Da Corriere della Sera del 24/09/2003

Il dopo guerra. Sfida per le Nazioni Unite

Duello all' Onu, ma il piano per l'Iraq resiste

Il presidente Usa chiede alle Nazioni Unite di agire. Chirac e Annan: sbagliato l'uso preventivo della forza Il capo della Casa Bianca rivendica un ruolo chiave agli Stati Uniti: «Il trasferimento dei poteri a Bagdad non verrà anticipato o ritardato secondo i desideri altrui». Il segretario generale chiede riforme: «Il Consiglio di sicurezza dev'essere ampliato»

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Applauso educato a George Bush, applauso caloroso a Jacques Chirac e Kofi Annan. Al Palazzo di Vetro di New York, l'Assemblea generale non nasconde le sue preferenze. Ma non si tratta di competere in popolarità, si tratta invece di decidere quale strategia seguire in Iraq, e come e quando riformare l'Onu. E sull'Iraq, Bush conferma solo la concessione anticipata l'altro ieri: «L'Onu - dice - dovrebbe assistere nello sviluppo di una costituzione e nella convocazione di libere e giuste elezioni». Chirac e Annan non dicono di no, pur ribadendo che porranno delle condizioni. Più tardi però il presidente francese confessa che le divergenze rimangono. Dopo un incontro di 45 minuti con Bush, riferisce di avergli ricordato che «gli iracheni non accettano l'occupazione americana, e occorre decidere quando trasferire loro i poteri, tra un mese sei mesi nove mesi, non saprei». La risposta di Bush: «Un trasferimento prematuro sarebbe pericoloso». Ci sono contrasti anche sullo statuto e il futuro dell'Onu: Chirac e Annan fanno fronte comune contro l'unilateralismo Usa e il ricorso all'uso preventivo della forza, chiedono l'allargamento del Consiglio di sicurezza - Chirac nomina la Germania e il Giappone, non l'Italia - e avvertono che il mondo è a un bivio, «come nel '45» afferma Annan. È una sorpresa, il monito che nemmeno un accordo d'ufficio sull'Iraq colmerà il solco formatosi tra gli Usa e le Nazioni Unite. Sul podio, Bush avverte palesemente la freddezza della Assemblea generale. Il presidente è in rapido calo nei sondaggi d'opinione americani, sa di essere in corsa contro il tempo a Bagdad. Ma ribadisce che «la consegna dei poteri avverrà in modo ordinato e democratico secondo i bisogni dell'Iraq, senza venire anticipata o ritardata dai desideri altrui». È uno schiaffo a Chirac, che glissa in pubblico - «il graduale passaggio deve svolgersi secondo una tabella di marcia realistica» - per reagire poi in privato. Bush tuttavia non l'ha vinta. Oltre al cancelliere tedesco Schröder, che a sua volta caldeggia la delega a Bagdad «entro pochi mesi», si schiera inaspettatamente con Chirac anche Ahmed Chalabi, il protetto del Pentagono, presidente di turno del Consiglio governativo iracheno. Parlando al New York Times, Chalabi chiede «il controllo parziale della sicurezza e le finanze», negando di esser caduto «nella trappola francese». Il controllo quando? «Adesso». Il resto dell'intervento di Bush è conciliante nel tono ma ferreo nella sostanza. Il presidente non fa il pentito, non porge alcuna scusa, auspica aiuti, ammette che la guerra a Bagdad ha provocato «disaccordi» ma insiste che è servita «a difendere la pace e la credibilità dell'Onu», che Saddam produceva armi di sterminio, che l'Iraq diverrà un modello per la Palestina e il Medio Oriente. Ammonisce che «non si può rimanere neutrali nella lotta al terrorismo e bisogna lavorare insieme, andare avanti». Poi propone di collaborare contro l'Aids e il traffico delle schiave del sesso. Infine invoca nuove iniziative per la non proliferazione nucleare, denunciando il «grave rischio che Stati fuorilegge con armi di sterminio si alleino a gruppi terroristici», ma senza accennare all'Iran e alla Corea del Nord. Tocca a Chirac farlo, con la secca richiesta che il primo segua le regole dell'Aiea, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, e il secondo abbandoni i suoi programmi. Nei loro interventi, Chirac e Annan sottolineano che soltanto l'Onu può legittimare la consegna dei poteri agli iracheni e l'invio di una forza internazionale a Bagdad. Il presidente francese protesta che la guerra ha violato lo statuto dell'Onu, perché non autorizzata da essa, che la funzione degli Usa deve limitarsi a poco a poco al comando delle operazioni militari. Annan esorta il Consiglio di sicurezza a prendere il tempo necessario «per elaborare una politica collettiva coerente». Quasi all'unisono, i leader disconoscono l'operato di Bush: «Nessuno ha il diritto all'uso preventivo della forza - tuona Chirac - il multilateralismo rimane l'unica strada possibile»; «la logica delle coalizioni ad hoc è una sfida fondamentale ai nostri principi basilari del contenimento e la deterrenza» sostiene Annan. Entrambi propongono che il Consiglio di sicurezza venga ampliato. Chirac aggiunge alla Germania e al Giappone «i Paesi guida dell'Asia, l'Africa e l'America Latina». A sera, smentisce di detestare Bush: «Voglio che abbia successo in Iraq».

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