Da La Stampa del 17/06/2003
Originale su http://www.lastampa.it/redazione/news_high_tech/archivio/0306/ngwifi.asp
Il popolo della Rete critica il decreto Gasparri
Polemiche sul «wi-fi» in Italia
Piace Internet senza fili, non piacciono invece le regole imposte dal ministro per adeguare il Paese alla Ue: licenze solo a chi garantisce la sicurezza e la privacy
di Anna Masera
La regolamentazione sul «wi-fi» (wireless fidelity) approvata settimana scorsa in Italia dal ministro delle Telecomunicazioni Maurizio Gasparri sta infuocando il dibattito in Rete tra gli esperti tecnologici e i paladini della libera concorrenza, che scrivono nei blog e nei forum messaggi di fuoco: «Gasparri consegna nelle mani degli operatori telefonici il business wi-fi nel nostro Paese», «impedisce qualsiasi concorrenza agli operatori della telefonia mediante l’utilizzo di una tecnologia poco costosa e di facile utilizzo per chiunque», «è la negazione del libero utilizzo sul territorio italiano delle frequenze attorno ai 2,4 Ghz», autorizzare solo «i locali aperti al pubblico e aree confinate a frequentazione pubblica» (così in effetti decreta Gasparri) significa che «nessuna comunità spontanea potrà mai essere autorizzata nel nostro Paese».
Si punta il dito alla politica tecnologica italiana ancora una volta al servizio delle esigenze dei grandi operatori telefonici. I quali ribattono di aver pagato fior di licenze per la connettività mobile a Internet veloce (a banda larga) con l’Umts, i telefonini 3G, e adesso temono l’ingiustizia di una concorrenza che arriva da una nuova tecnologia avvantaggiata dal fatto di essere poco costosa (soprattutto perchè senza licenze multimiliardarie) e di facile utilizzo per chiunque, a partire dai piccoli operatori telefonici .
Il wi-fi è quella tecnologia via radio (sulle frequenze di 2,4 Ghz) che, basata sugli standard 802.11, permette di collegarsi velocemente a Internet senza fili: basta installare sul portatile l’apposita scheda wireless, cercare un’antenna che irradi il segnale (hotspot), e iniziare a navigare a banda larga. Sono già disponibili telefonini che, sfruttando lo standard avanzato 802.11b e una banda sufficientemente ampia, possono effettuare chiamate via Internet (attraverso il cosiddetto protocollo Voice Over Ip): addio interurbane, immaginate la felicità delle varie Telecom di turno. Potenzialmente ogni singolo utente dotato di una connessione Adsl avrebbe potuto dotarsi di un hotspot casalingo (a circa 300 euro) e collegarsi online col wi-fi.
L’accusa degli internauti è che il decreto Gasparri, blindando lo spettro delle frequenze italiane e stabilendo che devono essere pagate licenze statali per il loro utilizzo (costo che finisce poi sulle spalle degli utenti finali), ha privilegiato gli operatori «business» che forniscono il servizio e ha ignorato la possibilità di far diventare il wi-fi un accesso comunitario e di pubblico dominio.
Ma le critiche andrebbero rivolte semmai alla direttiva Ue, a cui Gasparri ovviamente si è ispirato, che impone al wi-fi garanzie tecnologiche tali, in nome della sicurezza e della privacy, da tagliare fuori i piccoli operatori e i «dilettanti». Forse bastava l’obbligo alla trasparenza: è evidente che c’è anche chi non sente la necessità di un accesso protetto.
Si punta il dito alla politica tecnologica italiana ancora una volta al servizio delle esigenze dei grandi operatori telefonici. I quali ribattono di aver pagato fior di licenze per la connettività mobile a Internet veloce (a banda larga) con l’Umts, i telefonini 3G, e adesso temono l’ingiustizia di una concorrenza che arriva da una nuova tecnologia avvantaggiata dal fatto di essere poco costosa (soprattutto perchè senza licenze multimiliardarie) e di facile utilizzo per chiunque, a partire dai piccoli operatori telefonici .
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