Da La Repubblica del 09/07/2003
Il rompete le righe della maggioranza
di Curzio Maltese
LA maggioranza godrà di "ottima salute", come ha giurato Berlusconi a Cernobbio, ma intanto ieri è andata sotto quattro volte in Parlamento per il voto contrario della Lega. L'alleanza di centrodestra sarà "più salda che mai", come ripete Berlusconi, eppure in un giorno qualsiasi di mezza estate An rinnega la proposta leghista di separare le carriere dei magistrati, la Lega rinnega Tremonti, l'Udc condanna le sparate padane contro il popolo tedesco e tutti litigano con tutti. Il governo Berlusconi sarà pure "destinato a durare altri dieci anni" ma qualcuno comincia a dubitare che superi la soglia del semestre europeo, privo com'è ormai di uno straccio di politica.
Non esiste un solo argomento serio sul quale i quattro partiti del centrodestra abbiano una visione comune.
Non l'immigrazione o la sanità né la scuola, la giustizia o la devoluzione, neppure la vendita dei beni dell'esercito e le proroghe degli sfratti. Figurarsi la riforma delle pensioni, tema sul quale volano da mesi i veti incrociati, nella speranza comune che sia l'odiata Europa dell'odiatissimo asse franco-tedesco a cavare le castagne dal fuoco. Nella rissa generale ogni tanto arriva Berlusconi truccato da statista, distribuisce sorrisi e frottole, promette tutto a tutti, annuncia l'imminente apertura dei cantieri, la prossima riforma, la ripresa che è sempre "alle porte", anzi è "già partita". I telegiornali mandano in onda gli applausi registrati e il padrone giura che l'incidente è chiuso, la verifica è andata bene, tutto procede per il meglio. Ma il numero è sempre più frequente e sempre meno convincente. Appena l'illusionista di Arcore esce di scena la rissa ricomincia e nel clima da Armata Brancaleone si fanno largo le trovate più mattocchie e bizzarre, come quella geniale del sottosegretario al turismo Stefani che in piena stagione si mette a offendere i turisti tedeschi (la metà del totale, dieci miliardi di euro spesi in Italia, l'equivalente di una finanziaria).
E' uno spettacolo che supera le peggiori fantasie dell'anti berlusconismo militante, un po' come il folgorante esordio del Cavaliere al Parlamento europeo. All'inizio dell'avventura si pensava che Berlusconi avrebbe dedicato la prima fase di governo a fare i propri interessi, ovvero a sistemare i suoi affari con la giustizia e le televisioni, magari con qualche opposizione nella maggioranza, quindi si sarebbe dedicato (a modo suo) agli interessi del Paese.
Avrebbe insomma applicato, bene o male, la famosa "cura thatcheriana". Ora la fase uno è finita. Con l'immunità e la riforma televisiva, il premier si è fatto cucire un mantello d'invulnerabilità personale e uno scudo stellare intorno a Mediaset. Ma la fase due non parte e forse non partirà mai. La logica di lobby al potere ha contagiato gli alleati. Sistemati gli affari, ora Berlusconi è chiamato a fare non gli interessi del Paese ma quelli della Lega, di An, dell'Ucd, gli uni in conflitto con gli altri.
A questo si è sommato l'imprevisto effetto boomerang del semestre di presidenza. Il premier immaginava che il prestigioso incarico sulla scena internazionale avrebbe agito da collante in Italia e per questa ragione ha rimandato di mese in mese il chiarimento con i vari Fini, Bossi, Follini. Al contrario, il brusco impatto con Strasburgo e la reazione negativa dell'opinione pubblica europea al caso Schulz ha segnato il "rompete le righe" nella maggioranza.
E' come se al contatto esterno si fosse svelata per intero l'anomalia italiana, la natura effimera di un esperimento troppo legato alle fortune di un uomo. Da quel giorno gli alleati di governo hanno forse cominciato a intravedere la fine dell'avventura e ad attrezzarsi per l'eventuale dopo Berlusconi. Come del resto stanno facendo anche altri previdenti personaggi, quali il governatore Fazio o il presidente di Confindustria D'Amato. Ne derivano in politica alcuni grotteschi revival, per esempio il ritorno al proporzionale.
