha perso. Ma non perché Bush otterrà tutto l'aiuto da lui richiesto all'Onu: su questo punto sono scettico. Bush ha vinto perché non poteva essere altrimenti: qualsiasi cosa dica Chirac, è solo l'America, non l'Onu, che può pacificare, ricostruire e democratizzare l'Iraq. La nostra risoluzione passerà, anche perché è incontestabile l'argomentazione di Bush, che la guerra a Saddam Hussein fu una guerra giusta e cambierà il Medio Oriente». L'ex consigliere della Casa Bianca Kenneth Adelman, il negoziatore del disarmo di Ronald Reagan, neoconservatore, oggi membro del Defence Policy Board del Pentagono, accusa la Francia di boicottaggio.
Chirac non è stato accomodante?
«Lo è stato sull'Iraq, perché il leader francese sa di non poter porre il veto alla nostra risoluzione, sarebbe politicamente controproducente per lui. Ma sul resto, il suo discorso è stato duro, un'accusa all'unilateralismo americano, un tentativo di rafforzare il multilateralismo e di riformare l'Onu a nostro svantaggio. I francesi restano sciovinisti e narcisisti».
Nemmeno Bush, però, ha fatto molte concessioni.
«Perché avrebbe dovuto farle? È vero che in Iraq c'è bisogno di più risorse, di più tecnici, soldati e poliziotti. Ma sono problemi risolvibili con un maggiore contributo dei nostri alleati, tra i quali c'è anche l'Italia, e un nostro maggiore sforzo, non occorre proprio l'intervento collettivo dell'Onu. Anzi, è meglio che non ci sia».
Perché?
«Perché non si gestisce un Paese come l'Iraq con iniziative congiunte che Chirac o altri come lui potrebbero sempre ostacolare. Servono un centro di potere e un comando militare unificati, come è attualmente il nostro, che deleghino a poco a poco agli iracheni».
All'atto pratico, quali Paesi vi daranno nuove truppe? Il Pakistan, l'India, la Turchia?
«Confido nell'aiuto di qualche Paese della Nato a titolo individuale. L'Alleanza Atlantica si accorgerà presto che la situazione in Iraq è molto più positiva di quanto non si dica. Dopo 30 anni di dittatura, i progressi sono stati rapidi».
Chirac non è stato accomodante?
«Lo è stato sull'Iraq, perché il leader francese sa di non poter porre il veto alla nostra risoluzione, sarebbe politicamente controproducente per lui. Ma sul resto, il suo discorso è stato duro, un'accusa all'unilateralismo americano, un tentativo di rafforzare il multilateralismo e di riformare l'Onu a nostro svantaggio. I francesi restano sciovinisti e narcisisti».
Nemmeno Bush, però, ha fatto molte concessioni.
«Perché avrebbe dovuto farle? È vero che in Iraq c'è bisogno di più risorse, di più tecnici, soldati e poliziotti. Ma sono problemi risolvibili con un maggiore contributo dei nostri alleati, tra i quali c'è anche l'Italia, e un nostro maggiore sforzo, non occorre proprio l'intervento collettivo dell'Onu. Anzi, è meglio che non ci sia».
Perché?
«Perché non si gestisce un Paese come l'Iraq con iniziative congiunte che Chirac o altri come lui potrebbero sempre ostacolare. Servono un centro di potere e un comando militare unificati, come è attualmente il nostro, che deleghino a poco a poco agli iracheni».
All'atto pratico, quali Paesi vi daranno nuove truppe? Il Pakistan, l'India, la Turchia?
«Confido nell'aiuto di qualche Paese della Nato a titolo individuale. L'Alleanza Atlantica si accorgerà presto che la situazione in Iraq è molto più positiva di quanto non si dica. Dopo 30 anni di dittatura, i progressi sono stati rapidi».
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