Da La Stampa del 24/07/2003

Dubbi sull'assalto

di Lietta Tornabuoni

MA perché hanno ucciso i figli (e forse un nipote) di Saddam Hussein? Che bisogno c'era? Per quale motivo ammazzarli? Una volta identificato (grazie a una soffiata da 30 milioni di dollari) il posto dove stavano, li avrebbero comunque presi. Erano in quattro dentro una casa a Mossul, nel Nord dell'Iraq. Bastava circondare l'edificio, metterlo sotto assedio e aspettare. E invece i parà della 101ª divisione aerotrasportata, le truppe speciali dell'esercito e dell'aviazione, i duecento uomini delle «Aquile Urlanti», i diversi tipi di armi, l'attacco con razzi da parte degli elicotteri: uno spiegamento guerresco che serviva assolutamente a nulla.

Erano pericolosi in quel momento? Sicuramente no. S'erano barricati nell'interno? Era sufficiente attrezzarsi. Facevano resistenza? Bastava collocarsi fuori tiro. Ma perché uccidere? I figli di Saddam Hussein saranno certo stati violenti, efferati assassini, seminatori di terrore in città, figure-chiave dell'ex regime: ma se si dovessero ammazzare tutti i criminali politici, le feroci canaglie, staremmo freschi, sarebbe un eccidio al giorno. In casi simili si catturano i colpevoli, si arrestano, si processano, si uccidono se nel Paese è legale la pena di morte oppure si condannano all'ergastolo o alla pena che il tribunale ha sentenziato: il modo di agire civile e democratico è questo. Perché ammazzare? E perché proprio gli americani dovevano assumersi il compito di ammazzare? Perché hanno vinto una guerra preventiva illegale, mossa per motivi inconfessati, combattuta sulla base di menzogne? Ma l'Iraq non è in guerra. La guerra è finita.

Le uccisioni dei figli di Saddam Hussein non sono originate dalla «giustizia popolare» né dall'odio popolare, come fu per Mussolini e i suoi: in ogni caso quell'esecuzione del dittatore, nel tempo tanto criticata e caricata di tanti rimorsi, venne eseguita dai partigiani italiani, non dagli americani o dagli inglesi che presidiavano l'Italia alla fine della seconda guerra mondiale. Non è incomprensibile immaginare che i figli di Saddam Hussein siano stati uccisi per motivi politico-militari: per poter vantare un’azione riuscita e guadagnarsi il plauso del presidente Bush deviando l'attenzione dalle bugie all'origine del conflitto iracheno; per intimorire quei singoli tiratori che ogni giorno uccidono soldati Usa; per una prepotenza poco ragionata simile a quella con cui, nei film, vengono descritte le irruzioni di militari o di agenti della Cia. E per quella mancanza di rispetto per la vita altrui che ha segnato tutta la guerra.

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