Tutto questo naturalmente non significa che ci sarà un altro ribaltone come nel '94. Semmai, più avanti, il solito 8 settembre all'italiana, con cambio rapido di casacche e fulminea riscrittura della storia. Da qui ad allora vale l'eterno gattopardismo delle "Grandi Riforme" sempre annunciate e mai fatte, l'ottimismo di facciata, "l'ottima salute" di una maggioranza che al massimo tira a campare.
Non esiste un solo argomento serio sul quale i quattro partiti del centrodestra abbiano una visione comune.
Non l'immigrazione o la sanità né la scuola, la giustizia o la devoluzione, neppure la vendita dei beni dell'esercito e le proroghe degli sfratti. Figurarsi la riforma delle pensioni, tema sul quale volano da mesi i veti incrociati, nella speranza comune che sia l'odiata Europa dell'odiatissimo asse franco-tedesco a cavare le castagne dal fuoco. Nella rissa generale ogni tanto arriva Berlusconi truccato da statista, distribuisce sorrisi e frottole, promette tutto a tutti, annuncia l'imminente apertura dei cantieri, la prossima riforma, la ripresa che è sempre "alle porte", anzi è "già partita". I telegiornali mandano in onda gli applausi registrati e il padrone giura che l'incidente è chiuso, la verifica è andata bene, tutto procede per il meglio. Ma il numero è sempre più frequente e sempre meno convincente. Appena l'illusionista di Arcore esce di scena la rissa ricomincia e nel clima da Armata Brancaleone si fanno largo le trovate più mattocchie e bizzarre, come quella geniale del sottosegretario al turismo Stefani che in piena stagione si mette a offendere i turisti tedeschi (la metà del totale, dieci miliardi di euro spesi in Italia, l'equivalente di una finanziaria).
E' uno spettacolo che supera le peggiori fantasie dell'anti berlusconismo militante, un po' come il folgorante esordio del Cavaliere al Parlamento europeo. All'inizio dell'avventura si pensava che Berlusconi avrebbe dedicato la prima fase di governo a fare i propri interessi, ovvero a sistemare i suoi affari con la giustizia e le televisioni, magari con qualche opposizione nella maggioranza, quindi si sarebbe dedicato (a modo suo) agli interessi del Paese.
Avrebbe insomma applicato, bene o male, la famosa "cura thatcheriana". Ora la fase uno è finita. Con l'immunità e la riforma televisiva, il premier si è fatto cucire un mantello d'invulnerabilità personale e uno scudo stellare intorno a Mediaset. Ma la fase due non parte e forse non partirà mai. La logica di lobby al potere ha contagiato gli alleati. Sistemati gli affari, ora Berlusconi è chiamato a fare non gli interessi del Paese ma quelli della Lega, di An, dell'Ucd, gli uni in conflitto con gli altri.
A questo si è sommato l'imprevisto effetto boomerang del semestre di presidenza. Il premier immaginava che il prestigioso incarico sulla scena internazionale avrebbe agito da collante in Italia e per questa ragione ha rimandato di mese in mese il chiarimento con i vari Fini, Bossi, Follini. Al contrario, il brusco impatto con Strasburgo e la reazione negativa dell'opinione pubblica europea al caso Schulz ha segnato il "rompete le righe" nella maggioranza.
E' come se al contatto esterno si fosse svelata per intero l'anomalia italiana, la natura effimera di un esperimento troppo legato alle fortune di un uomo. Da quel giorno gli alleati di governo hanno forse cominciato a intravedere la fine dell'avventura e ad attrezzarsi per l'eventuale dopo Berlusconi. Come del resto stanno facendo anche altri previdenti personaggi, quali il governatore Fazio o il presidente di Confindustria D'Amato. Ne derivano in politica alcuni grotteschi revival, per esempio il ritorno al proporzionale.
Tutto questo naturalmente non significa che ci sarà un altro ribaltone come nel '94. Semmai, più avanti, il solito 8 settembre all'italiana, con cambio rapido di casacche e fulminea riscrittura della storia. Da qui ad allora vale l'eterno gattopardismo delle "Grandi Riforme" sempre annunciate e mai fatte, l'ottimismo di facciata, "l'ottima salute" di una maggioranza che al massimo tira a campare.
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