Da Corriere della Sera del 13/09/2003

Otto poliziotti iracheni uccisi dal «fuoco amico»

A Falluja gli americani sparano contro gli agenti che inseguendo un' auto di ladri non si sono fermati a un posto di blocco notturno

L' appello di Bush: «La ricostruzione e la lotta ai terroristi devono essere la causa del mondo civile» Sul terreno centinaia di bossoli di grosso calibro. Ucciso anche un giordano di guardia all' ospedale vicino Due soldati statunitensi hanno perso la vita e sette sono rimasti feriti in una sparatoria nella cittadina di Ramadi

di Lorenzo Cremonesi

FALLUJA - Quando si arriva sul luogo dell' incidente ci si rende conto che raccontare cos' è accaduto veramente sarà un' impresa difficile. E' incerto anche il numero delle vittime. Almeno 8 iracheni morti e un militare giordano. Oltre a diversi feriti, compresi un militare americano e due bambini. Non è escluso che con il passare delle ore il bilancio possa aumentare. Un incidente da «fuoco amico», il secondo in pochi giorni (mercoledì nella stessa zona era stato ucciso un altro poliziotto). A sparare sono stati i soldati americani. Ma le versioni dell' accaduto divergono. Ieri verso le due e mezza di notte una pattuglia della polizia irachena (sembra tre veicoli, tra cui un pick-up senza riconoscimento con una mitragliatrice piazzata sul cassone) nella zona di Falluja (55 km a ovest di Bagdad) avrebbe individuato un' auto bianca priva di targa con a bordo 3 o 4 malviventi. Scatta l' inseguimento. Una corsa nella notte, poi all' improvviso ecco il posto di blocco americano nelle vicinanze dell' ospedale militare giordano. Nessuno si ferma all' alt dei militari Usa: secondo alcuni testimoni la sparatoria dura «almeno un paio d' ore». Altri parlano di 45 minuti. Alla fine gran parte dei poliziotti iracheni vengono uccisi. «Non è chiaro che cosa sia accaduto ai banditi. Forse morti, forse fuggiti», dice Hayad Abed, tenente della polizia irachena incontrato nel pomeriggio alla palazzina della municipalità. Sul luogo dello scontro, tracce di copertoni, macchie di sangue, guanti di plastica per il pronto soccorso. Centinaia di bossoli di grosso calibro sparati da mitragliatrici. Una palazzina dell' ospedale giordano crivellata da colpi d' arma pesante. «Sono stati gli americani. Hanno sparato contro l' ospedale», dicono le guardie giordane, aizzate dai passanti. Ma altri testimoni spiegano che la palazzina era stata colpita durante la guerra e mai riparata. I portavoce Usa si limitano a dichiarare: «Siamo stati attaccati, anche con armi pesanti, e abbiamo risposto al fuoco». «La strage di questa notte denuncia la totale mancanza di coordinamento tra noi e gli americani. Disponiamo di 1.050 agenti nella città e più volte abbiamo chiesto alle truppe della coalizione di restare lontano», ha sostenuto ancora il tenente Abed. Di certo è l' ennesima occasione di crisi tra le truppe della Coalizione e la popolazione locale di questa che è considerata la roccaforte dei fedeli di Saddam Hussein. A Falluja impera una sorta di guerriglia strisciante dal 29 aprile, quando le truppe Usa acquartierate in una scuola vennero attaccate dalla folla parzialmente armata e risposero uccidendo almeno 16 persone. Proprio ieri mattina altri due soldati Usa hanno perso la vita e 7 sono rimasti feriti in un' imboscata nella vicina cittadina di Ramadi. Nel pomeriggio i parenti delle vittime a Falluja presidiavano l' ospedale minacciando vendetta. Questi incidenti motivano ancora di più la richiesta americana per una maggiore presenza internazionale nel Paese. Ieri visitando le truppe a Fort Stewart, in Georgia, il presidente Bush ha ribadito che «nessun Paese libero può restare neutrale di fronte allo sforzo di ricostruzione dell' Iraq». E ha aggiunto: «I terroristi hanno attaccato in Iraq i rappresentanti del mondo civile: deve essere la causa comune del mondo civile opporsi ai terroristi e sconfiggerli». Nella capitale l' allarme resta alto. A poco più di tre settimane dall' attentato al quartier generale Onu, crescono le segnalazioni di nuove autobomba pronte a scoppiare. E il problema della violenza quotidiana, fatta di scontri tra banditi, rapine e vendette contro elementi del vecchio partito Baath si può verificare ogni mattina all' obitorio dell' Istituto di medicina legale. «Le vittime di violenza sono in aumento. Nei sei mesi prima della guerra avevamo contato 96 morti per arma da fuoco. In luglio sono stati 498 e in agosto 518», ci ha dichiarato il direttore dell' Istituto, Faik Amin Baker. Ma va anche aggiunto che la vita quotidiana è molto migliorata nelle ultime tre settimane. L' energia elettrica è stata ripristinata nella gran maggioranza delle case di Bagdad, i negozi restano aperti sino alle 6 del pomeriggio, solo a fine luglio chiudevano prima delle 3. Il traffico viene regolato da pattuglie armate della polizia. E l' intero sistema idrico funziona regolarmente.

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