Da Corriere della Sera del 14/09/2003
Negoziati all' Onu fra i 5 Grandi, Usa e Francia ancora lontani
Nonostante la cauta soddisfazione espressa da Annan resta il disaccordo sul futuro calendario politico iracheno
di Ennio Caretto
WASHINGTON - Come un padre ansioso tra i figli in lite, Kofi Annan esprime cauta soddisfazione: «Un accordo - dice - è essenziale e raggiungibile. Condividiamo l'obiettivo di trasferire al più presto possibile i poteri agli iracheni. Ma occorre coerenza nell'approccio».
I cinque Grandi dell'Onu si sono appena incontrati a Ginevra, e il suo segretario annuncia «la determinazione di proseguire i negoziati al Consiglio di sicurezza la settimana prossima a New York» con il contributo dei dieci membri a rotazione. In risposta ai media ancora scettici, precisa che i Grandi «hanno identificato aree di convergenza per facilitare soluzioni», smentendo che l'intento della riunione ginevrina fosse «un trasferimento immediato di responsabilità» dalle potenze occupanti ai leader di Bagdad. Al suo fianco, il segretario di Stato americano Colin Powell, e i ministri degli Esteri russo Igor Ivanov, francese Dominique De Villepin, britannico Jack Straw, cinese Li Zhaoxing assentono col capo.
E' un altro passo avanti su una strada lunga e ardua, un modesto successo della sua mediazione. Quando arriva il loro turno, i signori della diplomazia internazionale fanno del loro meglio per dissipare il timore che l'incontro sia stato un fallimento. Villepin rifiuta di minacciare il veto alla risoluzione americana prospettato nei giorni scorsi: «Siamo venuti a cercare un accordo, e non a creare dei problemi - afferma -. Lo spirito è costruttivo, l'impegno è comune, si tratta di decidere come essere più efficaci. Si può progredire». Powell è franco come di consueto: «Abbiamo discusso anche delle divergenze con la Germania - riferisce -, ma ci sono molti punti di convergenza, prendiamo sul serio le idee altrui».
Il segretario di Stato dichiara di partire per il Kuwait e l'Iraq «incoraggiato, ma conscio delle difficoltà che restano: la restituzione dei poteri agli iracheni va eseguita in modo responsabile». I giornalisti chiedono come sia stato il colloquio con Villepin: «Eccellente - è il laconico commento -, si può lavorare». Straw è il più ottimista: «Atmosfera molto cordiale», sottolinea. Ivanov e Zhaoxing perorano «un ruolo importante per le Nazioni Unite». Il tono della conferenza stampa alla fine del vertice è quello del «mettiamo una pietra sul passato», tutti sorrisi e abbracci. Ma di fatto, Powell ha silurato il progetto di Villepin: da un lato, consegna dei poteri a Bagdad in un mese, una Costituzione entro quest'anno, ed elezioni a primavera; e dall'altro, il controllo dell'Onu delle forze di pace. «Il progetto è totalmente irrealistico - ha detto il segretario di Stato -. Se fosse realizzabile ne saremmo felici. Ma gli Stati Uniti non consegneranno le loro forze a nessuno, rimarranno al comando finché non entreranno in funzione un esercito e una polizia iracheni». Il «no» Usa alla Francia non ha tuttavia provocato una rottura, nessuno vuole uno scontro frontale come quello di inizio anno. E' un grosso pericolo scampato, un sollievo soprattutto per il presidente George Bush. Il presidente lo aveva previsto nel discorso radiofonico del sabato: «La nostra risoluzione ha lo scopo di incoraggiare una maggiore partecipazione alla nostra missione».
I cinque Grandi dell'Onu si sono appena incontrati a Ginevra, e il suo segretario annuncia «la determinazione di proseguire i negoziati al Consiglio di sicurezza la settimana prossima a New York» con il contributo dei dieci membri a rotazione. In risposta ai media ancora scettici, precisa che i Grandi «hanno identificato aree di convergenza per facilitare soluzioni», smentendo che l'intento della riunione ginevrina fosse «un trasferimento immediato di responsabilità» dalle potenze occupanti ai leader di Bagdad. Al suo fianco, il segretario di Stato americano Colin Powell, e i ministri degli Esteri russo Igor Ivanov, francese Dominique De Villepin, britannico Jack Straw, cinese Li Zhaoxing assentono col capo.
E' un altro passo avanti su una strada lunga e ardua, un modesto successo della sua mediazione. Quando arriva il loro turno, i signori della diplomazia internazionale fanno del loro meglio per dissipare il timore che l'incontro sia stato un fallimento. Villepin rifiuta di minacciare il veto alla risoluzione americana prospettato nei giorni scorsi: «Siamo venuti a cercare un accordo, e non a creare dei problemi - afferma -. Lo spirito è costruttivo, l'impegno è comune, si tratta di decidere come essere più efficaci. Si può progredire». Powell è franco come di consueto: «Abbiamo discusso anche delle divergenze con la Germania - riferisce -, ma ci sono molti punti di convergenza, prendiamo sul serio le idee altrui».
Il segretario di Stato dichiara di partire per il Kuwait e l'Iraq «incoraggiato, ma conscio delle difficoltà che restano: la restituzione dei poteri agli iracheni va eseguita in modo responsabile». I giornalisti chiedono come sia stato il colloquio con Villepin: «Eccellente - è il laconico commento -, si può lavorare». Straw è il più ottimista: «Atmosfera molto cordiale», sottolinea. Ivanov e Zhaoxing perorano «un ruolo importante per le Nazioni Unite». Il tono della conferenza stampa alla fine del vertice è quello del «mettiamo una pietra sul passato», tutti sorrisi e abbracci. Ma di fatto, Powell ha silurato il progetto di Villepin: da un lato, consegna dei poteri a Bagdad in un mese, una Costituzione entro quest'anno, ed elezioni a primavera; e dall'altro, il controllo dell'Onu delle forze di pace. «Il progetto è totalmente irrealistico - ha detto il segretario di Stato -. Se fosse realizzabile ne saremmo felici. Ma gli Stati Uniti non consegneranno le loro forze a nessuno, rimarranno al comando finché non entreranno in funzione un esercito e una polizia iracheni». Il «no» Usa alla Francia non ha tuttavia provocato una rottura, nessuno vuole uno scontro frontale come quello di inizio anno. E' un grosso pericolo scampato, un sollievo soprattutto per il presidente George Bush. Il presidente lo aveva previsto nel discorso radiofonico del sabato: «La nostra risoluzione ha lo scopo di incoraggiare una maggiore partecipazione alla nostra missione».
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