Da Corriere della Sera del 19/09/2003

Convoglio di parà Usa cade in un’imboscata

di Lorenzo Cremonesi

BAGDAD - Vorrebbero svolgere sempre più le mansioni tradizionali di un esercito i 135.000 militari americani in Iraq, ma sono costretti dalla guerriglia e dalla situazione di caos a compiti di polizia cui fanno fronte con grande difficoltà. Soldati o poliziotti? Il dilemma si è riproposto ieri con l'ennesimo incidente nella regione del cosiddetto «triangolo sunnita» a Nord-Ovest di Bagdad.

Un convoglio di jeep e camion dell’82esima divisione aviotrasportata è stato attaccato da un gruppo ben organizzato di uomini armati presso la cittadina di Khaldiyah, non lontano da quella di Falluja, che è una delle zone «calde» del Paese.

«Almeno due mezzi sono stati immobilizzati dalle mine costruite in modo artigianale. Poi, quando sono scattati i soccorsi, c'è stato un secondo attacco a colpi di bazooka e mitra» raccontano i testimoni. La televisione araba Al-Arabyia in un primo tempo ha riportato un bilancio pesante: almeno 8 americani morti. In seguito le radio locali hanno ridimensionato la cifra: 3 morti. In serata i comandi americani si limitavano a segnalare 2 o 3 feriti «non in pericolo di vita». Mentre in un altro scontro a Tikrit tre militari Usa hanno perso la vita.

La notizia dell'operazione si è diffusa rapidamente in questa zona dove le forze della guerriglia ancora legate a Saddam sono ancora attive. Sembra che in questo frangente sia morto un quattordicenne, colpito negli scontri tra dimostranti e marines. E la gente è scesa in strada a manifestare, molti hanno visto l'attentato come una risposta agli 8 poliziotti iracheni uccisi (oltre a un militare giordano) per errore dalle truppe americane il 12 settembre alla periferia di Falluja. I soldati americani hanno evitato di intervenire nel centro della cittadina. Un fenomeno recente: si preferisce lasciare che siano gli agenti della nuova polizia irachena a controllare le zone urbane. «Stiamo via via cercando di evitare i compiti di polizia e vorremmo concentrarci invece sui ruoli più tradizionali per un esercito, per esempio quello di garantire la sovranità e i confini del Paese» ha dichiarato di recente in un'intervista al Wall Street Journal , il neocomandante del Comando centrale Usa generale John Abizaid. I militari americani compiono invece blitz mirati, spesso nella notte, per cercare di catturare i guerriglieri o i gerarchi del regime. Ma la polizia locale non sembra ancora pronta a controllare la situazione. Proprio a Khaldiyah lunedì scorso è stato assassinato il capo della polizia, colonnello Khudheir Mikhlif Alì, colpito da una raffica di mitra mentre stava viaggiando verso casa a Falluja.

Al confine tra ruolo di poliziotti e operazioni da soldati è anche il compito di pattugliare le infrastrutture civili in Iraq. Anche in questo caso le truppe americane sono in difficoltà. Ieri per la quarta volta in un paio di mesi è stato colpito un oleodotto vitale per l'economia dell'Iraq: quello che collega i pozzi petroliferi nella zona di Kirkuk (circa 200 km a Nord di Bagdad) e la raffineria turca nel porto di Beiji. «Un danno grave. Non sappiamo ancora se si tratti di sabotaggio o un incidente. Ma costa al Paese sette milioni di dollari al giorno di greggio non venduto» ha dichiarato ieri il comandante delle truppe Usa in Iraq, generale Ricardo Sanchez.

Tutto lascia credere che si tratti di un attentato. In serata alcuni bulldozer cercavano di spegnere le fiamme. Ma non è ancora chiaro quanto tempo ci vorrà per ripristinare l'oleodotto (fonti ufficiose parlano di un mese).

Da un paio di mesi il governatore americano a Bagdad, Paul Bremer, ha instaurato contatti permanenti con le tribù irachene per assoldare uomini disposti a pattugliare oleodotti e linee elettriche assieme a circa 3.000 neoagenti iracheni della difesa civile, da aggiunge agli oltre 50.000 poliziotti. Ma il problema resta aperto.

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