Da La Repubblica del 05/06/2003

"E' stata colpita al viso e alle spalle": fonti diplomatiche riferiscono i dettagli dell'aggressione

"Aung ferita, è in ospedale"

Birmania, il regime tace sulla leader dell’opposizione

di Raimondo Bultrini

BANGKOK - Da Yangoon giungono le prime conferme del ferimento di Aung San Suu Kyi. Diverse fonti diplomatiche hanno riferito che la leader dell'opposizione birmana è stata colpita al viso e a una spalla dai vetri della sua vettura presa d'assalto da gruppi di provocatori filogovernativi la sera di venerdì 30 maggio, mentre cercava di raggiungere la città settentrionale di Ye U durante il suo primo lungo viaggio politico dalla liberazione avvenuta un anno fa.
A dispetto delle smentite dei portavoce della giunta militare, viene anche indicato un ospedale militare dove la dirigente della Lega Nazionale per la Democrazia si troverebbe ricoverata, il Mingaladon Military Hospital alle porte di Yangoon. Le fonti che per prime avevano diffuso la notizia del suo ferimento riferiscono che Aung San Suu Kyi avrebbe rifiutato ogni cura finché non fosse stata messa al corrente della sorte dei compagni di partito aggrediti con lei la settimana scorsa. In particolare si temeva per la vita di Tin Oo, anziano e malato vicesegretario dell'Nld scomparso dalla sera degli incidenti, ma ieri la sua famiglia ha ricevuto una sua lettera autografa da un luogo di detenzione imprecisato, dove il dirigente 76enne spiega di essere stato autorizzato a riprendere le sue abituali terapie.
La Croce rossa internazionale, il segretario Onu Kofi Annan, George Bush, il rappresentante Ue Javier Solana e decine di altri leader internazionali avevano rivolto appelli alla giunta militare di Yangoon per conoscere le sorti di Aung San Suu Kyi e chiedere la sua immediata liberazione. Ma il ministro degli Esteri Kinh Maung Win aveva assicurato che tutte le voci sul suo ferimento erano false. Molto più credito è stato dato alla versione anticipata dall'Nld sul ferimento e sugli incidenti avvenuti alle porte della città di Ye U, dove le vittime sarebbero ben superiori ai 4 studenti morti e ai 50 feriti ammessi dalle fonti governative. Si parla di almeno 80 morti, anche se le circostanze sono ancora confuse e contraddittorie. L'opposizione aveva sostenuto che gruppi di finti monaci, assieme ad ex detenuti scatenati con bastoni e sassi contro il corteo di Aung San Suu Kyi in cambio della libertà, erano i maggiori responsabili delle violenze evidentemente permesse dal governo.
Le autorità militari hanno imposto la chiusura delle università e delle scuole secondarie più facinorose, per timore che possa ripetersi il bis del 1988, quando gli studenti guidarono la rivolta contro il regime che portò alla vittoria elettorale dell'Nld nel '90 e alla successiva messa fuori legge del partito, "riabilitato" lo scorso anno con la liberazione di Aung San Suu Kyi e ora nuovamente messo al bando.

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