Da Corriere della Sera del 09/07/2003
Tappa in Senegal: la lotta dei neri ha reso l’America una democrazia
«Condanno la schiavitù»
Il presidente Usa: cibi Ogm per sconfiggere la fame
di Ennio Caretto
DAKAR - La foto di George Bush che attraversa «la porta senza ritorno» di Gorée, la fortezza da cui due milioni di neri furono inviati in schiavitù in Occidente, è una chiara metafora. Il presidente americano sembra volere dire che gli Stati Uniti sono venuti in Africa da partner, dopo la fine del colonialismo, per rimanervi e per avviarla sul cammino della libertà e della giustizia. Lo proclama pubblicamente alla prima tappa del viaggio, in un discorso in cui s'impegna a combattere i mali endemici delle guerre, del terrorismo della carestia e dell'Aids. Lo riafferma al termine dell'incontro con gli otto Paesi della Ecowas, la Comunità economica dell’Africa occidentale, promettendo che gli Usa parteciperanno alla pacificazione della Liberia, ma senza precisare come. E’ anche un’implicita sfida all'Europa, l'avviso che intende sottrarre l'Africa alla sua zona d'influenza.
Bush si rivolge idealmente ai 700 milioni di abitanti dell’Africa subsahariana dall'isola del Senegal già visitata in passato dal suo predecessore Bill Clinton e da Papa Wojtyla. Per motivi di sicurezza, la folla è confinata in un angolo della piazza dove si ammassavano gli schiavi: lunedì prima del suo arrivo, 50 giovani lo hanno fatto oggetto di una dimostrazione di protesta, dandogli del «macellaio» per la guerra dell'Iraq. Altrove, in Sud Africa innanzitutto, dove Bush si trasferisce in serata, lo aspettano altre accuse: è venuto in questa terra che pare dimenticata da Dio, dicono alcuni media, per cercare basi militari, sfruttare il petrolio, promuovere i cibi transgenici e la farmacologia degli Stati Uniti, attirarsi le simpatie (elettorali) dei neri in patria in vista delle elezioni del 2004. Ma nel sole dell'Atlantico il presidente, con l'ospite senegalese Abdoulaye Wade al fianco, ignora le polemiche. Il suo è un doloroso esame di coscienza e un messaggio di speranza.
A differenza di Clinton nel '98, Bush non chiede scusa per lo schiavismo, che il suo Consigliere per la Sicurezza Condoleezza Rice definisce «il peccato originale dell’America». Ma lo denuncia con toni quasi commossi, come «uno dei massimi crimini della storia, un crimine che nel mio Paese ridusse in servitù una persona su sette, rese i cristiani ciechi ai comandamenti, e aggiunse l'ipocrisia all'ingiustizia». Poi esalta la lotta degli afro-americani per i diritti civili, da Frederick Douglass nell'Ottocento a Martin Luther King 40 anni fa, e dei loro alleati bianchi, i presidenti Adams e Lincoln in testa. Una lotta che ha fatto dell'America una vera democrazia. Una cooperazione che può ripetersi in Africa, afferma. «Da noi il bigottismo razziale non è finito con la schiavitù e la segregazione - ammette - ma abbiamo con voi una destinazione certa: libertà e giustizia per tutti».
La redenzione del continente nero è la nuova missione della Superpotenza. Nel suo discorso, Bush la descrive quasi in termini teologici, invocando sei volte Dio, insistendo sulla dignità dell'uomo, e ricordando eroi africani come Nelson Mandela, il vincitore dell'apartheid. Ma nei tête-à-tête con Wade e il presidente di turno della Ecowas, John Kufuor del Ghana, Bush è concreto.
Riferisce il portavoce Ari Fleischer che il presidente «sollecita i leader africani a lavorare con lui nell'Organizzazione mondiale del commercio per ridurre i sussidi agricoli ed evidenzia la necessità che l'Europa ne sia partecipe»; che li invita «a sfruttare le opportunità dei cibi transgenici per sconfiggere la fame»; che li esorta a premere sull'Ue «affinché contribuisca al fondo globale contro l'Aids». E' un attacco indiretto agli europei, in contrasto con lui su questi punti, in particolare alla Francia, l'ex potenza coloniale del Senegal.
