Da Corriere della Sera del 24/07/2003

Bush esulta ma chiede truppe agli alleati

Il presidente: «Ora il regime è finito». Wolfowitz: «Abbiamo bisogno di gente preparata come i carabinieri»

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Giardino delle Rose della Casa Bianca. Fiancheggiato dal ministro della Difesa Donald Rumsfeld e dal governatore di Bagdad Paul Bremer, il presidente Bush celebra con voce e volto sobri l'uccisione dei figli di Saddam Hussein. «E’ finita la carriera di due dei capi boia del regime. Adesso più che mai il popolo iracheno sa che il raìs non ritornerà». Ma pur assicurando che le forze americane «elimineranno i resti del regime e i terroristi suoi alleati», il presidente non nasconde le difficoltà che la guerriglia e la ricostruzione del Paese comportano. Approfitta del successo dell'operazione «cattura o uccidi» a Mossul per chiedere per la prima volta l'aiuto internazionale: «Invito le nazioni del mondo a contribuire finanziariamente e militarmente». E' un inatteso gesto di umiltà, ma non un cambiamento di politica, perché George Bush si aggancia alla risoluzione 1483 dell'Onu, che sancisce la «esclusiva» anglo-americana sull'Iraq.

Da due settimane il presidente è sotto assedio per gli attacchi continui alle truppe in Iraq e il Nigergate, lo scandalo dei falsi documenti sull'uranio di Saddam. Cerca di spezzarlo presentando l'uccisione dei figli del raìs come una svolta verso la libertà e la democrazia non solo in Iraq ma nell'intero Medio Oriente. Il discorso, rivolto ai popoli americano e iracheno, è un impegno a finire il lavoro ed è una giustificazione della guerra. Bush non demorde. Senza nominarli, insiste sui presunti legami di Saddam Hussein con Al Qaeda e sulle sue armi di sterminio: «Il regime promosse il terrore all'estero e si armò segretamente. Pochi killer in azione in poche aree dell'Iraq ostacolano l'avanzata dell'ordine e la libertà, ma li sconfiggeremo».

Il presidente conclude: «Un Iraq in pace non ci minaccerà più con armi illegali, non addestrerà né finanzierà più i terroristi, non li armerà più».

Poi l'appello alla comunità internazionale. Bush è nei guai, non ha più soldati da mandare a Bagdad, e quelli che sono là invocano il cambio, vorrebbero tornare a casa dopo mesi duri. Paul Wolfowitz, il potente sottosegretario alla Difesa, ammette che «il dopoguerra era stato sottovalutato» e le forze armate Usa sono dispiegate su troppi fronti, dall'Afghanistan ai Balcani. Per questo il presidente afferma di avere l'appoggio del segretario dell'Onu Kofi Annan, «che ha dato il benvenuto al Consiglio governativo iracheno, una pietra miliare nel cammino dell'Iraq». Lo considera una benedizione alla sua richiesta di truppe e fondi agli alleati: «Assieme possiamo lavorare alla ricostruzione del Paese» sostiene. Riferisce che 19 nazioni hanno già fornito 19 mila soldati e «oltre due dozzine hanno pronti dei finanziamenti», ma fa capire che non basta, occorre molto di più.

E' Wolfowitz a precisare che cosa vuole l'America sul piano militare: corpi come quello dei carabinieri italiani. «Gli inglesi li hanno nel loro settore e sono entusiasti delle loro capacità - dice -. I carabinieri sono esattamente quello di cui abbiamo bisogno, non carri armati e mezzi pesanti, ma gente che sappia fare il lavoro della polizia». Il sottosegretario del Pentagono rifiuta di quantificare gli aiuti necessari, 30 mila uomini secondo la stampa Usa. Ma è una conferma indiretta che l'amministrazione Bush, per ora ostile all'intervento di caschi blu dell'Onu, potrebbe sollecitare l'Italia e altri alleati a spostare parte delle loro truppe dall'Afghanistan. Anche perché, ha ammesso Wolfowitz, «abbiamo stupidamente sottostimato la resistenza irachena. Ed è stato un errore».

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