Ma una cosa è il disegno strategico del presidente e un'altra sono i mezzi che il Congresso gli assegnerà, nota l'economista Jeffrey Sachs, direttore dell'Istituto della Terra alla Columbia University. E' probabile che Bush ottenga basi militari, una forse in Uganda, dove si recherà venerdì; che stipuli e paghi nuove alleanze contro il terrorismo, come ha fatto in Paesi come il Senegal e il Kenya; e che in Nigeria firmi un accordo per maggiori forniture di petrolio in alternativa a quelle dal Golfo Persico, a meno che la tappa, l'ultima del viaggio sabato prossimo, non venga cancellata a causa dei disordini interni. Ma è difficile, sostiene Sachs, che Bush strappi al Congresso i 15 miliardi di dollari prospettati contro l'Aids e i 5 miliardi annui per l'assistenza.
Il presidente potrebbe scontrarsi col Congresso già sulla Liberia da dove, insiste, il leader Charles Taylor deve andarsene. Qualora decidesse di mandarvi da 500 a 2000 soldati, molti parlamentari si opporrebbero.
Bush si rivolge idealmente ai 700 milioni di abitanti dell’Africa subsahariana dall'isola del Senegal già visitata in passato dal suo predecessore Bill Clinton e da Papa Wojtyla. Per motivi di sicurezza, la folla è confinata in un angolo della piazza dove si ammassavano gli schiavi: lunedì prima del suo arrivo, 50 giovani lo hanno fatto oggetto di una dimostrazione di protesta, dandogli del «macellaio» per la guerra dell'Iraq. Altrove, in Sud Africa innanzitutto, dove Bush si trasferisce in serata, lo aspettano altre accuse: è venuto in questa terra che pare dimenticata da Dio, dicono alcuni media, per cercare basi militari, sfruttare il petrolio, promuovere i cibi transgenici e la farmacologia degli Stati Uniti, attirarsi le simpatie (elettorali) dei neri in patria in vista delle elezioni del 2004. Ma nel sole dell'Atlantico il presidente, con l'ospite senegalese Abdoulaye Wade al fianco, ignora le polemiche. Il suo è un doloroso esame di coscienza e un messaggio di speranza.
A differenza di Clinton nel '98, Bush non chiede scusa per lo schiavismo, che il suo Consigliere per la Sicurezza Condoleezza Rice definisce «il peccato originale dell’America». Ma lo denuncia con toni quasi commossi, come «uno dei massimi crimini della storia, un crimine che nel mio Paese ridusse in servitù una persona su sette, rese i cristiani ciechi ai comandamenti, e aggiunse l'ipocrisia all'ingiustizia». Poi esalta la lotta degli afro-americani per i diritti civili, da Frederick Douglass nell'Ottocento a Martin Luther King 40 anni fa, e dei loro alleati bianchi, i presidenti Adams e Lincoln in testa. Una lotta che ha fatto dell'America una vera democrazia. Una cooperazione che può ripetersi in Africa, afferma. «Da noi il bigottismo razziale non è finito con la schiavitù e la segregazione - ammette - ma abbiamo con voi una destinazione certa: libertà e giustizia per tutti».
La redenzione del continente nero è la nuova missione della Superpotenza. Nel suo discorso, Bush la descrive quasi in termini teologici, invocando sei volte Dio, insistendo sulla dignità dell'uomo, e ricordando eroi africani come Nelson Mandela, il vincitore dell'apartheid. Ma nei tête-à-tête con Wade e il presidente di turno della Ecowas, John Kufuor del Ghana, Bush è concreto.
Riferisce il portavoce Ari Fleischer che il presidente «sollecita i leader africani a lavorare con lui nell'Organizzazione mondiale del commercio per ridurre i sussidi agricoli ed evidenzia la necessità che l'Europa ne sia partecipe»; che li invita «a sfruttare le opportunità dei cibi transgenici per sconfiggere la fame»; che li esorta a premere sull'Ue «affinché contribuisca al fondo globale contro l'Aids». E' un attacco indiretto agli europei, in contrasto con lui su questi punti, in particolare alla Francia, l'ex potenza coloniale del Senegal.
Ma una cosa è il disegno strategico del presidente e un'altra sono i mezzi che il Congresso gli assegnerà, nota l'economista Jeffrey Sachs, direttore dell'Istituto della Terra alla Columbia University. E' probabile che Bush ottenga basi militari, una forse in Uganda, dove si recherà venerdì; che stipuli e paghi nuove alleanze contro il terrorismo, come ha fatto in Paesi come il Senegal e il Kenya; e che in Nigeria firmi un accordo per maggiori forniture di petrolio in alternativa a quelle dal Golfo Persico, a meno che la tappa, l'ultima del viaggio sabato prossimo, non venga cancellata a causa dei disordini interni. Ma è difficile, sostiene Sachs, che Bush strappi al Congresso i 15 miliardi di dollari prospettati contro l'Aids e i 5 miliardi annui per l'assistenza.
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